Spagna. Dalle piazze al palazzo. Gli indignados verso un partito stile m5s?

MADRID – “Da due anni facciamo politica nelle piazze. Perché non farla nelle istituzioni?”. Nubi all’orizzonte per la Politica spagnola “standard”. Pare infatti che sull’onda di quanto sta succedendo nelle altre democrazie europee anche gli “indignados” spagnoli siano sul punto di far convergere la rabbia delle piazze in più pacate partecipazioni nei palazzi del potere.

Un po’ sullo stile del movimento 5 stelle italiano. Che cerca di allontanare le speculazioni politiche. Ma anche Syriza, forza propulsiva di un riassetto sociale, seppur organizzata sotto forma di partito verticale.

L’ingresso dei movimenti sociali nella politica è il fulcro delle decisioni che da tempo animano gli attivisti delle varie piattaforme sociali spagnole. Un onda d’urto potenzialmente distruttiva che da tempo invade le piazze delle città spagnole per chiedere forme di assistenza al Governo Rajoy sul tema degli sfratti, ma più in generale nel welfare, sacrificato sull’altare dell’austerity. Ma anche nella denuncia verso il malfunzionamento delle istituzioni e del finanziamento a partiti. Tutti ingredienti pepati che mantengono la temperatura sociale spagnola ai massimi da almeno due anni e che potrebbero trovare altre forme di rappresentanza. Di questo peso si sta facendo carico la piattaforma 25s, quella dell’organizzazione delle rivolte del 25 settembre scorso. La stessa che ha coordinato quella dello scorso 25 aprile promossa da “En Pie!”. Un organizzazione sempre pronta a radunare folle e a gridare la rabbia verso la Politica inconcludente e pronta per fare un altro passo: quello della rappresentanza. Dalle piazze al Palazzo. Ma vera questione è: quale strada perseguiranno? Si mescoleranno a partiti o ne faranno uno?

Quello dei movimenti sociali è un serbatoio a cui in molti stanno facendo la ronda. Tra tutte quelle più al di fuori della cricca del potere: Izquierda Unida e Izquierda Anticapitalista alcune delle frange più estreme della sinistra parlamentare che stanno cercando di fare breccia nei cuori delle folle.

“Dobbiamo spingere con la mobilitazione sociale e il conflitto per far si che riusciamo a creare le condizioni di uno spazio comune per elaborare il progetto ci permetta di prendere il potere nelle istituzioni basate sul contro-potere popolare” è un estratto di quanto detto nelle riunioni, pubblicate anche sul web da Izquierda Unida.

Ma da questo tentativo stanno cercando di divincolarsi la piattaforma 25s, che stigmatizza le alleanze ufficiali, ritenendo altresì casuale la massiccia confluenza nelle riunioni nei vari quartieri di Madrid degli esponenti più radicali della politica. Un caso unito da una comunità di intenti e di vedute. Certamente incentrata sulla volontà di cambiare gli equilibri sociali. Ma la sensazione attuale è che da qui, a che si parli di un’alleanza o di confluenza politica di strada da percorrere ce n’è eccome.

Nonostante tutto c’è chi nota un cambio di posizione, un avvicinamento a doppio transito sia evidente. E’ da leggere in questo senso la chiamata dei partiti più radicali ai movimenti e delle piattaforme: come “Juventud sin futuro”, “Democracia Real Ya”, gli ecologisti del “Equo” e “Fruente Civico”. Tutti convocati in riunioni radicali. Così come la presenza nelle piazze delle rivolte e delle riunioni nei “barrios” nei movimenti sociali. Un tentativo di convergenza della linfa delle riunioni che da tempo affollano Madrid, sempre più numerosamente. Un tentativo di tentacolare Madrid e la sua forza centrifuga verso le altre regioni. Ci riusciranno?

Ma la situazione questa ibridazione è malvista dagli attivisti, forse timorosi di farsi defraudare il bottino costruito faticosamente in anni di rivolte sul campo. In molti pensano che sia una strategia, o un tentativo, di “fagocitare la forza propulsiva dei movimenti sociali per estrapolarne un reddito elettorale”. Insomma un duplice tentativo di neutralizzare l’ingerenza popolare con una partecipazione politica già rappresentativa. O meglio: un tentativo di risucchiare in un contesto tipicamente verticale il tentativo di una formazione di una rappresentanza orizzontale.

Su questo tentativo di inglobare la rivolta i movimenti sociali si stanno chiudendo a riccio, battendo il ferro sulla forma e non sulla sostanza del prossimo step: quello rappresentativo. Dobbiamo esplorare tutte le risorse” dice il portavoce di DRY Kiké Castello. “Dobbiamo creare uno spazio condiviso dalla cittadinanza incentrato sulla dissidenza anti-neoliberale attorno ad un programma comune” ha sentenziato altresì l’avvocato Ramón Hernández, un altro portavoce. Di tutta questa volontà partecipazione istituzionale se ne riparlerà a più riprese il prossimo giugno. Quando si stabiliranno le strategie da intraprendere. Ma da quello che emerge, dalle cronache delle piazze, dall’incapacità, comune ad altre democrazie, di dare una sterzata decisiva alla crisi, emerge che la politica è meglio che addrizzi le antenne. O meglio: occorre che il Partito Popolare e i Socialisti si diano una smossa sul versante della lotta all’esclusione sociale. Se si considerano le numerosissime manifestazioni in scena periodicamente in tutte la Spagna, ma soprattutto il seguito che da anni hanno questi collettivi, il rischio è che non ci sia urna che tenga. Se si organizzano son problemi veri. Per tutti.

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