ROMA – Il “Financial Times” elogia Giulio Tremonti: nonostante la presenza oggettivamente imbarazzante del primo ministro Silvio Berlusconi, scrive la Bibbia del giornalismo economico, Tremonti ha impedito la deriva dei conti pubblici italiani e ben difficilmente il Paese potrà fare la fine della Grecia o correre i pericoli della Spagna, come sembra credere l’agenzia di rating Standard & Poor’s. Il superministro economico sembra accreditarsi, anche a livello internazionale, come vero argine ad una possibile crisi italiana.
UN MINISTRO PROPAGANDISTA. Spesso Tremonti ha negato la realtà economica, criticando aspramente, come ha fatto ieri con i dati sulla povertà diffusi dall’Istat. Oggi è disposto ad ammettere che “la crescita non è sufficiente”, ribadendo però che “senza la tenuta di bilancio non ci sarebbe stata neanche questa crescita insufficiente”. Ma è quello che afferma subito dopo a riportarlo nell’alveo della propaganda senza verità: “ L’azione di governo è stata caratterizzata da una altissima cifra di moralità politica”, perché, continua, “non abbiamo solo tenuto i conti in ordine, abbiamo tenuto il bilancio dello Stato che contiene il risparmio delle famiglie, la coesione sociale e il finanziamento alle imprese”. All’elenco mancano soltanto i lavoratori, i cui livelli salariali in termini reali sono decresciuti dal 2008 ad oggi, cioè in coincidenza con le politiche economiche tremontiane e le imposizioni confindustriali.
PRIMUM VIVERE DEINDE CRESCERE. Poi arriva, come sempre, il ministro filosofo, che parafrasando Aristotele annuncia il suo credo attuale: “Primum vivere deinde crescere”. E qui arriva la stoccata ai dati Istat, secondo i quali ci sarebbe in Italia un cittadino povero ogni quattro. “Cifre irrealistiche” sbotta il superministro, ripetendo il refrain ogni qualvolta l’Istat annuncia dati che non gli piacciono. Tremonti espone un’idea matematica personalistica, malata di soggettivismo (tanto per rimanere sul terreno filosofico a lui tanto caro). Non ci sarebbero tutti questi poveri, afferma, chiedendo agli astanti: “Chi di voi è povero?”. Un metodo statistico basato su quello che vedono gli occhi (cioè i piccoli numeri e nemmeno rappresentativi) e che si ispira alla propaganda politica. Non il massimo per il responsabile di un dicastero economico.
LE PROSPETTIVE A MEDIO TERMINE. Le analisi contenute nel rapporto della Corte dei Conti mostrano la fragilità dell’azione politica del superministro. La grande recessione del 2008-2009 ha originato una perdita del Pil pari a 140 miliardi di euro nel 2010, che diventeranno 160 nel 2013. Non solo, perché la Corte sottolinea che “la fine della crisi non comporta il ritorno ad una gestione ordinaria del bilancio pubblico, richiedendosi piuttosto sforzi anche maggiori di quelli finora accettati”. Ciò perché la spesa, nel 2011, rimane ancora al di sopra di tre punti rispetto al 2007. Nonostante i forsennati tagli imposti dal superministro ad un settore strategico come l’istruzione pubblica, la spesa non ha cessato di crescere durante il suo mandato e ciò impone necessariamente “una costante azione di natura discrezionale”. L’analisi fredda nella sua oggettività dei giudici contabili mette in evidenza la strutturale carenza delle decisioni del superministro in politica economica, incapaci di far diminuire in termini reali la spesa, nonostante la proclamata e poco credibile “cifra di moralità politica” che sarebbe stata espressa dalla maggioranza. Di fronte ai forsennati tagli all’istruzione c’è stata un’incapacità di limitare i costi della politica e, diciamo pure, le spese poco trasparenti e il finanziamento di determinate “cricche”.
UN MINISTRO SENZA CREDIBILITÀ. Così, depurata dai marosi della propaganda, capaci di manipolare le verità matematiche, resta l’immagine di un ministro poco credibile. “Il ministro ha la responsabilità di aver negato a lungo l’esistenza della più pesante ed estesa crisi finanziaria ed economica che ha colpito prima gli Stati Uniti e subito dopo l’intera Europa. Ma ha ignorato anche gli indicatori sulla povertà, che pure sono inquietanti da tempo” afferma Sergio Cofferati, già segretario generale della Cgil e oggi deputato europeo.Ma d’altronde, anche le dichiarazioni di Emma Marcegaglia all’Assemblea di Confindustria non lasciano dubbi su come gli industriali oramai non credano più in Tremonti e nel suo governo: dieci anni persi.
Ora il superministro sarà alle prese con una manovra che si dice non potrà essere inferiore ai 40 miliardi. Sarà interessante vedere quali ceti sociali saranno colpiti e quali interessi tutelati. La risposta è più facile di quanto si possa credere.