Berlusconi, non c’è impedimento. L’ira del cavaliere, il Pdl in trincea

ROMA – Le speranze dei maggiorenti del Pdl sono andate in fumo quando in serata la Corte Costituzionale ha detto no al legittimo impedimento per Silvio Berlusconi, all’epoca dei fatti Premier, a partecipare all’udienza del processo Mediaset.

Nei fatti la Corte ha respinto il conflitto di attribuzione tra poteri sollevato da Palazzo Chigi nei confronti del tribunale di Milano, dove era allora in corso il procedimento, nell’ambito del quale il leader del Pdl è stato condannato in primo grado e in appello a 4 anni di reclusione e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. A questo punto le probabilità che la Cassazione possa annullare il procedimento si riducono al lumicino e la condanna per l’ex Premier appare sempre più concreta. La riunione del Cdm – spiega la Consulta – non è un impedimento assoluto”. Si legge nella sentenza: “Spettava all’autorità giudiziaria stabilire che non costituisce impedimento assoluto alla partecipazione all’udienza penale del 1 marzo 2010 l’impegno dell’imputato Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi di presiedere una riunione del Consiglio da lui stesso convocata per tale giorno”, che invece “egli aveva in precedenza indicato come utile per la sua partecipazione all’udienza”.

La reazione stizzita del Cavaliere non si fa attendere: “Tentano di eliminarmi dalla politica, ma vado avanti, confermo leale sostegno al governo. L’odierna decisione della consulta, che va contro il buon senso e tutta la precedente giurisprudenza della corte stessa, non avrà alcuna influenza sul mio impegno personale “. Anche i ministri del Pdl si dicono “allibiti e preoccupati, ci stiamo recando tutti da Berlusconi” affermano in coro.
Piero Longo e Niccolò Ghedini, legali di Silvio Berlusconi, criticano duramente la decisione della Consulta sull’ex premier. “I precedenti della Corte Costituzionale in tema di legittimo impedimento sono inequivocabili e non avrebbero mai consentito soluzione diversa dall’accoglimento del conflitto proposto dalla presidenza del Consiglio dei Ministri”, assicurano. Per poi aggiungere: “Evidentemente la decisione assunta si è basata su logiche diverse che non possono che destare grave preoccupazione”.
Duri i toni del vice capogruppo di Palazzo Madada Gasparri: “Qualora ci fosse un epilogo negativo (del processo) e, per noi di inaccettabile valore politico, avremmo tutto il diritto di assumere iniziative come, in ipotesi, le dimissioni di tutti i parlamentari Pdl”, ha minacciato.
A gettare acqua sul fuoco, invitando a non mischiare il giudizio delle toghe con la tenuta del governo di larghe intese è stato il compagno di partito Giancarlo Galan, presidente della commissione Cultura della Camera. “Se Berlusconi fosse interdetto dai pubblici uffici non mi dimetterei. Credo che Gasparri – continua Galan – non esprima il sentimento comune e non dica quello che, ad esempio, io penso e cioè che, anche se si fa fatica, le vicende giudiziarie sono qualcosa di diverso”.

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