Manovra Tremonti. Scuole in rivolta. Ancora tagli mentre gli evasori brindano

ROMA – Il 30% dell’Iva non viene versata da commercianti, liberi professionisti, imprenditori perché riescono a nascondere la base imponibile (cioè gli scambi effettuati). Nel solo 2010 la Guardia di Finanza ha accertato una mancata riscossione delle imposte indirette pari ad oltre sei miliardi. Con lo scudo fiscale Tremtonti ha fatto rientrare dall’estero 100 miliardi di euro incassandone soltanto cinque a titolo di sanzione. Se i proprietari di questi capitali avessero pagato tutte le imposte sulle entrate che hanno originato le loro fortune, lo Stato avrebbe avuto 45 miliardi di nuovo gettito. Nei paradisi fiscali è nascosta una cifra complessiva degli italiani stimata fra i 500 e i 700 miliardi, di cui il superministro economico si disinteressa in modo totale.

COLPIRE LA SCUOLA. La Stato non sa come far quadrare i conti pubblici per evitare il default ed ecco che non trova di meglio che tartassare nuovamente il settore più colpito nella storia italiana, l’istruzione pubblica. Nella bozza di manovra economica, di cui si avrà la versione definitiva in serata, non potevano mancare ancora tagli sulla scuola. Dopo la diminuzione di 8,5 miliardi del 2008, decisione che le ha inferto un colpo probabilmente mortale, ora il superministro non ha trovato di meglio che colpire ancora una volta il medesimo comparto, probabilmente mirando ad una sua distruzione completa entro il biennio che ancora gli resta per portare a compimento la sua opera di demolizione.

NIENTE NUOVI PRESIDI. Il dubbio era venuto in mente a molti, visto i notevoli ritardi che il ministero di viale Trastevere accusava nell’organizzazione del concorso per la nomina di 2300 nuovi dirigenti scolastici: che, cioè, Tremonti avesse posto il veto per mancanza di fondi. In queste ore la sensazione sta trovando una conferma. Probabilmente il concorso per dirigenti scolastici (di cui le scuole hanno enorme bisogno, visto la massa di presidi che sono andati in pensione negli ultimi dieci anni e che non sono stati sostituiti con altri titolari ma soltanto con “reggenti”) sarà cancellato. A questa conclusione portano le norme previste dalla bozza di manovra dirette ad accorpare violentemente le scuole materne, elementari e medie, proprio per risparmiare sui dirigenti e sul personale amministrativo. Come possa funzionare un istituto con trecento docenti e mille alunni con lo stesso personale amministrativo previsto per una sola scuola e senza preside lo dovrebbe spiegare il superministro che, con la sua nota creatività, è sicuramente in grado di farlo.

SOSTEGNO ADDIO. Ma non basta. Il governo vuole abolire del tutto la specializzazione di cui sono portatori gli insegnanti di sostegno, riducendone progressivamente il numero. Chi lavora nella scuola conosce il loro ruolo insostituibile nelle classi. Senza un docente specializzato per gli alunni disabili, questi ultimi sarebbero destinati ad un progressivo declino e ad una incipiente marginalizzazione. Ora, Tremonti ha pensato che sarà sufficiente affidare agli stessi insegnanti curriculari (cioè quelli che svolgono la lezione frontale) il sostegno, cioè la cura degli eventuali alunni disabili. Basterà un corso di specializzazione e via.

NIENTE ASSUNZIONI. Anche la tanto sbandierata mega-assunzione di 65 mila precari, che la Gelmini aveva promesso nel 2010 (insieme al concorso per i nuovi presidi) sarà abrogata. Quindi si prevede un ulteriore taglio di altri 100 mila posti di lavoro fra docenti e personale amministrativo, oltre al prolungamento del blocco degli stipendi fino al 2014 (un anno di più). Gli insegnanti e i dipendenti pubblici dovranno dunque, per la prima volta nella storia italiana, lavorare e impegnarsi giornalmente senza avere un nuovo contratto che adegui le loro retribuzioni all’inflazione. Una novità assoluta nel nostro ordinamento, sperimentato soltanto in epoca fascista, che introdusse a tal scopo un’apposita norma nel codice civile, che tramutava in nuovi i vecchi accordi (la cosiddetta “ultrattività dei contratti collettivi”). A tutto ciò la ministra Gelmini dovrebbe fornire una spiegazione realistica ed onesta. Fino ad ora si è limitata a smentire ogni cosa e a dichiarare che la realtà raccontata da giornali e insegnanti non è vera. Ad esempio, a proposito del concorso per presidi dovrebbe dire: “Avrei voluto bandirlo, ma non ci sono i fondi purtroppo”. In relazione alla sua roboante promessa (maggio 2008) di portare gli stipendi dei docenti ai livelli europei (cioè aumentarli di circa il doppio), dovrebbe dire: “Avrei voluto farlo, ma purtroppo non ci sono i fondi”. Questo dovrebbe asserire un ministro in grado di assumersi le responsabilità di ciò che ha promesso ma non è riuscita a mantenere, per debolezza e dabbenaggine.

La scuola, ora in vacanza, vivrà un altro autunno difficile, che rischia, con questa maggioranza, di non finire più.

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