Ilva, Bondi commissario per 36 mesi

 ROMA – Sarà Enrico Bondi il commissario straordinario chiamato a risanare l’Ilva per i prossimi 36 mesi.

Lo ha confermato il ministro per gli Affari Regionali Graziano Delrio, lasciando palazzo Chigi. “Stanno definendo gli ultimi dettagli” del decreto, ha spiegato il ministro. 

La cronaca di oggi

 “La decisione è di convocare oggi il Governo per un decreto che preveda un commissariamento temporaneo dell’Ilva, che consentirà di gestire l’azienda attuando l’Aia”, ha dichiarato il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, prima di entrare nell’Aula della Camera per riferire sul caso Ilva. Il decreto, che ”e’ ormai definito”, verra’ adottato, ha aggiunto Zanonato, ”nel primo pomeriggio” e prevede ”la sospensione dei poteri degli organi societari e la nomina del commissario. Al termine di questa fase di gestione eccezionale e straordinaria potranno essere ricostituiti gli ordinari organi di amministrazione restituendo alla proprieta”’ i suoi poteri. Dalle decisioni che vengono prese sull’Ilva, ha concluso Zanonato, ”dipende il futuro della siderurgia italiana e piu’ in generale la credibilita’ del nostro Paese”. Riferendo in Aula, il ministro dello Sviluppo ha poi esclamato: “Siamo consapevoli che il risanamento non può essere condotto con la necessaria convinzione da chi ha determinato l’allarme ambientale di cui stiamo discutendo e che mette a rischio tante persone”.  Un’eventuale chiusura dell’Ilva di Taranto “avrebbe un impatto economico negativo per 8 miliardi di euro annui”, ha continuato Flavio Zanonato, alla Camera. Tuttavia, ha aggiunto spiegando i motivi che hanno portato alla decisione di procedere con un commissario a tempo, “gli investimenti pur realizzati in questi anni non sono stati sufficienti a riequilibrare il rapporto tra produzione, salute e ambiente”, visto che “molte disposizioni totalmente o parzialmente disattese dall’azienda”. Pertanto, ha proseguito, “sono cresciute le legittime preoccupazioni dei cittadini”, con i rischi derivanti per lo sviluppo del Paese da un “sentimento antindustriale”. La questione, quindi, va “affrontata con la consapevolezza che l’azienda rappresenta per il territorio e per l’economia nazionale”, visto che “il polo di Taranto è uno dei principali in Europa” e occupa “12mila addetti diretti con indotto integrato verticalmente che porta l’occupazione diretta a oltre 15mila unità più 9.200 unità legate all’indotto”. La chiusura, quindi, “avrebbe conseguenze gravi”: l’impatto economico di 8 miliardi è la risultante di “circa sei miliardi relativi alla crescita delle importazioni, 1,2 miliardi per il sostegno al reddito e i minori introiti per l’amministrazione pubblica e circa 500 milioni in termini di minore capacità di spesa per il territorio direttamente interessato”. L’importanza strategica, però, “non può far venire meno gli obblighi di tutela ambientale”. Il governo, pertanto, “tende ad adottare tutte le operazioni utili a salvare l’ambiente nella consapevolezza che l’interruzione della produzione peggiorerebbe la situazione rendendo impossibile la bonifica dei siti inquinati”. C’é insomma l’esigenza di “assicurare la continuità del processo produttivo e gli interventi bonifica ambientale”, perché “il governo è convinto che la prosecuzione dell’attività industriale rappresenti la condizione preliminare e necessaria per la realizzazione degli inevestimenti necessari per l’ambiente”.

Il gip: via libero ad uso impianti

Intanto, il gip del Tribunale di Taranto Patrizia Todisco – va ricordato – ha concesso all’Ilva la facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo sequestrati per inquinamento il 26 luglio 2012, pur confermando il sequestro. Il provvedimento è stato notificato dai carabinieri del Noe di Lecce all’azienda e ai quattro custodi giudiziari. Con il provvedimento il gip ha sciolto la riserva del gennaio scorso, quando aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale su numerose norme della legge 231 cosiddetta ‘Salva Ilva’, che la Consulta ha ritenuto in parte inammissibili e in parte non fondate. Il giudice ha inoltre confermato nel loro ruolo i custodi giudiziari degli impianti dell’area a caldo (Barbara Valenzano, Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Mario Tagarelli), disponendo che i custodi stessi e i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce eseguano una serie di controlli verificando i sistemi di monitoraggio e le emissioni degli impianti. Su queste ultime disposizioni è previsto che gli organi di controllo debbano relazionare a scadenze ravvicinate. La facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo sequestrati, concessa dal gip all’Ilva, “potrà non essere consentita dall’autorità giudiziaria”, come affermato dalla Consulta, nel caso in cui “nel futuro vengano trasgredite le prescrizioni dell’Aia riesaminata”, scrive sempre il gip nell’ordinanza. Per il giudice, ‘eventuali proroghe all’Ilva, da parte dell’autorità competente, per adempiere alla prescrizioni dell’Aia riesaminata “non potrebbero essere concesse senza realizzare un obiettivo sbilanciamento nella tutela dei diritti in gioco, a detrimento del diritto alla salute e all’ambiente salubre”.

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