TRIPOLI – Lo stato libico è in preda ad una protesta che non ha precedenti.
Una vera e propia insurrezione popolare che sta interessando da settimane tutto il nord africa contro un sistema dittatoriale e corrotto con la conseguente sperequazione delle risorse, ora non più sostenibile dalle popolazioni locali. Lo abbiamo visto in Tunisia, poi in Egitto ed ora è la volta della Libia e il suo leader Muammar Gheddafi, al potere dal 1969, il despota tanto osannato da Silvio Berlusconi. Il colonnello sta tentando con tutte le forze di resistere all’avanzata dissidente ed è partita una repressione feroce.
Hassan Al Jahmi, libico esiliato in svizzera e autore di un appello su Facebook alla «Giornata della collera del 17 febbraio» in Libia, ha avvertito che i mercenari africani del regime di Gheddafi sarebbero pagati addirittura 12 mila dollari per ogni persona uccisa. E ogni figlio di Gheddafi avrebbe un proprio contingente militare. Insomma in tutto 30mila militari addestrati pronti a colpire il cuore della protesta, ad uccidere i loro connazionali pur di mantenere inalterata la situazione nel paese.
Dalle notizie che giungono dal paese sottoposto a censura, si calcola che i manifestanti anti regime rimasti uccisi durante le proteste siano saliti a 100. Almeno questo è un primo conteggio approssimativo compiuto dall’Afp. Ma il bilancio potrebbe essere molto più grave in quanto nel paese sono stati sospesi tutti i servizi internet rendendo difficile la diffusione di notizie.
Tuttavia tra le poche notizie che filtrano compaiono le foto crude rubate coi telefonini, e poi divulgate attraferso su YouTube. Immagini diventate già il simbolo di un mondo dove mettere tutto a tacere diventa impossibile. Si vedono foto di cortei e manifestanti a terra in un bagno di sangue. E c’è già chi pensa che la guerra civile sia alle porte.