Governo: Berlusconi e Bossi vanno alla guerra ma le macerie sono dietro l’angolo

ROMA – Oramai la strategia messa in atto da Berlusconi e dalle sue truppe è chiara. Di fronte al contenuto delle intercettazioni, dalle quali emerge un quadro fin troppo evidente di una vita privata del premier del tutto inconciliabile con qualsiasi etica pubblica (disegnata, fra le altre cose, in modo limpido dall’articolo 54 della Costituzione), il Cavaliere ha dettato l’unica linea possibile: quella di forzare la contrapposizione fin al punto di rompere gli equilibri istituzionali Governo-Magistratura in attesa che l’onda di piena passi.

Il primo atto è quello di sempre: denunciare gli “abusi della magistratura”, cioè dei pm e per far questo il Presidente del Consiglio non si perita di intervenire in diretta telefonica insultando i presenti, oltre che il conduttore (le oramai famose “cosiddette signore” che lo avevano criticato durante “L’Infedele” di Gad Lerner, la trasmissione con il più alto numero di telespettatori laureati). È una tattica che prelude ad un’occupazione “manu militari” dell’etere nel caso in cui si ricorra ai comizi elettorali, dispregiando in modo totale qualsiasi precetto della democrazia pluralista. Secondo alcuni, la violenta difesa della sua amica Nicole Minetti, al punto di superare in indecenza qualsiasi precedente intervento televisivo, è dettata al Cavaliere dalla necessità di compattare il suo giro di amicizie femminili, che rappresenterebbero pur sempre per lui una minaccia presente e futura. Dietro alle sue parole contro Lerner, infatti, si nasconderebbe un invito al serrare le fila e ad armarsi con artiglieria pesante che, poi, nel caso del Cavaliere, vuol dire una massa imponente di risorse economiche che nessun altro contendente – nemmeno la magistratura – è in grado di esprimere.

Prosegue la campagna acquisti

Ieri sera ennesima riunione dello stato maggiore del Pdl nel bunker di Palazzo Grazioli, con i coordinatori del partito Denis Verdini e Ignazio La Russa (assente Sandro Bondi), i ministri Angelino Alfano, Maurizio Sacconi, il sottosegretario Gianni Letta, i capigruppo parlamentari Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliarello e Massimo Corsaro e l’avvocato del principe Niccolò Ghedini. La seduta ha messo a fuoco il contesto politico. Secondo i presenti l’alleanza che ha dato vita al cosiddetto “terzo polo” è già in crisi, tanto che si dà per sicura la vittoria della maggioranza sulla mozione di sfiducia individuale contro il ministro Bondi. Ma, nel frattempo, il Governo lavora ad incamerare altre adesioni nell’ottica specifica per cui coloro che, dall’opposizione, passano in maggioranza non integrano alcun ribaltone, mentre è tale il passaggio opposto (dalla maggioranza all’opposizione). È il doppiopesismo oramai tradizionale dei berlusconiani. Oggi l’ex veltroniano Massimo Calearo (passato dalla sinistra alla destra berlusconiana) non solo difende la sua, diciamo così, flessibilità di opinioni ma sostiene che vi sarebbero altri deputati del Pd in procinto di passare con Berlusconi.

Perdute le speranze su Casini, si passa alla distruzione di Fini

Intanto il premier dice di aver perso qualsiasi speranza di ricompattare una maggioranza con Casini, il quale oggi dichiara con nettezza che il suo partito non voterà i decreti di attuazione del federalismo. Per quanto riguarda il “traditore” Fini, anche in questo caso, la strategia è chiara: lo si vuole annichilire con i documenti in arrivo dal paradiso fiscale di Santa Lucia, che dimostrerebbero che la famosa casa di Montecarlo è stata acquistata a prezzo scontato dal cognato Tulliani. L’obiettivo è quello di sminuzzare la formazione politica finiana e recuperare il travaso di voti (circa l’8%) che il Pdl complessivamente perderebbe, come sostengono numerosi sondaggi.

Ma è sul federalismo che il Governo si gioca la sua esistenza. Come noto, Bossi lega al federalismo qualsiasi futuro possibile. Non ha importanza se oggi il Centro studi di Confindustria dimostra come l’economia italiana stenti a superare un aumento del prodotto interno lordo superiore all’1%, quando la ripresa mondiale dovrebbe segnare livelli di crescita ben superiori. La Lega è oramai fissata sul fatto che il federalismo risolverà ogni problema italiano, perché poi dive dare passare all’attacco finale, cioè alla secessione. Proprio sul federalismo è diretta qualsiasi azione della maggioranza, dato che l’agenda politica oramai è in mano leghista e lo stesso premier appare come stritolato dalla sua morsa. Non ha importanza se, nel frattempo, l’Italia entra di fatto fra i Paesi in declino. L’ossessione bossiana deve prevalere. Al prezzo delle macerie sociali.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe