Governo battuto sul bilancio dello Stato. L’Italia ancora più “indignata” si rivolge a Napolitano

ROMA – Governo battuto sull’art. 1 del rendiconto di Stato. E’ forse giunto il momento della svolta. Frasi troppe volte dette e scritte, ma non eravamo mai giunti a situazioni di ingovernabilità come quella che si è resa evidente dopo il voto sul bilancio dello Stato.  Berlusconi come sempre dispensa la sua arroganza e, irremovibile, vuole mantenere la rotta senza neppure conoscere la méta verso la quale è diretto.  I

l presidente della Camera Fini salirà al Quirinale a rendicontare una situazione divenuta ingestibile. Da parte sua Giorgio Napolitano ha già espresso serie preoccupazioni che non possono comunque bastare per raddrizzare una situazione compromessa come quella italiana, ma dalla nota che lo stesso Presidente della Repubblica ha rilasciato, forse si intravede qualcosa che non sembra voler seguire vecchie e sterili speranze mai divenute realtà. Cita la mancataapprovazionedell’art.1 del Rendiconto Generale dell’Amministrazione dello Stato legandola soprattutto “al’innegabile manifestarsi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione, con le conseguenti incertezze nell’adozione di decisioni”. Napolitano conclude con la sottolineatura di una “preoccupazione i cui riflessi istituzionali non possono sfuggire”. Neppure il più abile tra i bookmaker si azzarderebbe a pronunciarsi, ma adesso ci sono tutte, ripetiamo, tutte le condizioni per chiedere lo scioglimento delle Camere o il rinvio al giudizio popolare attraverso le elezioni.

Nel paese c’è sfiducia e preoccupazione, ma anche tanta rabbia.  A questo si aggiunge una preoccupazione ulteriore che da queste colonne vogliamo sottolineare a proposito del clima che si sta creando in vicinanza della manifestazione del 15 ottobre a Roma. La cronaca registra un’escalation di episodi violenti attribuiti agli “indignados” italiani. Il timore che tutto questo possa prestarsi per essere strumentalizzato, oltretutto sviando l’attenzione (come tante volte è stato fatto nel passato) su quelli che sono i veri problemi del paese, è veramente elevato e sentito. Gruppi di Cittadini, di lavoratori, organizzazioni sindacali (FIOMM in primis) e politiche, stanno preparandosi per manifestare la loro “indignazione” umana e civile di fronte a ciò che questo governo propone da anni, e culminato con le recenti disposizioni adottate in materia economica che penalizzano i lavoratori e le fasce sociali meno abbienti.  Gli indignati che si recheranno a Roma non hanno una cabina di regia precisa e nessuna intenzione belligerante ma bensì pacifica, anche se portata avanti sotto l’innegabile quanto comprensibile forma di una protesta.  Roma non dovrà rappresentare una prova di forza che dia il pretesto per qualcosa di “altro”, non sarebbe accettabile e questo deve fin da ora essere recepito da tutti con estrema chiarezza, compreso chi potrebbe essere allertato con motivazioni prive di un vero fondamento.

La preoccupazione semmai nasce dalla strana tempistica con la quale una serie di episodi violenti sono avvenuti in questi giorni in varie città italiane.  La memoria corre al passato, scava tra i ricordi di grosse manifestazioni (vedi G8 di Genova) avvenute in momenti significativi e finiti purtroppo in tragedia. Meglio porre interesse e attenzione su queste dinamiche al fine di non assistere a strumentalizzazioni che non sarebbero più accettabili. Il nesso con la politica del momento è più che evidente. Tutti si aspettano un forte presa di posizione del Capo dello Stato anche se a rendergli le cose più difficili c’è la poca voglia da parte del Premier di salire al Colle. Una strada che dovrebbe essere obbligata.
La nostra pur tormentata Democrazia ha sempre previsto questo passaggio, anche in passato, ed in particolare in due episodi del tutto simili quali i governi Goria e Andreotti (con le conseguenti dimissioni dei Premier citati).  Pur senza illuderci, aspettiamo dunque che sia Berlusconi a salire al Colle. Ma nel caso contrario, ed a maggior ragione, potrebbe essere lo stesso presidente Napolitano a decidere.  Il Popolo rispettosamente lo reclama, ora o mai più!

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