Berlusconi invade le tv e vuole il voto a marzo. Bersani: non se ne parla

Il Pdl tenta di allungare i tempi per la legge di stabilità

ROMA – Giornata solo in apparenza tranquilla. Tatticismi in casa Pdl, precisazioni in casa Pd, con il segretario Bersani che ribatte a chi polemizza sulle deroghe alle candidature dei parlamentari con più di 15 anni di legislatura alle spalle. Monti, intanto, va a trovare Pannella, ormai al settimo giorno di totale sciopero di fame e sete.
Danze “particolari” in casa Pdl: prima hanno tolto la fiducia  a Monti, ora chiedono il rinvio delle elezioni, per esaminare meglio il testo del ddl stabilità. Pretendono che si voti nella prima settimana di marzo. Cercano di prendere tempo, sperando di recuperare qualche pezzo e qualche punto percentuale. È questa la ragione che muove la scatenata campagna mediatica messa in moto da Berlusconi. Quando scatta la par condicio non potrà più  usare le sue reti come una clava nel silenzio dell’autorità che dovrebbe garantire perlomeno un minimo di decenza. Per questo usa il Parlamento.

Cicchitto. Nessun impegno per quando voteremo la legge

“Sulla legge di stabilità ovviamente voteremo a favore ma ci prenderemo tutto il tempo, non c’é un impegno preciso su un giorno particolare” – ha detto il capogruppo Cicchitto, sottolineando che il Senato “ha introdotto molti elementi di arricchimento.”
“Il provvedimento noi lo vogliamo esaminare nelle virgole- ha aggiunto Cicchitto. È pur sempre un decreto che riguarda le elezioni, che facciamo? Vogliamo approvarlo a Camere sciolte?”
La replica di Bersani non si è fatta attendere:  “Non possono usare il Parlamento, la legge di stabilità per i loro problemi”: queste le parole del segretario del Pd. Rispetto alla tecnica dilatoria messa in atto dal Pdl, anche la capogruppo Finocchiaro ha espresso la sua contrarietà: “Se domani la Legge di Stabilità non sarà in aula al Senato c’é un problema politico che cercheremo di affrontare”- ha detto Finocchiaro.

Il cavaliere sbugiardato dal presidente del Ppe

Berlusconi, intanto, dopo il soliloquio  dalla D’Urso, ospite da Vespa, ha affermato di essere stato lui a proporre al Ppe la candidatura di Monti. Immediata la replica dai vertici del partito, con il presidente Martens che smentisce in toto il Cavaliere, con queste parole:
“Nessuno mi ha chiesto di invitare Monti alla riunione del Ppe, è stata una mia iniziativa totalmente personale”. Nella sua replica alla replica, Berlusconi ha tentato ancora di rimarcare la sua influenza, ancora forte, sui vertici del Ppe:
“Evidentemente – ha detto Berlusconi – non vuol far vedere di essere stato influenzato da me. È una scusa per gli altri colleghi. Io ne ho parlato lungamente al segretario generale spagnolo che ne ha parlato con lui. C’è qualche altro che ha fatto qualche osservazione spiacevole”.
Solo qualche giorno fa, lo ricordiamo, c’era stato chi, al Parlamento Europeo, aveva chiesto proprio l’espulsione di Berlusconi dal Ppe.  
“Avete bisogno di me e quindi non mi astengo quando sento il dovere di prestare il soccorso a chi ha bisogno. Ho avuto degli inviti pressanti a non lasciare che la situazioni degradi come sta degradando. Non è non votando o disperdendo il voto nei piccoli partiti che la situazione potrà essere migliorata”, questo uno dei passaggi dell’intervista di “Porta a porta” al Cavaliere.

Monti ,in un labirinto da cui è difficile uscire

Monti, intanto, sembra sempre più prigioniero di un gioco che forse non sta capendo fino in fondo: tra i tanti inviti a candidarsi da parte, oltre che di leader europei, di Berlusconi, Casini e dal Presidente Acli Olivero. Un labirinto da cui trova difficile uscire.Chi è stato chiaro davvero, con Monti, è  proprio Bersani, che ha detto esplicitamente al professore, come aveva già dichiarato ai giornali, che è meglio che resti fuori dalla scena politica, assicurando che in caso di vittoria (che è quasi certa), il Pd continuerà a considerarlo un valido punto di riferimento. Intanto, Bersani fa chiarezza e impone uno stop alle polemiche degli ultimi giorni rispetto alla concessione di alcune deroghe per dei candidati che hanno 15 anni di carriera politica alle loro spalle.
Sottolineando che il Pd è l’unico partito ad avere deroghe così stringenti, il segretario ha ricordato i grandi e positivi cambiamenti in atto nel Pd, e ha anche sottolineato che non è cambiata la natura cordiale e di reciproca stima del suo rapporto con Monti.

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