Cina. Kawamura: “Quale massacro del 37”?

PECHINO (corrispondente) – Lo aveva già detto lunedì e lo continua a ribadire tuttora: secondo Takashi Kawamura, sindaco della città giapponese di Nagoya gemellata con Nanchino, i massacri del 1937 avvenuti durante la guerra sino-nipponica non sarebbero niente più che un falso storico.

L’affermazione rilasciata dal primo cittadino durante un incontro con Liu Zhiwei, membro del Comitato Permanente del Partito comunista di Nanjing, ha colpito nel segno andando a dissotterrare i ricordi dell’evento che per decenni è stato causa di asti e rancori tra i due cugini asiatici.

“Probabilmente il massacro non è mai avvenuto” si è trattato “solo di atti convenzionali di combattimento” ha affermato Kawamura, negando le violenze perpetrate dall’esercito nipponico ai danni della polpolazione civile. 300mila morti (per alcuni 400mila): un genocidio di terribile efferatezza sul quale, con grande difficoltà, nel 1978 il Dragone era riuscito a chiudere un occhio dando via al gemellaggio tra le due città. Poi quella dichiarazione di troppo, inevitabile la reazione del governo cinese che per bocca del portavoce del ministero degli Esteri, Hong Lei, ha presentato formale protesta.

“Abbiamo già reso chiara la nostra posizione sulla negazione da parte del sindaco di Nagoya del massacro di Nanchino. E’ stata già mandata una rappresentanza solenne alla parte giapponese” ha reso noto questa mattina Hong, sottolineando come Pechino stia continuando a vagliare attentamente la questione. Intanto la municipalità di Nanjing ha già detto la sua pubblicando sul proprio account ufficiale di Sina Weibo un post di fuoco: “I fatti storici del massacro di Nanchino sono stati dimostrati solidamente; l’affermazione di Kawamura e’ estremamente irresponsabile. Ci auguriamo che il sindaco possa ammettere la storicita’ degli eventi e trarre lezione dal passato”. Congelamento delle relazioni e fine del gemellaggio, almeno per ora.

Ma il Dragone ai rapporti di buon vicinato-specie dopo il rinnovato dinamismo Usa nel Pacifico- ci tiene, e anche parecchio. Nel 2012 ricorrono i festeggiamenti per il 40esimo anniversario della normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi e Hong Lei non ha mancato di ricordarlo, sottolineando la necessità di migliorare i rapporti bilaterali alla luce dei principi esposti nei quattro documenti politici sino-giapponesi e di agire nell’interesse di entrambi i popoli, imparando da quanto ci viene insegnato dalla “maestra per eccellenza”: la storia.

Intanto ad evitare l’incidente diplomatico ci ha pensato il segretario di Gabinetto, Osama Fujimura, il quale mercoledì ha cercato di abbassare i toni: “il governo giapponese ritiene che lo Stato non debba interferire e che la questione vada risolta tra le due città”-senza tuttavia rinnegare le posizione sostenuta da Kawamura- “è impossibile che si siano verificate uccisioni di civili disarmati , saccheggi e atti simili”. Decisamente meno permissivo, il governatore della prefettura di Aichi, Hideaki Omura, il quale ha invitato il primo cittadino di Nagoya a ritirare immediatamente quanto detto prima che esploda un caso diplomatico.

Ma se tra le “maestranze” della diplomazia continua, tutto sommato, a prevalere il buon senso, lo sdegno del popolo cinese non si pone freni inibitori, mentre commenti al vetriolo impazzano sulla blogosfera. E la carta stampata non è da meno. Il People’s Daily, megafono del Partito comunista cinese, ha concesso ampio spazio alla notizia pubblicando ben tre pezzi solo nella giornata di oggi. “Non soltanto un’affermazione sconsiderata” quella di Kawamura, “ma anche segno di grande ignoranza” ha commentato un lettore in chiusura ad uno degli articoli, appellandosi ancora una volta a lei: la storia.

E poi e’ stata la volta del Global Times, baluardo del nazionalismo cinese, che contro l’insolente Kawamura ha chiesto l’imposizione di severe sanzioni. “Dovra’ pagare per la sua arroganza”, scrive il quotidiano ufficiale del Pcc; e non solo lui ma tutta la citta’ di Nagoya che sembrerebbe aver avvallato con una certa accondiscendenza le posizioni del suo primo cittadino. Il Global si scatena: inserire il suo nome nella lista delle persone sgradite, impedendone l’ingresso in Cina; eliminare Nagoya dalle mete del turismo cinese, ridurre drasticamente gli interscambi economici con la citta’, sono alcuni dei castighi snocciolati dalla stampa di Partito. Troppo? Allora quanto meno “esigere pubbliche scuse se non le dimissioni.” continua ad abbaiare il Global Times.

Con tutta la comprensione possible per alcuni elementi della destra nipponica, ma Kawamura, data la sua carica ufficiale, ha veramente oltrepassato il limite. Un simile scivolone costerebbe caro a qualsiasi uomo politico in qualsivoglia parte del mondo. Cosa direbbero i giapponesi se un funzionario cinese accogliesse una delegazione di Nagasaki o Hiroshima applaudendo le bombe atomiche del ‘45?

Nel frattempo giovedi’ pomeriggio, un equipe di storici provenienti da ogni angolo del Regno di Mezzo è approdata a Nanchino per riconfermare cio’ che hanno tramandato sino ad oggi i libri: il massacro  del ‘37 è un dato di fatto e Kawamura dovrà ritirare le sue insinuazioni.

A gettare ulteriore benzina sul fuoco, sono stati i natali del sindaco di Nagoya: figlio di Ryuichi Kawamura, uno dei soldati della divisione 101 dell’Esercito imperiale, direttamente coinvolti nell’invasione della Cina e di stanza a Nanjing; in altre parole discendente diretto di uno degli “stupratori”. Dopo la resa del Sol Levante, “per gentile concessione cinese”, Kawamura senior continuò a vivere a Nanchino fino al 1946 per poi fare ritorno in Giappone, come si legge su Sina.com. Una storia che l’erede del reduce nipponico si è rigirato a proprio piacimento trasformandola nella prova scagionante. “Il trattamento amichevole ricevuto” dal padre a Nanjing testimonia che le crudeltà delle quali è stato accusato l’esercito giapponese non sono mai avvenute”.

Ma documenti e foto d’epoca sembrerebbero sbugiardare Kawamura, o almeno questo è ciò che pensano gli addetti ai lavori tra i quali Hung Sheng, professore della Nanjing Normal Unversity e Cui Wei, researcher presso l’Accademia di Scienze sociali del Jiangsu; due voci autorevoli che, seppur giocando in casa, hanno sempre il loro peso.

Secondo le ricostruzioni storiche- hanno spiegato i due, – soltanto la cavalleria della divisione 101 avrebbe raggiunto Nanchino al tempo del massacro, mentre la fanteria -alla quale probabilmente apperteneva papa’ Kawamura- sarebbe invece rimasta nel Zhejiang e a Shanghai. Insomma, la teoria del sindaco di Nagoya, oltre a cozzare contro ogni logica comune, fa anche acqua da tutte le parti.

Gli attriti tra i due nemici storici si sono riaccesi a due mesi dall’uscita nelle sale del nuovo colossal di Zhang Yimou, “The Flowers of War”, il film che, con grandi nomi del cinema internazionale e un budget stellare, ha pericolosamente riproiettato sul grande schermo proprio la brutale occupazione di Nanchino. Ma non solo. La prossima primavera, i “diavoli giapponesi”- termine doppiato per il pubblico straniero con un piu’ political correct “nemici”- saranno protagonisti anche di Wengu1942, pellicola firmata Feng Xiaogang: altro big del cinema d’oltre Muraglia, altro tragico stralcio della guerra sino-giapponese.

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