Federalismo. Dietro la bocciatura di Napolitano un Governo sotto doppio ricatto

ROMA – Un premier sotto doppio ricatto: quello delle “signorine” che frequentano le sue festicciole e ne denunciano il “culo flaccido”, gelose l’una dell’altra e facendo a gara a chi riesce a rimediare il regalo più sontuoso e quello di Bossi che gli impone di riunire il gran fretta un Consiglio dei ministri straordinario per emanare comunque il decreto sul federalismo municipale bocciato dalla “Bicameralina” che la stessa Lega aveva voluto con la legge delega. Una procedura talmente frettolosa e spregiativa di qualsiasi rapporto equilibrato fra poteri costituzionali che è dovuto intervenire il Presidente della Repubblica con una lettera indirizzata al premier di una durezza senza precedenti.

Chissà cosa direbbe adesso il sottosegretario Roberto Castelli che giovedì sera, a “Annozero”, faceva mostra della sua sapienza giuridica dicendo a tutti “Ma leggete la legge n. 42!”. Ecco, Napolitano lo ha fatto attentamente ed ha sottolineato come non si sia perfezionato  “il procedimento per l’esercizio della delega previsto dall’art. 2, commi 3 e 4, della legge n. 42 del 2009”, vale a dire un procedimento che la stessa maggioranza aveva previsto e che poi non ha rispettato. Non solo, ma il Presidente obietta che il Governo ha mancato “di esporre sia alle Camere sia alla Conferenza unificata le ragioni per le quali ha ritenuto di procedere in difformità dai suindicati orientamenti parlamentari e senza aver conseguito l’intesa nella stessa Conferenza, come risulta dal verbale in data 28 ottobre 2010”. Insomma, il Presidente ha letto la legge n. 42, come invitava a fare Castelli ad “Annozero” ed è stato peggio per la Lega, perché ha rilevato due gravi anomalie procedimentali, tali da rendere impossibile la promulgazione del decreto legislativo (leggi l’articolo di Mazzamati qui sotto).

Certamente non è la prima volta che questo Governo inefficiente e attanagliato dai ricatti mostra di non rispettare le più elementari norme di procedimento. Nel caso della cosiddetta “riforma” Gelmini dell’istruzione superiore, ad esempio, i forsennati tagli voluti da Tremonti (sul monte ore settimanale e sulla riduzione degli organici) sono entrati in vigore immediatamente, cioè prima che si concludesse il procedimento di approvazione dei regolamenti attuativi (che concludono il procedimento di entrata in vigore di un testo legislativo), una cosa mai avvenuta nella storia democratica della nostra Repubblica.

Il centro-destra berlusconiano mostra con evidenza una totale mancanza di rispetto verso qualsiasi prassi costituzionale e perfino nei confronti di norme di legge che lui stesso approva propagandandole come “rivoluzione epocale”, “svolta storica”, “conseguenza del più grande Presidente del consiglio della storia italiana”, salvo poi eccepire fumose quanto ridicole osservazioni sulla supposta “mancanza di imparzialità” del Presidente della Camera. Per Berlusconi e i suoi gerarchi, infatti, procedimenti e rapporti fra istituzioni sono aspetti vuoti, formalistici, che fanno parte – per usare l’incolto modo di parlare del premier – del “teatrino della politica”. Ciò che conta è la sostanza e la legittimazione popolare: il voto di una minoranza di italiani, infatti, che consente a questi tristi figuri di sfasciare il Paese per effetto della legge elettorale, secondo loro permette anche lo stravolgimento degli iter di procedimento legislativo, il vero e proprio “cuore” di qualsiasi democrazia.

La convocazione di un Consiglio dei ministri appositamente riunito per emanare in ogni caso un decreto legislativo la cui materia sostanziale era stata respinta dal Parlamento rientra in questa nuova prassi antidemocratica e foriera di conseguenze nefaste per le libertà civili. Lo stesso Presidente Napolitano lo sottolinea nella chiusa della sua lettera: “Né posso sottacere che non giova ad un corretto svolgimento dei rapporti istituzionali la convocazione straordinaria di una riunione del Governo senza la fissazione dell’ordine del giorno e senza averne preventivamente informato il Presidente della Repubblica, tanto meno consultandolo sull’intendimento di procedere all’approvazione definitiva del decreto legislativo”.

Il fascismo latente di questa maggioranza, con il propellente della Lega, emerge come un liquame sullo sfondo di un Paese oramai sfibrato, indignato, tramortito non soltanto dalla insipienza dei suoi governanti ma dalla rapacità delle loro procedure, che ancora una volta non riescono a nascondere il totale disprezzo verso ogni regola di civiltà e convivenza. Un governo che vede nel bunga bunga il suo più notorio marchio di fabbricazione ed emblema nel mondo di quella parte di italiani che lo sostengono.

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