Fassina a Monti. Le scelte dl Pd approvate da 3 milioni di elettori

Foto di Luciano Di Meo
Foto di Luciano Di Meo

ROMA –  Monti è poco informato. Nel Pd esiste una sola linea economica.

E’ contenuta nella carta d’intenti, condivisa da tre milioni di lavoratori. E’ questa, in sintesi, la secca replica del responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, al dimissionario presidente del consiglio, Mario Monti. Anche il segretario nazionale della Cgil, Susanna Camusso, che già dalla notte dei tempi non aveva mai perso occasione per attaccare la discutibile linea economica portata avanti dal governo uscente, sferra un nuovo attacco. I dati economici non le danno assolutamente torto. Il recente caso Melfi, poi, non ha di certo migliorato i rapporti. Nella conferenza stampa di fine anno e nella successiva intervista a ‘In mezz’ora’, per la Camusso “non c’è stata una parola che guardasse al Paese e a tutte le famiglie in difficoltà”. Il leader della Cgil ha continuato l’affondo sostenendo che “non siamo noi ad essere fermi nel passato, è Monti a proporre le stesse ricette di Reagan e Thatcher vecchie di 30 anni”. Monti è finalmente visto come un vero politico e, come, ogni politico, ha amici e avversari.

“Pronto ad impegnarmi per chi sostiene la mia agenda”. E’ bastata questa frase, che non troppo velatamente esprime la volontà da parte del professore di riprendersi la presidenza del consiglio, a scatenare un dibattito politico senza fine. Lo avevano chiamato – e qualcuno continua ancora oggi a farlo – “governo tecnico”. Invece, legittimamente, l’esecutivo Monti non è mai stato tecnico. E’ stato politico. Qualsiasi governo prende posizioni che incidono sulla vita di milioni di cittadini. E le decisioni non sono mai tecniche. Sono politiche a tutti gli effetti. Il semplicissimo sillogismo esprime una realtà oggettiva che in tanti hanno forse deliberatamente rifiutato di fotografare. In quest’ottica, non dovrebbe stupire che le parole pronunciate da Monti emanino il più classico degli odori di politica. Vecchia o nuova che sia. E il centro non aspettava altro. Le parole dette dal dimissionario Presidente del consiglio sono suonate come la più ammiccante delle ballate neomelodiche per quella zona politica ad oggi ancora troppo grigia. Il vertice tenutosi questa mattina fra Montezemolo, Riccardi, Casini e Cesa è la prova evidente che il centro era già con le braccia aperte ad aspettare l’arrivo del ‘salvatore’. Consapevole di contare – senza il Monti di turno – su poco più del 11% degli ‘aficionados’. Nell’incontro riservato, Casini & Co hanno espresso piena sintonia politica con l’Agenda di Monti e col discorso tutto in generale. Hanno deciso, nel contempo, di rimettersi alla decisione del professore sulla scelta fra una lista unica o più liste federate. Le ricette fornite da Monti, tuttavia, hanno fatto proseliti anche altrove. In casa Pdl, entusiasta dell’Agenda Monti, Franco Frattini ha subito fatto le valigie ed è partito per altri lidi (o altri Monti). Anche nel Pd, c’è chi come Pietro Ichino – il giuslavorista ed ormai ex senatore – ha subito “sposato” l’Agenda Monti. Praticamente un colpo di fulmine. In poche ore, Ichino è riuscito ad alzare un polverone di polemiche come probabilmente mai gli era riuscito nei precedenti anni di legislatura. Pd troppo schiacciato su Fassina. Questa, in sintesi, la motivazione che ha spinto lo stesso Ichino a cambiare bandiera. “Il responsabile economico del Pd (Stefano Fassina n.d.r.), non smentito dal segretario Bersani, afferma che la linea del premier è rovinosa per il Paese. Con una certa angoscia personale mi sono chiesto come avrei potuto chiedere il voto con il Pd”. Queste le affermazioni di Ichino. Tuttavia, la corrispondenza di amorosi intenti (politici, s’intende) tra Ichino e Monti per qualcuno affonderebbe le sue radici già da qualche tempo.  Ad alimentare il focolaio della tensione, infatti, il sospetto lanciato da un articolo pubblicato da Dagospia in base al quale lo stesso Ichino – accusato poi su Twitter di aver tradito il partito – avrebbe contribuito lui stesso alla stesura dell’agenda più famosa d’Italia. “Non c’è nessun mistero, né alcun giallo: tutto è stato fatto alla luce del sole. Molte delle tesi esposte nel ‘manifesto’ di Monti sono le stesse di un documento che ho presentato il 29 settembre scorso in un’assemblea pubblica e sottoscritto da diversi parlamentari del Pd. Per quel che riguarda il lavoro, ad esempio, il documento di Monti e il nostro, che si chiamava ‘l’Agenda Monti al centro della prossima legislatura’, sono praticamente sovrapponibili – la controreplica firmata Ichino”. Frattini a parte, dal Pdl giungono nuovi attacchi a Monti dopo la sortita del presidente del senato, Schifani, che aveva giudicato “fuori luogo” le accuse nei confronti di Berlusconi. “Nella sua agenda nessuna novità, solo tasse e austerità. L’Imu si può togliere, Monti non conosce i conti dello Stato”. Queste le ultime frecciate lanciate da Berlusconi a Monti nel corso dell’ennesimo show televisivo. Ormai il più grande e imbarazzante spettacolo prima e dopo ogni weekend.

 

 


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