Nucleare, storica telefonata tra Obama e Rouhani. Possibile l’accordo

NEW YORK – Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il presidente iraniano Hassan Rouhani hanno avuto un colloquio telefonico di 15 minuti a margine dell’assemblea generale delle nazioni unite, in programma a New York in questi giorni. Durante il colloquio, che secondo quanto riportato dalla Cnn che ha intervistato il consigliere della sicurezza nazionale Susan Rice, sarebbe stato richiesto dalla delegazione iraniana in seno al palazzo di vetro, si sarebbe discusso del tema del nucleare iraniano. Il tema è nell’aria da giorni e il colloquio, che rompe un silenzio che durava dal 1979, da quando cioè il presidente Carter chiamò lo Scià Reza Pahlavi poco prima che venisse deposto dalla rivoluzione islamica guidata dall’Ayatollah Khomeini.

Non sono stati rilasciati ulteriori dettagli sulla telefonata. Le dichiarazioni di Obama, però aprono ad un apertura tra Usa e Iran “nonostante ci siano molti ostacoli da superare ed il successo non è in alcun modo garantito (…) nel raggiungere una soluzione completa”. Nei giorni scorsi alcuni segnali distensivi erano stati tra Rouhani e gli Stati Uniti erano stati lanciati tramite interviste su alcuni media americani. Rouhani, che era considerato un moderato anche prima che venisse eletto lo scorso giugno, dichiara di aver il placet di queste trattative direttamente dall’ayatollah Ali Khamenei. Ma le dichiarazioni incentrate sulla Shoah dei giorni scorsi, dove sostanzialmente il Rohani non disconosceva lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti, come invece dichiarato dal suo predecessore Mahmud Ahmadinejād, avevano creato non pochi malumori in patria. Come divulgato dall’agenzia di news semiufficiale di stato iraniana Fars, molto vicina alla Guida Suprema Ali Khamenei, c’erano state delle forte accuse di errori di traduzione di quanto lo stesso Rouhani avesse dichiarato alla Cnn. Nel mirino finirono le parole “olocausto”, mai citata secondo la nuova traduzione fornita o l’aver definito l’uccisione di massa degli ebrei come “riprovevole”. Questo dibattito evidenzia più di ogni altra cosa le tensioni all’interno dell’Iran per quanto concernono i sentimenti profondi non certo inclini all’apertura verso l’occidente e soprattutto dagli Stati Uniti. Alcuni media locali hanno infatti dichiarato come queste aperture non debbano convincere solo l’occidente e gli stati Uniti, ma anche alcune frange interne alle forze iraniane.

Un altro elemento di tensione, se venisse confermato, potrebbe dedursi anche da quanto dichiarato da Thomas Erdbrink, capo corrispondente del New York Times da Tehran, secondo cui al suo ritorno in Iran da New York Rouhani sarebbe stato accolto da alcuni manifestanti che gli hanno lanciato contro scarpe e uova.

Queste continue contraddizioni soggiaciono allo scetticismo che regna negli Stati Uniti sul fronte nucleare iraniano. Come dichiarato nei giorni scorsi, Obama ha infatti ribadito che l’Iran al di là delle buone intenzioni verbale debba portare avanti “azioni significative, trasparenti e verificabili che possano anche portare a una riduzione delle sanzioni internazionali che hanno colpito il paese”.

La telefonata, comunque, rimane un grande segnale di apertura sul dibattito e di credito sulla bontà di poter concludere in modo pacifico anche la questione nucleare iraniana, che costa in termini di sanzioni internazionali molti denari all’Iran. Molti paesi occidentali hanno manifestato soddisfazioni per queste aperture. Anche l’Italia, per bocca del suo primo ministro Enrico Letta, aveva dichiarato di volersi adoperare per favorire questo dialogo. Chi rimane invece sul chi va là è invece è il governo israeliano. “Non fatevi ingannare dalle fraudolente affermazioni del presidente iraniano”, aveva reagito nei giorni scorsi Netanyahu tramite una nota diffusa dal suo ufficio. 

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