Pirati somali: il mondo sta perdendo la battaglia contro la pirateria

Ecco perché appare sempre più evidente e importante dare visibilità e risalto a queste situazioni in modo che vengano cercate nuove soluzioni e nuovi modi non solo per evitare che questi fenomeni si verifichino, ma per intervenire in maniera efficace

ROMA – Nei giorni scorsi il capo della diplomazia somala, Mohammad Abdulahi Omar Asharq ha dichiarato che: “la battaglia tra il mondo e i pirati sta per essere vinta dai pirati”. Secondo il plenipotenziario somalo la pirateria si sta diffondendo e per fermarla occorre cambiare strategia. “Il mondo ha finora risposto con solo contenimento.  Questo non è produttivo, o efficace, o pratico, o moralmente difendibile”, ha detto il ministro somalo aggiungendo che: “La comunità internazionale deve fare i necessari e urgenti investimenti nelle forze di sicurezza somale per costruire la capacità dello stato e per stabilire la propria autorità nazionale. “Senza questa duplice strategia di autorità militare e di riforma politica, e senza la riconciliazione che il governo di transizione sta anche portando avanti, non si potrà porre fine alla guerra civile in Somalia”. L’occasione per affermare tali concetti è stata data al ministro degli esteri del governo di transizione della Somalia il 18 aprile scorso a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. In quella data si è svolta la conferenza internazionale sulla lotta alla pirateria dal titolo, ‘Sfida globale, risposte regionali: fornire un orientamento comune alla pirateria marittima’. Una due giorni di lavori nel corso della quale è emersa soprattutto la necessità di affrontare il fenomeno della pirateria con un approccio complessivo per sostenere la Somalia. Un concetto questo, ribadito soprattutto da Asharq. “Le operazioni militari, legali e finanziarie non bastano più. Per sconfiggere la pirateria che infesta i mari al largo del Corno D’Africa occorre intervenire alla radice della causa, ovvero sull’instabilità della Somalia”, ha dichiarato il ministro somalo. “La Somalia è stata abbandonata dalla comunità internazionale’”, ha denunciato sempre il capo della diplomazia somala affermando che: “la battaglia tra il mondo e i pirati è stata vinta dai pirati”. “I pirati utilizzano sempre più navi madre, armi pesanti, sofisticata tecnologia per intercettare le navi. Hanno preso in ostaggio 2mila persone nei soli ultimi due anni”. Asharq ha esortato la comunità internazionale ad agire ora per la stabilizzazione della Somalia, avvertendo che essa è l’unico modo di affrontare la questione della pirateria, che solo lo scorso anno ha fatto registrare quasi 290 milioni di dollari pagati come riscatto ai pirati. Un computo fatto dal ministro Asharq tenendo conto che, in media, le compagnie di trasporto marittimo pagano tra i 15 milioni e i 33 milioni di dollari per il rilascio di una nave. Appare difficile avvallare questi dati anche perchè nell’ultimo anno e mezzo non sono stati più divulgate informazioni riguardante i riscatti pagati dalle compagnie di trasporto marittimo o dai governi dei Paesi a cui appartenevano navi e uomini catturati. Una sorta di omissione voluta per nascondere forse una ‘vergogna’ internazionale. Le uniche informazioni rilasciate in merito sono state quelle fornite ai media dai pirati. Un rapido conteggio è però, possibile farlo. Guardando le statistiche degli attacchi pirati negli ultimi due anni e mezzo si può fare un rapido calcolo. Partendo dal 2009: 31 nave riscattate, in 10 casi la somma del riscatto è rimasta sconosciuta. La somma pagata come riscatto mediamente è stata di  2,1 milioni di dollari. Nel 2010: 17 navi riscattate, solo in 7 casi ci sono notizie sulle somme pagate. La somma pagata come riscatto mediamente è stata di 5,1 milioni di dollari. Nel 2011, primi tre mesi: 11 navi riscattate, in solo 5 casi la somma del riscatto è stata resa nota. In 4 casi questa è stata resa pubblica dagli stessi pirati. La somma pagata come riscatto mediamente è stata di 6,2 milioni dollari. Sommano e confrontando i conti tornano. Secondo informazioni raccolte pare che il costo medio lieviti anno dopo anno in quanto incide su esso la parte della negoziazione. Ai negoziatori, che sono o nominati dagli assicuratori o consigliati dagli stessi pirati, e quindi in poche parole  sono  della ‘famiglia’, va una sorta di percentuale di riscatto o del costo della nave. Da qui si deduce che più alto è il riscatto pagato più alta è la ricompensa. A buon intenditore poche parole. In merito al fenomeno della pirateria marittima, sempre a Dubai, è intervenuto il rappresentante ONU per la Somalia, Augustine Mahiga. Il diplomatico ha sottolineato che la soluzione alla pirateria somala deve essere anche a terra. “L’approccio ad esso deve essere prima di tutto politico in quanto non vi può essere solo una soluzione militare”, ha detto Mahiga aggiungendo che: “La pirateria è una delle conseguenze di due decenni di prolungata crisi politica in Somalia”. Il riferimento è al fatto che il Paese del Corno D’Africa è stato lacerato da decenni di guerra civile, dal momento che nel 1991 ci fu il rovesciamento del presidente Mohamed Siad Barre. In proposito, Mahiga ha inoltre, osservato che: “la mancanza di dialogo tra i diversi attori politici somali, e litigi tra leadership politica, rimane problematico”. L’alto funzionario ONU ha anche affermato che: “non dobbiamo aspettare per arrivare alla pace vera e proprio. Possiamo cominciare a rispondere ad alcune aree chiave di sviluppo nelle aree di relativa stabilità, come il Puntland e Somaliland”. La conferenza si è tenuta a Dubai in quanto la questione della pirateria è una delle grande preoccupazione per gli Emirati Arabi Uniti  che annovera un gran numero di sue navi finite, negli ultimi anni, nelle mani dei pirati somali. Gli Emirati Arabi Uniti hanno impegnato circa 1,4 milioni dollari per combattere la pirateria. Il dato di fatto emerso dall’incontro di Dubai è che la Somalia, priva di un governo da 19 anni, è incapace di controllare le sue acque territoriali. Tutto ciò ha fatto, del mare al largo della Somalia, il teatro più critico nella lotta alla pirateria marittima. Di fatto la pirateria è divenuta una minaccia costante alla navigazione tra Europa e Asia. Per contrastare questo fenomeno, che frutta milioni di dollari in riscatti ai pirati, è stata creato il dispositivo anti pirateria creato dal Pentagono e gestito dalla V Flotta USA, Combined Task Force, Ctf-151, la missione dell’Alleanza Atlantica ‘Ocean Shield’ e la missione ‘Atalanta’ a guida Ue. Per tutti il compito è di intervenire militarmente contro i pirati. Nel corso dei lavori di Dubai sempre il  ministro degli esteri somalo ha però, anche chiesto alle compagnie di trasporto marittimo di non pagare i riscatti ai pirati in quanto questo porta a rinnovare altri attacchi. Come a volergli dare ragione. In questi giorni l’International Maritime Bureau, IMB, ha diffuso un allarmante rapporto in cui afferma che nei primi tre mesi del 2011, in tutto il mondo, gli attacchi pirati sono aumentati in maniera vertiginosa. Un dato di fatto è che la pirateria ha reso sempre più pericolosa la navigazione al largo del Corno d’Africa e fatto lievitare i costi di navigazione delle navi mercantili e non solo.

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