Ucraina: Onu, 6.400 morti da inizio conflitto e abusi continuano

GINEVRA – In Ucraina dall’inizio del conflitto, a meta’ aprile 2014, il bilancio e’ di 6.417 morti, comprese 626 tra donne e bambine, e altre 15.962 sono rimaste ferite: e’ quanto denuncia l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani nel proprio rapporto trimestrale.

“Si tratta di una stima prudente, e le cifre reali potrebbero essere considerevolmente piu’ elevate”, ha precisato l’agenzia Onu, pur riconoscendo che i combattimenti e i bombardamenti sono relativamente diminuiti con gli accordi di pace di Minsk 2, risalenti a febbraio. E’ di cinque milioni la stima dei civili che soffrono le conseguenze delle ostilita’: non solo il milione e 200mila sfollati, ma anche coloro che sono esposti ad abusi, violenze e in generale a “tremende privazioni”. Secondo lo stesso commissario Onu, il principe giordano Zeid bin Ra’ad al-Hussein, “esistono allarmanti informazioni documentate sulle esecuzioni sommarie da parte dei gruppi armati”, perifrasi per alludere ai ribelli separatisti filo-russi. Verifiche sono inoltre in corso su “testimonianze analoghe” che chiamano invece in causa le forze regolari di Kiev.

Da entrambe le parti si ha notizie di “torture e maltrattamenti in detenzione”, con l’aggiunta di “omicidi, arresti arbitrari, lavori forzati, saccheggi, richieste di riscatto ed estorsioni” imputati in particolare agli insorti. Ancora: “case e intere esistenze distrutte”, economia collassata con disoccupazione e prezzi in vertiginosa ascesa, “servizi vitali tagliati” e “molte fonti di reddito prosciugate”, per non parlare del terrore diffuso che mina gli animi cosi’ come dell’inesistenza di “segnali di giustizia o della volonta’ di chiamare a rispondere i responsabili”, e neppure “risarcimenti ne’ indennizzi”.

Il principe Zeid ha quindi puntato il dito contro il sistema di permessi obbligatori istituito dalle autorita’ centrali ucraine per chi voglia abbandonare le regioni russofone orientali ed entrare in quelle tuttora sotto il loro controllo: per ottenerli si e’ esposti a “pratiche di corruzione e a ritardi anche di tre mesi”, tanto e’ vero che su 350.000 richiedenti fino soltanto a 275.000 sono stati concessi. Sul piano strettamente bellico, si sottolinea nella relazione, “se alcune aree come Lugansk sono rimaste abbastanza tranquille” altrove la situazione resta di assoluta emergenza: e’ il caso di Donetsk, principale roccaforte separatista, specie intorno all’aeroporto; e del circondario di Shyrokyne, villaggio conteso situato lungo lo strategico corridoio costiero che conduce al porto di Mariupol, ancora in mano ai governativi. Anche dove non si registrano scontri, troppi sono vittime di mine o di ordAigni inesplosi. Infine il punto maggiormente dolente: la presenza dei “combattenti stranieri” e il “flusso di armi dalla Federazione Russa” che, malgrado le incessanti smentite di Mosca, persistono e che se avessero invece fine “produrrebbero un impatto significativo sul rispetto della legge e dell’ordine, e sull’applicazione degli accordi di Minsk”. Compreso l’allontanamento delle armi pesanti dalle linee del fronte, non sempre effettivamente avvenuto. A

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