Myanmar: San Suu Kyi, Alta Corte respinge ricorso contro domiciliari

Nell’ex Birmania l’Alta Corte di Naypyidaw ha respinto l’appello di Aung San Suu Kyi contro la sentenza di arresti domiciliari a cui è sottoposta da 18 mesi, come prolungamento di una detenzione già in corso.

Arresti domiciliari comminati con una sentenza emessa nel mese di agosto dello scorso anno per una violazione agli arresti domiciliari in scadenza nel maggio dello stesso anno. Una condanna a cui si era giunti dopo un ambiguo episodio che aveva visto protagonista un cittadino americano. Continuano dunque le restrizioni alla libertà di movimento alla leader della Lega Nazionale delle Democrazia, Lnd, partito all’opposizione nel Paese, imposte dalla Giunta militare che governa il Myanmar, ex Birmania, dal 1962. Uno stratagemma che secondo molti è servito al regime birmano per tenere lontano il Premio Nobel per la Pace, 1991, dal processo elettorale avviato nel Paese dopo un ventennio e culminato col voto di domenica scorsa. Il partito della icona della democrazia in Birmania aveva vinto le elezioni del 1990 con un largo margine, ma l’esito del voto non venne riconosciuto dalla Giunta militare che anzi annullò le elezioni. Lnd è stato poi, recentemente disciolto dopo aver annunciato l’intenzione di voler boicottare il voto di domenica scorsa. I legali della leader dell’opposizione birmana speravano non tanto che fosse liberata, ma che fosse dimostrata la sua innocenza. Questo perché ormai mancano pochi giorni allo scadere naturale della condanna.
Il numero uno della Lnd ha trascorso in prigione e agli arresti domiciliari gran parte degli ultimi 20 anni. Ai domiciliari in particolare, si trova ormai ininterrottamente dal 2003. Anche se sembra certo che siano in corso i preparativi per il suo rilascio. Tuttavia non pochi temono che il regime militare possa ancora una volta trovare una ragione per estendere i suoi arresti. E’ già successo e nulla impedisce che possa accadere nuovamente, anche perchè  la decisione ultima spetta sempre e comunque al generale Than Shwe capo della giunta militare di Naypyidaw, la nuova capitale dal 2005 del Paese. Una città fortezza costruita nella Jungla dove gli uomini del regime si sono insediati

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