
ROMA – Il 62,3% delle famiglie italiane vanno a fare la spesa nei «luoghi di distribuzione a prezzi più contenuti e riducono quantità e qualità dei prodotti acquistati».
Lo rivelano i dati Istat citati oggi dal presidente Enrico Giovannini durante l’audizione sul Def davanti alle Commissioni speciali di Camera e Senato. Si tratta di un aumento del 9 punti percentuali in 12 mesi.
Giovannini ha poi sottolineato che «la crisi degli ultimi cinque anni sta modificando in profondità i modelli di consumo delle famiglie» e che la punta massima del fenomeno di coloro che si rivolgono ai discount per fare la spesa «si è verificata nel Mezzogiorno (dal 65% al 73%), ma in termini incrementali si sono avute variazioni anche più ampie al Nord, dove il salto è stato di quasi 10 punti percentuali (dal 46% al 55,5%), e al Centro (dal 53% a quasi il 62%). Secondo quanto rivelano i dati Istat, aumenta, inoltre, la quota di famiglie che acquistano generi alimentari presso l’hard discount (dal 10,5% al 12,3%), soprattutto nel Nord (dall’8,5% al 10,9%) dove, del resto, queste forme di distribuzione sono maggiormente diffuse.
Ferderconsumatori: Famiglie allo stremo
I dati diffusi oggi dall’Istat rispecchiano una situazione che peggiora di giorno in giorno. “Le famiglie sono ormai allo stremo e, come denunciamo da anni, per far fronte ad una situazione di crescente difficoltà, stanno modificando in maniera radicale le proprie abitudini, persino quelle più elementari.” – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef. Siamo arrivati al punto che, a causa della drastica riduzione del proprio potere di acquisto, queste ultime sono costrette persino a rinunciare alle cure mediche: stando ad un rapporto del CENSIS sono oltre 9 milioni i cittadini che hanno abbandonato le cure perché non sono più in grado di sostenere le spese.
Per non parlare, poi, dei consumi: secondo le stime O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, nel biennio 2012-2013 segnano una contrazione del -6,9%, pari ad una caduta complessiva della spesa di 49 milioni di Euro. particolarmente grave la crisi del settore alimentare, che come ben noto è sempre l’ultimo ad essere intaccato in una situazione di crisi. Ormai, oltre a mettere sempre più in secondo piano l’aspetto fondamentale della qualità, le famiglie tagliano anche sulla varietà del proprio menu. Carne e pesce sono ormai un lusso che solo in pochi si possono permettere, riprendono piede, inoltre, le vecchie tradizioni e ricette per la produzione di pane, pasta e dolci fatti in casa. In una situazione simile, aggravata dal clima di forte incertezza ed instabilità politica, la ripresa della fiducia dei consumatori attestata dall’Istat non può essere reale. Continuiamo a sostenere che tali dati, sicuramente rilevati in qualche assolato paradiso fiscale, non fanno bene al Paese ed all’economia. Bisogna fare i conti con la grave situazione che il Paese si trova di fronte, per individuare le soluzioni più opportune ed imprimere una svolta decisa e radicale alla politica economica, puntando su crescita ed occupazione. Sono queste le parole chiave per uscire dalla crisi. Per questo è fondamentale ed urgente intervenire con misure concrete, quali: 1. un serio piano di rilancio economico, a partire dalla ripresa degli investimenti per lo sviluppo tecnologico e la ricerca; 2. un allentamento dei patti di stabilità degli Enti Locali, per dare possibilità di intervento per il rilancio occupazionale; 3. l’ eliminazione dell’aumento dell’IVA previsto a partire da luglio; 4. lo slittamento della Tares almeno al 2014.


