Per Marchionne “il mondo è piatto”. Il diktat per restare in Italia

ROMA – “Abbandonare gli schemi del passato” , “determinare gli elementi di una flessibilità buona”, “niente ostacoli, querele o altro” (chiaro riferimento alla Fiom e alla Cgil) e per finire riguardo Termini Imerese “la partita è chiusa, non riapriamola” (su questo però forse bisognerebbe interpellare i lavoratori!).

 

Più o meno queste  le frasi o i “diktat”  chiave emersi questa mattina dall’intervento di Sergio Marchionne a Bruxelles a margine di un incontro dell’Acea, l’associazione europea dei costruttori di cui e’ presidente dall’inizio dell’anno. Qui l’Ad Fiat ha anche stravolto “la credenza”, con la quale noi tutti siamo cresciuti, di un mondo rotondo, perché per Marchionne “il mondo è assolutamente piatto” . Ma ovviamente solo da un punto di vista commerciale. Marchionne ha inoltre sottolineato di non poter continuare a perdere soldi in Europa per mantenere in piedi un sistema privo di basi economiche. Da qui la certezza di dovere abbandonare gli schemi del passato per costruire il nuovo futuro.

 

Il numero uno della Fiat ha cercato di utilizzare un tono tranquillizzante rassicurando e ribadendo che  l’azienda automobilistica manterrà le scelte industriali in Italia, smentendo così, almeno per ora, l’ipotizzato sacrificio di due stabilimenti italiani.

 

Certo tutto questo potrà avvenire solo a condizioni “estremamente chiare”. Cosa significa? Marchionne non si è molto dilungato sulla spiegazione di quali siano queste precise e necessarie condizioni, ma ha lasciato intendere il riferimento ad una indispensabile riforma del mercato del lavoro. Questo significa eliminare tutti quegli elementi che possano essere d’ostacolo al “progresso industriale”, quindi creare una maggiore flessibilità lavorativa per gestire meglio la domanda e l’offerta. Inoltre ripensare e ridimensionare il sistema del welfare europeo, processo complesso ma assolutamente “da farsi” secondo il numero uno del Lingotto, affinché l’industria del continente resti competitiva a livello globale.

 

Marchionne ha parlato poi di un impegno e di un investimento in Italia pari a 20 miliardi di euro ed ha annunciato un modello Jeep Mirafiori da far partire “alla velocità della luce” (forse) l’anno prossimo. Ha poi concluso:  “penso che sia giunto il momento di rimboccarci le maniche e cominciare a risolvere queste questioni”.

 

Intanto è giunta da poco la notizia che Fiat e Sberbank hanno siglato una lettera di intenti per la produzione e distribuzione di vetture e veicoli commerciali leggeri in Russia. La gamma di prodotto si dovrebbe basare su veicoli Jeep e, in un secondo tempo potrebbe anche includere altri modelli e motori che saranno prodotti ed assembleati in loco. La capacità produttiva è stimata in 120 mila veicoli per un investimento massimo di 850 milioni di euro. Lo comunica una nota del Lingotto in cui si precisa che la banca russa intende finanziare il progetto e acquisire una partecipazione del 20% della joint venture. Il progetto prevede uno stabilimento produttivo, la cui localizzazione è attualmente prevista nell’area di san Pietroburgo e l’assembleaggio nello stabilimento Zil (Zavod Imeni Likhachova) a Mosca di veicoli, suv e potenzialmente anche di vetture commerciali leggere tramite un accordo con il governo di Mosca. Anche Chrysler, di cui Fiat detiene il 58,5%, potrebbe partecipare al progetto come investitore e concedere la licenza per la produzione di alcuni suoi modelli. Gli accordi definitivi sono previsti per la prima metà dell’anno in corso.

 

Le reazioni

 

Oliviero Diliberto, segretario nazionale del Pdci-Fds di fronte alle affermazioni di Marchionne si espresso  in questi termini: “Marchionne smetta di dettare condizioni all’Italia e al governo. Piuttosto si preoccupi dell’inesistenza di un piano industriale che renda la Fiat competitiva in Europa – Dopo tutti gli incentivi che Fiat ha avuto negli anni,  le sue minacce sono davvero il colmo. Il modello fallito non è certo quello europeo, basato sullo stato sociale, ma il neoliberismo spinto degli ultimi vent’anni che ci ha portato in questa crisi senza precedenti. Ci sarà un motivo se la Volkswagen, che aumenta i salari e tratta con l’Ig Metal, il sindacato metalmeccanico tedesco, raddoppia gli utili”.

 

Dal canto suo Susanna Camusso leader della Cgil  è tornata a criticare Marchionne ed ha sottolineato e puntualizzato: “L’intervista di Marchionne dell’altro giorno dimostra quello che diciamo da tempo, e per cui chiediamo l’intervento del governo, ovvero che c’è un piano industriale tutto impostato su Chrysler e Usa.

Non si vedono i famosi venti miliardi di euro di investimenti”. Inoltre, secondo il leader della Cgil, “non si vedono i modelli che possano riaprire la competizione di Fiat con gli altri produttori europei”. “Il governo, in nome e per conto di questo Paese, dovrebbe chiedere all’Ad di Fiat che cosa fa per investire in Italia”.

 

Paolo Ferrero Segretario nazionale Comunista dichiara: “«Marchionne parla come il padrone d’Italia, ma in realtà  la Fiat è più assistita di un falso invalido. La cosa vergognosa è che il governo invece di fissare delle regole per la FIAT, acconsente e fa il megafono di Marchionne, trasformando i suoi diktat in leggi dello stato. E’ infatti evidente che è il governo italiano a dover porre delle condizioni alla Fiat, dopo tutti i soldi che gli ha dato, non viceversa. Anche in questa occasione il governo Monti conferma il suo profilo: forte con i deboli e debole con i forti”conclude.

 

Dura la reazione di Maurizio Zipponi responsabile lavoro e welfare dell’Italia dei Valori che dichiara: “Il 2011 sarà ricordato per la decisione della Fiat di chiudere gli stabilimenti di Termini Imerese e della Irisbus di Avellino”.  “Mentre il governo si sta occupando di aria fritta, la Fiat prende in giro tutti gli italiani con decisioni industriali pesanti. Marchionne sta abbandonando l’Italia portando però con sé risorse finanziarie che provengono dal nostro sistema bancario. Con una situazione del genere – prosegue Zipponi – un esecutivo serio ed ‘europeo’ farebbe quello che hanno fatto gli altri governi nel resto d’Europa: chiamerebbe il produttore nazionale di auto chiedendogli conto del piano industriale e dell’utilizzo di soldi pubblici che gli sono stati dati”. “Di fronte a risposte evasive o provocatorie, un governo serio ed ‘europeo’ deciderebbe di creare condizioni per l’arrivo in Italia di nuovi produttori del settore auto, visto che il nostro è un mercato di oltre 2 milioni di autovetture vendute all’anno”, conclude.

 

Infine Andrea Lulli capogruppo de Pd in commissione Attività produttive della Camera: “Marchionne, invece di porre nuove condizioni, rispetti gli impegni presi presentando finalmente il piano industriale sui 20miliardi di investimenti promessi in Italia. Riteniamo anche che il ministro Passera debba convocare Fiat per verificare a che punto sia la predisposizione del piano industriale. Non sono accettabili giochi e dilazioni sulla pelle del Paese e dei lavoratori durante una crisi economica come quella attuale”.

 

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