ROMA – L’astensionismo ci ricorda che permane una gravissima crisi di fiducia nei confronti della politica. Questa volta lo stesso M5S ne paga le conseguenze con un drastico ridimensionamento dei voti presi pochi mesi fa. Anche il comico è messo al pari degli altri che lui vorrebbe eliminare.
È evidente che il perdurare della crisi economica, ecologica e morale alimenta la sfiducia e l’astensionismo. Anche in questa difficile situazione il centro sinistra si conferma riferimento certo per gran parte dell’elettorato. Il voto evidenzia sia la lunga crisi del berlusconismo, sia quella del rigorismo montiano. Berlusconi e la Lega sono stati ridimensionate in tutta Italia per le loro responsabilità, non perdonabili, verso la crisi economica e morale, e, come a Roma, per il bassissimo livello di capacità di governo e la palese inaffidabilità morale.
Anche le forze del rigorismo a senso unico del centro “tecnico” da questo voto sono state a dir poco penalizzate. È veramente curioso che quei giornali che avevano tessuto gli elogi di Monti ora non dicano nulla su dove sono andati a finire i suoi voti.
Il Partito Democratico arretra sensibilmente in termini di voti assoluti, tuttavia si conferma la più grande forza nazionale, perno delle alleanze che, ovunque, prevalgono nel primo turno sul centro destra e i grillini, e continua ad essere centrale per il buon governo locale e per la prospettiva di cambiamento del paese. Non era affatto detto che sarebbe andata così. Il voto era un test importante.
La tenuta del Pd non era affatto scontata
La tenuta elettorale non era affatto scontata dopo il male che ci siamo fatti e il discredito ricavato dall’elezione del Presidente della Repubblica e, poi, con la difficile assunzione di responsabilità appoggiando il governo di necessità Letta. Ha molto contribuito la presenza di candidati seri, capaci e onesti. Ha aiutato anche il riconoscimento degli estremi tentativi fatti da Bersani per formare un governo di cambiamento e il ricordo di come i grillini abbiano negato all’Italia questa occasione. Di fronte alla fuga dei voti dal M5S forse sarebbe utile che quel mondo invece di prendersela con gli altri si ponga domande sulle sue scelte. Certo ci vuole coraggio per farsi l’autocritica, coraggio che non serve quando si insulta e si discredita tutto e tutti.
Il PD ha raccolto una fiducia più che sufficiente per rilanciare la battaglia per il cambiamento. Ma nessuno dovrà confondere questo voto come lo sbocco politico della transizione italiana. La partita è tutta aperta: Letta è chiamato ad essere incisivo contro la recessione e la disoccupazione giovanile e non, e deve far ripartire le imprese; i democratici non possono stare a guardare ma mobilitarsi con i loro ministri e parlamentari e soprattutto con il suo popolo nella società. Altro che cedimenti alle destre.
Questa fase politica di equilibrio instabile richiede un PD in piedi e unito, un PD nuovo ,in grado di promuovere, come propone Epifani, un’ampia e capillare riflessione e discussione politica tra gli iscritti e il nostro elettorato. Occorre pertanto decidere di stare nel paese in modo aperto e organizzare il confronto per mettere in pista una vera e propria “Costituente delle idee” che dal basso arrivi al centro: saranno le idee di tutti i democratici a ricostruire il partito democratico, non l’uomo della provvidenza (cioè quello imposto nei mass media). Serve un grande momento di partecipazione sulla politica e non sulle candidature, che verranno dopo al momento giusto, per ricompattare una identità e una visione comuni. È così che si apre il congresso (parola neppure scritta nello statuto) e che non dovrà più essere un votificio “ a prescindere”.
Punti fermi su alcune questioni di fondo
È arrivato il momento, quindi, di mettere dei punti fermi su alcune questioni di fondo nuove o che ci siamo trascinati nell’ambiguità per 5 anni: a) sulla identità di sinistra plurale, b) sulla collocazione europea nel campo delle forze antiliberiste e socialiste, c) sul nuovo centro sinistra, d) sul superamento di una vocazione moderata che ci ha penalizzato, e) sulla nostra idea di sviluppo sostenibile enunciato e malamente perseguito, f) sul valore della democrazia partecipata, questione essenziale per la soluzione della crisi di fiducia e perno per qualsiasi riforma del sistema parlamentare, g) sul modo d’essere del partito liberandolo dai lacci delle correnti, dalla malattia della personalizzazione e del plebiscitarismo.
Il cuore del PD deve essere la partecipazione organizzata alla politica, con iscritti che decidono, gruppi dirigenti diffusi plurali ma uniti, elettorato attivabile. La rinascita del PD ci sarà se sapremo decidere e realizzare un partito società, presente nella rete, nei territori,aperto e fiero di se stesso.