Governo. Va in scena la farsa della riforma dell’articolo 41 della Costituzione

ROMA – La farsa della riforma dell’articolo 41 della Costituzione è andata oggi in scena in un Consiglio dei ministri nel quale il governo ha dato il via libera al disegno di legge costituzionale per la riforma, oltre che della norma citata, anche degli articoli 97 (riguardante la pubblica amministrazione) e 118 (sulle funzioni amministrative dei Comuni).

Nei piani dell’attuale maggioranza – come ha anticipato Berlusconi stesso nei giorni scorsi – ci sarebbe la volontà di “dare una frustata all’economia”, incentivando la libertà del mercato e delle attività produttive. Lo ha ribadito anche ieri sera il ministro Sacconi, non riuscendo comunque a formulare idee molto precise di fronte alle contestazioni nel merito del vicesegretario del Pd Enrico Letta.

L’insensata modifica dell’articolo 41 della Costituzione

Il “cuore” di questa frustata sarebbe un intervento restauratore di questa norma della Costituzione che, ad avviso del centro-destra, impedirebbe il libero svolgersi delle forze economiche nazionali. In altri termini, l’articolo 41 rappresenterebbe una massa di lacci e lacciuoli che stritolano l’impresa. La miopia costituzionale dei proponenti appare massiccia se solo si pensi al fatto che la norma sotto accusa sancisce semplicemente un principio cardine dei sistemi economici evoluti: quello per cui l’attività economica “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. C’è forse qualcuno che può dirsi in disaccordo con un principio del genere?. L’ultimo comma dell’articolo dispone che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali” ed è forse quello maggiormente contestato dai “liberisti alle vongole”. Il ministro Sacconi ha spiegato ieri sera che i controlli si faranno ma “ex post”, cioè dopo aver lasciato libero il nuovo imprenditore di esercitare la sua attività economica. Ciò potrebbe significare, ad esempio, aprire un supermercato senza le uscite di sicurezza obbligatorie o senza i sistemi antincendio, oppure con gli impianti elettrici non a norma. Oppure fornire ad un soggetto colluso con la camorra o con la mafia la libertà di impresa senza un controllo preventivo sulle sue società o l’esibizione della documentazione antimafia nel caso di partecipazione a gare di appalti pubblici.

Le liberalizzazioni di Bersani

Come sempre, quando si parla di programmi sostanziali da parte di questa maggioranza, ci si scontra con verità completamente rovesciate ed adattate ad una platea che si suppone incapace di comprendere. Le più efficaci liberalizzazioni negli ultimi anni, in Italia, le ha compiute il governo Prodi e, in particolar modo, il ministro Pierluigi Bersani. Esse riguardavano soprattutto il settore assicurazioni, le banche e gli ordini professionali. Sono state smantellate tutte d’un colpo da Berlusconi e Tremonti. La vendita di farmaci da banco anche nei supermercati è stata progressivamente abolita, così come è stato reintrodotto il regime della tariffa minima imposta dagli ordini professionali (avvocati). Tutto ciò su richiesta nemmeno tanto velata da parte di quegli stessi ordini professionali che sono il nerbo dell’elettorato berlusconian-tremontiano.

Ieri sera, non senza vergogna, Maurizio Sacconi ha ridisegnato l’immagine di un Vincenzo Visco “commissario del popolo” che aveva introdotto un regime di controlli per chiunque chiedesse l’apertura di una partita Iva, senza specificare (e qui sta la somma scorrettezza) che tale provvedimento era stato dettato dall’esigenza di impedire che l’apertura di una partita Iva nascondesse un rapporto di lavoro dipendente evadendo i contributi sociali obbligatori per legge. Ovviamente, la norma è stata abrogata dall’attuale maggioranza e il fenomeno di migliaia di giovani costretti a tenere i libri Iva pur lavorando per un solo committente è in fortissima espansione, soprattutto nel settore informatico e commerciale.

Riapprovate provvedimenti in stand by da anni

Ma la cosa più ridicola è che in Consiglio dei ministri sono stati riapprovati provvedimenti decisi già da svariati anni, come il fantomatico Piano casa (dal giugno 2008 sono stati annunciati ben quattro Piani casa senza portarne a compimento uno). Brunetta ha specificato che la modifica dell’articolo 97 della Costituzione darebbe il via all’irruzione della meritocrazia e della trasparenza nella pubblica amministrazione, progetto già ampiamente fallito con la sua strombazzata riforma. Il “Piano per il Sud”, di cui si parla da tempo immemorabile, soprattutto dopo la costituzione della “Banca del Sud” affidata in gestione a “Poste italiane” e mai partita nella realtà, avrebbe ora nuovo slancio. Raffaele Fitto ha specificato che ci  “sarà una chiusura definitiva della ricognizione delle vecchie risorse e un confronto definitivo con le regioni”. Vecchie risorse, ha mancato di precisare, che sono state detratte e convogliate per tutt’altri scopi (si tratta dei Fondi europei utilizzati come bancomat da Tremonti per finanziare una serie di emergenze e quindi distratte proprio dal Meridione italiano).

Insomma, una farsa, un progetto depistante, ideato dallo stratega di corte Giuliano Ferrara per dimostrare che il Governo fa qualcosa di più, oltre ad organizzare bunga bunga. Fino a questo momento, il Paese, scrive Tito Boeri, ha dovuto accontentarsi “degli annunci, reiterati grazie all’occupazione dello spazio televisivo”. Ma l’incapacità del premier di uscire dalla ragnatela da lui stessa tessuta potrebbe portare gli italiani allo sbando.

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