Afghanistan. San Lince non fa miracoli

ROMA – Un altro soldato è morto e quattro sono rimasti feriti gravemente in un attacco a una colonna di veicoli blindati del tipo Lince in movimento verso la base ISAF di Shindand dopo aver effettuato una operazione di assistenza medica in territorio aperto.

Stavolta il “San Lince”, come i soldati italiani chiamano questo tipo di veicolo da trasporto per la fanteria, non è riuscito a fermare l’onda d’urto di una violentissima esplosione provocata da uno Ied, che sarebbe l’acronimo inglese di dispositivo esplosivo improvvisato. Proprio il termine “improvvisato” risulta fuori luogo, in quanto sembra che gli insurgents siano purtroppo dei professionisti e non degli sprovveduti che utilizzano materiale d’accatto.

La protezione offerta dalla blindatura del Lince ha spesso salvato la vita dei nostri soldati, da qui l’appellativo di San(to), ma ogni misura ha la sua contromisura e gli insurgents hanno imparato ad aumentare la quantità di esplosivo nei loro ordigni, così come ad utilizzare dei tipi di trappole insensibili ai disturbatori elettronici di cui sono equipaggiati i soldati e che servono a neutralizzare i comandi a distanza che attivano le bombe.

Oltre il Lince vengono utilizzati altri veicoli  del tipo Freccia, che sono dei veicoli corazzati da combattimento per la fanteria ben protetti ma meno versatili. Recentemente sono stati acquistati dagli Stati Uniti anche dei mezzi speciali del tipo Buffalo e Cougar (questi dotati di un apposito braccio telescopico per sondare il terreno).

Questo elenco di mezzi “da guerra” vuole introdurre solo la semplice, ma drammatica  riflessione, che è molto bello che i soldati italiani effettuino attività utili alla popolazione locale, ma è terribile che per farlo debbano essere armati, su mezzi da guerra, in condizioni di guerra e drammaticamente rischiare o perdere la vita. C’è qualcosa che non va e che non può andare avanti come se niente fosse.

I nostri soldati vivono in avamposti nel deserto come nella “Fortezza Bastiani” del “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. Ma in Afghanistan gli insurgents, non solo si fanno vedere, ma sono anche tremendamente determinati ad uccidere e continuare ad uccidere.
I politici (di entrambi gli schieramenti ma per fortuna esistono anche le eccezioni) a casa con i piedini al caldo e i loro stipendi d’oro, nonchè in attesa di maturare anche vitalizi d’oro, si accorano, chinano il capo di fronte ai caduti di questa guerra inutile, ma poi in politichese ci dicono che comunque la guerra continua. A questo proposito viene in mente una scena del film “Fahrenheit 9/11” dove il regista Michael Moore andava a domandare ai deputati al Congresso degli Stati Uniti se i loro figli fossero sotto le armi in Iraq o Afghanistan. Nessuno dei tanti politici intervistati (tranne uno solo) aveva i figli al fronte.

Il raffronto è calzante? Quando non si hanno santi in paradiso (che ti sistemano) e per amor di lavoro e di patria sei in Afghanistan, l’unica speranza è che  almeno il Lince abbia cura di te.

Il nostro dolore e il rammarico per la morte e il ferimento dei nostri soldati nell’attacco di oggi 28 febbraio 2011. Non vogliamo inoltre che si dimentichino tutti gli altri caduti,

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