15 ottobre. Quel che resta del giorno degli indignati

ROMA – Cosa resta dopo una giornata come quella di ieri, in cui un gruppuscolo di violenti è riuscito a mandare in fumo la manifestazione pacifica degli indignati? Sicuramente un senso  di smarrimento, d’inquietudine per quelle scene apocalittiche che le televisioni di tutto il mondo hanno trasmesso. Episodi violentissimi a cui gli stessi manifestanti pacifici si sono opposti, di fronte probabilmente a forze dell’ordine in tenuta antisommossa che non hanno agito tempestivamente per sedare i facinorosi. “Nessuna sottovalutazione”, ha tenuto a precisare il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano.

Tuttavia per chi ha assistito agli atti di violenza e di vandalismo gratuito, alle fughe impazzite della folla per scampare alle cariche disordinate della Polizia, ai boati delle bombe carta, alle sirene impazzite delle ambulanze che sfrecciavano per le vie storiche della capitale,  ai fumi dei lacrimogeni che facevano mancare il respiro, è stava davvero un’esperienza da dimenticare. Roma oggi si è svegliata in un clima surreale. I segni lasciati dalla guerriglia sono ancora evidenti. Nonostante le strade e le piazze siano state ripulite restano le auto e i cassonetti bruciati, i tratti di selciato divelti, le vetrine delle banche, dei negozi e degli alberghi assaltati annerite dal fumo degli incendi. Il conto dei danni è ancora tutto da chiarire, mentre quello dei feriti è rimasto fermo a circa una settantina, di cui tre gravi, tra black block, manifestanti e forze di polizia. Venti per ora le persone fermate, dodici quelle arrestate, ma il numero potrebbe crescere nelle prossime ore, in quanto i filmati potrebbero aiutare ad individuare i veri responsabili.

Il timore è che alla fine  questa giornata passi come l’espediente capace di aver innescato una vera e propria guerriglia. Il coordinamento 15 ottobre fin da subito ha  condannato le azioni violente, le ha addirittura denunciate attraverso le voci dei manifestanti che chiedevano ai partecipanti di sfilare nel corteo a volto scoperto. Non c’era nulla da nascondere, c’era solo tanta indignazione. Indignazione che – come le vere intenzioni –  si doveva esprimere attraverso la sola presenza delle persone che avevano abbracciato le tante istanze di questo movimento planetario. E di gente ce n’era davvero tanta. Anche quella che non avrebbe dovuto esserci.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe