Tunisia: ancora proteste di piazza. Parola d’ordine “voltare pagina”

TUNISI – In Tunisia la piazza non ci sta. Il malcontento serpeggia ancora tra la popolazione che continua a manifestare nelle strade del Paese nordafricano scandendo slogan a favore del cambiamento.

I manifestanti pretendono quel cambiamento che per loro non c’è stato. Una contestazione che è sfociata anche oggi in proteste di piazza. La gente ha paura che una volta terminata la mobilitazione delle masse il passato possa riprendersi il suo posto. A nulla è servito nemmeno il discorso televisivo pronunciato ieri dal presidente tunisino ad interim, Fouad Mebazaa che ha promesso una completa chiusura con il passato, un sistema giudiziario indipendente e l’abolizione della censura sulla stampa. Mentre il governo di unità nazionale, costituitosi lo scorso lunedì, ha reso noto di aver liberato tutti i prigionieri politici dalle carceri, oltre 1800. Tra questi anche i rappresentanti del movimento islamista Ennahda. Scarcerato anche Fahem Boukadous, il giornalista dissidente condannato a quattro anni di prigione per aver lavorato senza autorizzazione e aver diffuso informazioni con intenti criminali. Però, per i manifestanti anche il nuovo governo di unità nazionale è una continuazione del passato. I manifestanti contestano la partecipazione nell’esecutivo di ministri appartenenti al Raggruppamento Costituzionale Democratico, Rcd, il partito del deposto presidente Zine el-Abidine Ben Alì, che per 23 anni è restato al potere in Tunisia.

 

Di questi ministri alcuni occupano posti chiave nel Paese come Interni, Difesa, Esteri e Finanze. Anche oggi in tutto il Paese si sono registrate manifestazioni contro il governo guidato dal premier Mohammed Ghannouchi. A manifestare oltre alla gente comune anche categorie professionale come  quelle dei giudici e degli avvocati. Manifestazioni anche nel centro di Tunisi dove la polizia ha tentato di disperdere, sparando in aria, una manifestazione in corso di fronte alla sede del Rcd. A Monastir invece, sulla costa a sud di Tunisi, la sede del partito di Ben Alì è stata incendiata durante una manifestazione promossa da avvocati. Tutto questo è accaduto nel giorno del primo consiglio dei ministri del nuovo esecutivo tunisino. Il consiglio, tenutosi alla presenza del presidente ad interim Mebazaa, è iniziato con un ora di ritardo. Un rinvio che rivela quanto sia ancora difficile, dopo il varo, il suo insediamento. Una difficoltà resa ancora più forte dalle dimissioni ieri di quattro ministri, esponenti del sindacato e dell’opposizione. All’ordine del giorno vi erano la discussione di un progetto di legge sull’amnistia generale e la separazione fra gli organi dello Stato e il partito unico, l’Rcd. Un consiglio, come già detto, azzoppato dal forfait dell’ultimo momento di un altro ministro. Oltre ai tre sindacalisti e un leader dell’opposizione, si è dimesso anche uno dei ministri già in carica sotto la leadership di Ben Alì. Le loro dimissioni sono giunte in segno di adesione alle proteste della piazza che contesta il nuovo esecutivo tunisino per la sua mancata ‘svolta’. Come anche, per aderire alle richieste dei manifestanti, tutti gli otto membri del nuovo esecutivo che erano già membri dell’Rcd, compreso lo stesso Ghannouchi, hanno rassegnato le loro dimissioni dal partito.  Di conseguenza hanno lasciato anche ogni loro responsabilità in seno al partito.

 

Questo gesto ha comportato anche lo scioglimento del comitato centrale dell’Rcd di cui i ministri erano componenti. Nel frattempo, stamani è stato rivelato che  33 membri della famiglia del deposto presidente tunisino Ben Alì sono stati arrestati mentre cercavano di lasciare il Paese. Ieri invece, è stata aperta un’indagine contro l’ex presidente e la sua famiglia per aver presumibilmente sottratto risorse e denaro del Paese. Tra le accuse vi è l’appropriazione indebita di immobili e trasferimenti di valuta. Le accuse riguarderebbero Ben Alì, sua moglie Leila Trabelsi, i fratelli e i figli della First Lady. Oggi è stato anche il giorno in cui l’ ONU, in seguito ai recenti sviluppi politici, ha deciso di inviare nel Paese nordafricano una commissione per valutare il rispetto dei diritti umani. Mentre i  Paesi dell’Unione Europea, Ue, hanno raggiunto un accordo per il congelamento dei beni del deposto presidente tunisino Ben Alì e dei suoi familiari. Si tratta per ora di un accordo preliminare raggiunto al termine di una riunione tecnica dei 27 esperti di Maghreb dei Paesi membri. l’Ue attende ora che il nuovo governo di transizione tunisino fornisca alle autorità di Bruxelles la lista delle persone contro le quali procedere. Il congelamento dei beni dovrebbe venire annunciata ufficialmente nel corso del prossimo vertice dei Ministri degli Esteri dell’Ue, in programma il 31 gennaio.

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