Bufera sulla Rai. Ormai è guerra “mediatica”

ROMA – Passano i giorni, ma la bufera mediatica e politica che si è abbattuta sulla Rai non accenna a diminuire, prospettando uno scenario d’insieme talmente intricato da far confondere le idee perfino ai più attenti fruitori dell’etere.

Lo scoramento della platea televisiva appare altrettanto intuibile, almeno a giudicare dalle ultime evoluzioni che hanno investito l’intero agone mediatico. Perché di questo si tratta, ormai: una battaglia senza esclusione di colpi, in cui l’oggetto del contendere, al di là dei singoli contenuti dei programmi, sembra essere la concezione stessa dell’informazione, il ruolo della dirigenza nell’imprimere la sua linea e il grado di autonomia di conduttori e autori. Se Saviano e Masi continuano a lanciarsi messaggi a distanza, il primo offrendo una tregua dal palco di Annozero e il secondo ribadendo, dalle colonne dei quotidiani, di non aver mai pensato alla sospensione o alla censura del programma “Vieni via con me”, sul fronte Report la contesa rischia di assumere risvolti legali. Pur continuando a mantenere un’apparente distanza dalle vicende del servizio pubblico televisivo, il premier Berlusconi ha manifestato l’intenzione di citare in giudizio la trasmissione di Milena Gabanelli, in quanto il servizio sugli investimenti immobiliari da lui intrapresi nel paradiso fiscale di Antigua avrebbe contenuto diffamatorio. Secca la replica della giornalista che ha riconosciuto il pieno diritto, da parte di Berlusconi, di “intraprendere tutte le azioni che crede”, pur non risparmiando una stoccata al discusso lodo Alfano, in quanto ” se io mi sento diffamata non posso tirare in tribunale lui, mentre lui può tirare in tribunale me”.

Un botta e risposta che ben rende il clima di tensione che si respira a viale Mazzini, protagonista, suo malgrado, di un nuovo “record”. Per la prima volta, infatti, l’Agcom ha diffidato il TG1 per il forte squilibrio a favore della maggioranza e del governo, una decisione adottata dalla commissione servizi e prodotti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in base ai dati del monitoraggio sul pluralismo per il periodo luglio-agosto-settembre 2010. Un provvedimento, cui potrebbe perfino seguire una sanzione, che getta più di un’ombra sulla già contestata gestione del “direttorissimo” Minzolini, alla guida del primo telegiornale della rete dal 2009.
Una notizia che ha fatto scalpore, scuotendo i banchi dell’opposizione parlamentare e gli stessi consiglieri di minoranza.

“Masiani” e “minzoliniani” da una parte, pro Gabanelli, Santoro e Fazio – Saviano dall’altra. Si affilano le armi per quella che si preannuncia una battaglia senza precedenti sul terreno catodico della Rai. Difficile dire chi vincerà. Di certo, al momento, c’è un sicuro sconfitto: il pubblico televisivo. Che in questa “singolar tenzone” rischia di perdere un’adeguata visione d’insieme, dimenticando le origini ideologiche dei contrapposti schieramenti e smarrendo i suoi stessi diritti, in primis quello ad una corretta informazione.

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