La distruzione dell’identità femminile

ROMA – “È il 18 maggio, a casa mia arrivano due amiche con i loro ragazzi.

Li ho già visti, li conosco bene. Io ho 15 anni, le mie amiche pure; i ragazzi sono più grandi. Mi chiedono di partire, stanno andando in Italia tutti e quattro. Potrò fare la cameriera. Guadagnare molti soldi, dicono. Non lo devo neppure chiedere ai miei, la carta d’identità ce l’ho, e ormai basta solo quella. Io rifiuto, non voglio, non mi interessa. Poi mi offrono da bere. Mi risveglio in una macchina, alla frontiera di Nadlac. Mi sento male, confusa. Uno di loro para con il doganiere: il funzionario non vuole farci passare. Lo pagano. Ho paura, sono spaventata. Arriviamo a Ostia. Poi, il giorno dopo andiamo a Piedimonte. Dormiamo a casa di Vincenzo, ricordo tutto male, mi danno da bere e subito inizia la confusione in testa. Entra un uomo, Pasquale. Mi violenta. Vincenzo che vive con la moglie e ci ospita per un certo periodo, mi costringe a seguirlo per tre giorni sul suo camion: mi violenta ancora e ancora. Mi violenta un albanese e poi mi violenta Gennaro. Valerica mi picchia e mi violenta anche lui. Mi costringe ad andare in strada, in viale Marconi. Non voglio, lo dico e piango. Mi picchia, mi spegne le sigarette sulle braccia, mi violenta ancora. Finisco sulla strada. Ho paura”.

Questa è la storia che Gabriela ha narrato al procuratore di Roma Roberto Staffa. Questa è una delle tanta tragedie umane che dovrebbero apparire ogni giorno sulle prime pagine dei giornali, accanto agli articoli che parlano di prostituzioni a cinque stelle, per far capire, a chi possiede ancora il senso dell’umano, il significato profondo di questo fenomeno criminale che viene considerato, da una grande maggioranza dei maschi italiani, come un’assoluta normalità. Perché per la nostra cultura è normale avere rapporti mercenari con una ragazza che si trova per strada, anche se si potrebbe capire subito che è una minorenne. La cronaca, che parla solo la prostituzione patinata, appare incapace di andare al nocciolo di questi drammi.

Ci proviamo noi sbattendo in faccia agli uomini italiani storie tragiche come questa, raccontate dalle vittime, e dicendo loro che un rapporto mercenario, che è sempre un rapporto di violenza inaudita su un essere umano, lo è ancor di più se la ragazza, con la quale il buon padre di famiglia, trova, quello che abitualmente viene chiamato ‘sfogo sessuale’, è una di queste ragazze rese schiave da aguzzini feroci.
Se certamente vi è una violenza fisica maggiore tra le ragazze di strada e le altre che frequentano abitualmente  i luoghi della politica, è certamente anche vero che la violenza psichica è la stessa, come sottolinea brillantemente lo psichiatra Beniamino Gigli, nell’articolo ‘Delitti e malattia mentale’ che appare nella nostra rubrica ‘Cronache dal sottosuolo’. Bisogna precisare, dice nell’intervista lo psichiatra, che: “ … dobbiamo subito precisare che nei rapporti mercenari non viene espressa alcuna sessualità. Le prostitute che vediamo sulle strade sono donne provenienti sempre più spesso dall’estero, portate in Italia con l’inganno e la promessa di un lavoro onesto. Si ritrovano  invece segregate  e sottoposte a violenze continue da parte di organizzazioni criminali che per fare soldi  non esitano a  distruggere l’identità  della persona. Sono donne ridotte in stato di schiavitù, che vivono nel  terrore, e paradossalmente, per salvarsi evitano di chiedere aiuto.(…) Ora c’è da chiedersi cosa significa andare con queste ragazze, usare il corpo di chi ha la mente distrutta e non ha alcun desiderio. Evidentemente dobbiamo pensare che anche i cosiddetti clienti,  per non vedere tutto questo, debbono presentare una cecità psichica (…) Quando la  mente umana perde le dimensioni di fantasia e di affettività che rendono la sessualità realtà di rapporto vero, e si annulla dietro un corpo che reclama sfoghi e masturbazione, possiamo pensare indubbiamente ad una mente malata.”

È bene dirlo e ripeterlo che quando un uomo ha rapporti mercenari con una ragazza che non sta bene mentalmente perché, per vari motivi, è  costretta a prostituirsi, è un malato di mente violento. Ed è chiaro che chi vende la sua ‘anima’, arruolando prostitute per le feste di Arcore, almeno questo è il reato che gli viene contestato dai giudici di Milano, poi stia male psichicamente: “ … sta roba è una roba che ti rovina la vita, ti rovina i rapporti, ti logora … devi avere un pelo sullo stomaco come una casa” queste frasi sono prese da un’intercettazione telefonica, pubblicata da La Repubblica, e a parlare è Nicole Minetti. Quindi è chiaro che in queste persone, che non hanno ancora buttato nel cesso la propria identità umana, vi è una sofferenza psichica invisibile che si palesa in queste ‘confessioni’ della Minetti all’amica Barbara Faggioli.

Certamente c’è chi invece ha passato il guado che separa l’umano dal disumano diventando, di fatto, uno schizoide violento, e quindi un lucido malato di mente. Se fosse una persona sana di mente, e non violento, non userebbe una donna come fosse un cesso nel quale urinare a pagamento. E questo vale anche per coloro che usano mogli e fidanzate come fossero bambole gonfiabili.
Ci dispiace usare parole così crude per raccontare queste tragedie, ma certamente questo può servire per far capire che quello che, per acquietare gli ipocriti benpensanti, viene chiamato ‘il più antico mestiere del mondo’ , in realtà nasconde una violenza terribile all’identità femminile, sia che questo crimine umano venga consumato squallidamente in macchina, sia che venga consumato, ancor più squallidamente, nelle stanze di uomini politici.

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