Il Quirinale in attesa dei numeri per un nuovo governo

ROMA – Ce la farà Pier Luigi Bersani a salire al Colle, giovedì, portando il numero magico di 158 senatori pronti a votare il suo governo? Interrogativo destinato a rimanere senza risposta, al momento: le forze politichevedranno il segretario preincaricato nella giornata di domani, e magari arriverà qualche segnale di chiarezza. 

Al momento al Quirinale sembra prevalere la linea già indicata dal discorso con cui venerdì scorso ha motivato il conferimento a Bersani dell’incarico di verificare «l’esistenza di un sostegno parlamentare certo» per consentire la formazione di un governo attraverso la fiducia delle due Camere. Difficilmente cioè si accetterebbe un passaggio ‘al buiò del governo.

Giovedì, toccherebbe quindi al leader Pd il compito di sciogliere la ‘preriserva’, dire cioè se le consultazioni hanno dato esito positivo facendo individuare una maggioranza certa o se invece hanno dato esito negativomostrando che tale maggioranza non esiste: tertium non datur. È vero che esiste il precedente del governo Andreotti del 1976, quando il governo nacque grazie all’astensione del Pci, ma tale astensione fu annunciata e quindi esplicita. Se cioè uno o più gruppi annunciassero nelle consultazioni la loro volontà di astenersi sulla fiducia al governo Bersani, l’esecutivo potrebbe nascere. Ma se i voti non ci fossero e restasse solo la speranza di trovare la fiducia con astensioni dei singoli non dichiarate, difficilmente il Capo dello Stato potrebbe dare il suo consenso. Al Quirinale non si valutano al momento subordinate o piani B. Una volta incaricato Bersani di verificare l’esistenza di una maggioranza, si attende di avere l’esito di queste consultazioni per analizzare ogni ipotesi.  Dunque si respinge ogni valutazione su eventuali ‘governi del presidentè e dunque nemmeno si anticipa se in caso di fallimento del tentativo di Bersani si debbano svolgere o meno nuove consultazioni. I precedenti, tra l’altro, sono ambivalenti. A volte si sono effettuate e a volte no. Nella Costituzione si prevede solo che in caso di scioglimento delle camere debbano essere sentiti, prima di tale decisione, i presidenti delle Camere. Le consultazioni sono una prassi, assai consolidata, ma non codificata.

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