Cgil, 63 anni per tornare ai livelli dell’occupazione del 2007

Barbi: “Serve un cambio di paradigma, partire dal lavoro per produrre crescita”

Diversi istituti di statistica prevedono che l’Italia intercetti la ripresa  verso la fine del 2014. Annunci di questo tipo si susseguono, malgrado il pessimismo  degli organismo economici internazionali, a partire dall’Ocse che mostrano molti dubbi sul momento in cui alla fine del tunnel torneremo a vedere la luce, come più volte aveva  annunciato il professor Monti quando guidava  il governo dei tecnici. Comunque prendiamo per buona la nuova previsione. Così ha fatto la Cgil. L’Ufficio economico della Confederazione di Corso d’Italia  ha effettuato, infatti, uno studio partendo da una domanda: quanto anni ci vorrebbero per recuperare il terreno perduto  nei cinque anni di crisi, recessione, più esattamente.

63 anni per recuperare il livello del Pil, mai quello dei salari

Lo studio di Riccardo Sanna ci dà risposte, a dir poco, agghiaccianti:  tredici anni per ritornare al livello del Pil del 2007, 63 anni per quello dell’occupazione. E per recuperare  il livello dei salari reali ? risposta ancora più agghiacciante: mai.  Molto indicativo il titolo dello studio: “La ripresa dell’anno dopo – Serve un Piano del Lavoro per la crescita e l’occupazione”.Vengono simulano alcune ipotesi di ripresa, nell’ambito delle attuali tendenze e senza che si prevedano modifiche significative di politica economica, sia nazionale che europea, per dimostrare la necessità di “un cambio di paradigma: partire dal lavoro per produrre crescita”.

Dal 2008 il Pil, rileva lo studio, perde mediamente 1,1 punti percentuali ogni anno mentre i posti di lavoro sono diminuiti di oltre 1,5 milioni rispetto al 2007. I salari lordi perdono lo 0,1% ogni anno (quelli netti lo 0,4%), la produttività è mediamente negativa del -0,2%, così come gli investimenti diminuiscono, sempre in media, di 3,6 punti l’anno. In questo quadro di riferimento si dovono innestare le previsioni macroeconomiche dell’Istat, a prescindere dalla congiuntura internazionale, e calcolare di conseguenza quanto tempo ci vorrà ancora per parlare di ripresa e recuperare il livello pre crisi.  Proiettando la ripresa calcolata dall’Istat,  moltiplicando nel tempo il tasso previsto per il 2014 (pari a un +0,7%) fino a raggiungere il livello 2007, dallo studio della Cgil emerge che il livello del Pil pre-crisi verrebbe recuperato nel 2026 (in 13 anni dal 2013): il tempo necessario per colmare il ‘gap’ di 112 miliardi tra il Pil del 2014 (1.380 miliardi) e del 2007 (1.492 miliardi). Il livello dell’occupazione, invece, soltanto nel 2076 (in 63 anni dal 2013), per tornare cioè alle 25.026.400 unità di lavoro standard nel 2007 dalle 23.531.949 del 2014 (-1.494.451 la differenza). Non si recupererà mai invece il livello dei salari reali mai: “In confronto con l’inflazione effettiva, cioè il deflatore dei consumi, la variazione è negativa nel 2014”, spiega lo studio. Infine il livello di produttività verrebbe recuperato nel 2017 (in 4 anni dal 2013) e il livello degli investimenti nel 2024 (11 anni dopo il 2013).

Le   previsioni collegate alla crescita

Se invece la crescita fosse quelle media del periodo 2000-2007 il Pil recupererebbe in 7 anni,ma se questo è lo scenario peggiore, lo studio Cgil prende in considerazione “ipotesi più ottimistiche” legate alla proiezione di un livello di crescita pari a quello medio registrato nel periodo 2000-2007, ovvero del +1,6%. In questo caso il risultato prevede che il livello del Pil, dell’occupazione e dei salari verrebbe ripristinato nel 2020 (7 anni dopo il 2013) mentre quello della produttività nel 2017 e il livello degli investimenti nel 2024 (12 anni dopo il 2013). Lo studio della Cgil calcola inoltre anche la perdita cumulata generata dalla crisi, cioè il livello potenziale di crescita che si sarebbe registrato nel caso in cui la crisi non ci fosse mai stata, e che è pari a 276 miliardi di euro di Pil (in termini nominali oltre 385 miliardi, circa il 20% del Pil).

Il “Piano del Lavoro” i recuperi in pochi anni

Uno studio in base al quale la Cgil, se ce ne fosse bisogno, ha tutti i titoli per rivendicare la centralità del lavoro. “Per uscire dalla crisi e recuperare la crescita potenziale occorre un cambio di paradigma- afferma il segretario confederale, Danilo Barbi – per non attendere che sia un’altra generazione ad assistere all’eventuale uscita da questa crisi, e ritrovare nel breve periodo la via della ripresa e della crescita occupazionale, occorre proprio partire dalla creazione di lavoro”. Barbi richiama  il “Piano del Lavoro”, la  proposta  della Cgil che  “si fonda proprio sull’idea di rispondere alla crisi globale e al declino dell’economia italiana attraverso un forte sostegno alla domanda, che avvenga proprio con un piano straordinario di creazione diretta di nuova occupazione, nuovi investimenti pubblici e privati, verso l’innovazione e i beni comuni. Con il ‘Piano del Lavoro occupazione recuperata in 3 anni e il Pil in 4”

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