Libia. Gheddafi non molla. Possibile intervento militare. Primi spari a Tripoli

ROMA – Muammar Gheddafi non ha nessuna intenzione di mollare.

Resterà a combattere i rivoltosi fino all’ultimo respiro  spargendo sangue innocente, come aveva annunciato, protetto nel  suo rifugio di Tripoli, mentre all’esterno i suoi mercenari respingono l’offensiva dell’opposzione. Quanto potrà durare questa situazione nessuno lo può sapere, ma è certo che la reazione militare di Gheddafi non è più tollerabile. Per questo non è da escludere  che le diplomazie trovino la forza di uscire da questo stato di stallo e di perenne incertezza decidendo a favore di un intervento militare. Lo ha detto lo stesso presidente Usa Barack Obama, il quale ha già schierato tre navi della marina che ora si trovano ad appena 50 miglia dalle coste libiche.  Certo la decisione comporta una delicata osservazione degli equilibri presenti nello stato libico e su tutta l’area medio orientale. C’è sempre in agguato lo spauracchio di Al Qaeda, sul quale fa leva lo stesso Gheddafi per scongiurare un attacco dell’Occidente e soprattutto per tenere lontani gli occhi indiscreti dei media presenti a Tripoli. Oggi infatti i pochi giornalisti ospiti nella capitale non sono potuti uscire dal loro albergo perchè secondo il regime potrebbero diventare bersagli dei terroristi di Al Qaeda.
A tentare una mediazione è intervenuto anche il presidente del Nicaragua Daniel Ortega, che ha offerto asilo politico al leader libico, il quale però senza esitazione ha rifiutato. E poi c’è il piano proposto da Chavez, che di fatto non sembra  aver riscosso l’esito sperato, a parte l’accettazione incondizionata da parte del Colonnello che in questo modo avrebbe la possibilità di mantenere la sua posizione di leader. Ed è proprio questa ipotesi che gli stati occidentali vogliono evitare.
Insomma Gheddafi deve arrendersi, ma sa benissimo che farlo significa anche farsi processare per i crimini commessi dall’inizio della rivolta, che secondo stime ufficiose ha provocato la morte a oltre 10mila persone.

Oggi i miliziani del Colonnello impediscono a  gran parte della popolazione di arrivare al confine verso Tunisi, lasciandoli così imprigionati  in questo paese martoriato dalla guerra e dalla fame. A lanciare l’allarme l’Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati, il quale fa sapere che il numero delle persone che raggiungono il confine si è improvvisamente ridotto. Dalle 15mila persone alle sole 2mila di ieri. Stando alle stime della Mezza Luna Rossa tunisina già 100mila persone hanno varcato il confine con la Tunisia.

Nel frattempo continuano i combattimenti e gli oppositori al regime guadagnano terreno. Il loro obiettivo rimane quello di arrivare a Tripoli e rovesciare definitivamente il rais. Ma non sarà così facile. Proprio questo venerdì doveva essere il giorno decisivo, ma i combattimenti continuano. Si registrano violenti scontri tra le brigate fedeli a Muammar Gheddafi e i ribelli  nella città di Zawiya, ad una quarantina di chilometri ad ovest di Tripoli, dove gli oppositori stanno tentando disperatamente di difendere gli ingressi principali della città. E a Ras Lanuf, ad ovest di Ajdabiya, i ribelli stanno cercando di conquistare diversi terminal petroliferi che si affacciano nel golfo della Sirte.  E’ stato riaperto anche l’aeroporto internazionale Benina di Bengasi, dove a breve arriveranno dei voli organizzati dai libici residenti all’estero che vogliono unirsi alla rivoluzione contro Gheddafi.
Giungono notizie anche di spari da Piazza Algeria nel centro della capitale. Questo potrebbe significare che i rivoltosi sono entrati a Tripoli e stiano preparando l’assalto finale alla roccaforte di Gheddafi.

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