Tripoli circondata dalle truppe di Gheddafi. Bombardati i manifestanti. LA DIRETTA

ULTIMORA: Unità dell’esercito libico, aiutate da uomini armati africani venuti dall’estero, avrebbero circondato il centro di Tripoli. Secondo quanto riferiscono testimoni presenti nella capitale, citati dalla tv araba ‘al-Jazeerà, in queste ore pattuglie di cosiddetti ‘mercenari africanì starebbero girando per le strade della città, mentre ripetuti raid aerei sarebbero stati effettuati contro i manifestanti nella zona del mercato di al-Jumua. Secondo la tv concorrente ‘al-Arabiyà il battaglione dell’esercito denominato ‘Mohammed al-Maqrif’ , presente a Tripoli, sarebbe passato invece con i manifestanti.

Gli ambasciatori libici in Cina, Gran Bretagna, Indonesia, Polonia, India e presso la Lega Araba si sono dimessi dalle loro funzioni. Lo riferisce la tv satellitare Al Jazira.

Frattini finalmente condanna le violenze di Gheddafi

«L’Italia – ha tenuto a precisare Frattini, replicando a chi gli chiedeva conto della nostra posizione, considerata più moderata rispetto a quella di altri – si riconosce nelle conclusioni. Ognuno, per le sue relazioni e per la sua storia, ha fatto la sua parte». «Abbiamo fatto la nostra parte», ha insistito il titolare della Farnesina, incalzato dalle domande se il governo avesse in qualche modo contattato il colonnello Muammar Gheddafi. «L’impostazione della discussione di oggi a Bruxelles – ha continuato il ministro in una conferenza stampa – soddisfa le attese italiane». Intanto, ha elencato Frattini, perchè «si è affermato che ogni Paese è diverso dall’altro, non possiamo accostare la situazione della Tunisia a quella dell’Egitto, quella della Libia a quella dello Yemen o del Bahrein». Per questo, secondo il ministro, che si è dilungato nell’analisi dell’origine della rivolta in Cirenaica, dove le tribù locali sono tradizionalmente ostili a Gheddafi e dove c’è una forte presenza di «gruppi radicali islamisti», «la specificità delle singole situazioni richiede proposte che si attaglino alla realtà di ciascun Paese». Inoltre, è emerso con chiarezza che «l’Europa non può e non deve esportare il proprio modello, ma accompagnare i processi di transizione democratica senza approcci paternalistici, deve rispettare, non interferire, aiutare la transizione pacifica». Infine, c’è stata «l’adesione ad alcune suggestioni sulla capacità di cambiare l’approccio finora settoriale verso il Mediterraneo».

Sassoli (Pd): “Da Frattini parole scellerate”

«Le affermazioni del ministro Frattini sono scellerate. Come può un ministro degli Esteri affermare, di fronte a quanto sta accadendo in Libia, che l’Europa non può scegliere i propri interlocutori?». Lo afferma a nome della delegazione Pd al Parlamento europeo, il presidente David Sassoli. «Ha forse dimenticato Frattini – aggiunge Sassoli – che il governo di cui oggi fa parte ha trascinato l’Italia in una guerra unilaterale, dicendo che era per esportare la democrazia in un paese vessato da un feroce dittatore?» «La verità è che l’Italia è piegata agli interessi di Berlusconi, sia in patria che all’estero. Ma pretendere di trascinare l’Europa in una simile, sciagurata logica, è inaccettabile.L’Europa vada avanti nel chiedere che cessino le violenze e sostenga il processo di cambiamento», conclude.

Ambasciata italiana invita i connazionali ad abbandonare il Paese

A seguito del rapidissimo degradarsi della situazione generale in Libia, nella tarda serata di ieri, l’Ambasciata italiana a Tripoli ha reiterato il suggerimento di lasciare il Paese ai connazionali a vario titolo residenti o temporaneamente presenti nel Paese. Lo si apprende alla Farnesina. Il ministero degli Esteri sta seguendo con estrema attenzione l’evolversi del quadro di sicurezza dei connazionali in Libia: sin dall’annuncio delle prime manifestazioni nel Paese nordafricano, attraverso l’Ambasciata d’Italia sono state inviate agli italiani, tramite diversi canali, informazioni preliminari di sicurezza e di carattere logistico. Con specifici annunci ed aggiornamenti del sito Viaggiare Sicuri e delle piattaforme di social network gestiti dall’Unità di Crisi si è progressivamente sconsigliato ogni viaggio nell’area, prima con riferimento alla sola Cirenaica, e successivamente a tutto il Paese.

Forze armate italiane in allerta

«In tutte le basi aeree italiane il livello di allarme sarebbe massimo in relazione alla crisi libica»: è quanto apprende l’ANSA da qualificate fonti parlamentari. Secondo le stesse fonti, una consistente quota di elicotteri dell’Aeronautica militare e della Marina militare in queste ore avrebbe ricevuto l’ordine di spostarsi verso il sud.

L’Ue condanna la violenza di Gheddafi

I ministri degli Esteri dell’Unione Europea riuniti a Bruxelles «condannano la repressione in corso contro i manifestanti in Libia, deplorano la violenza e la morte di civili», esortando «la fine immediata dell’uso della forza». E, come si legge nelle conclusioni del Consiglio affari esteri, chiedono che «alle legittime aspirazioni ed alle richieste del popolo per le riforme si risponda attraverso un dialogo guidato dai libici aperto, inclusivo, significativo e nazionale, che porti ad un futuro costruttivo per il Paese e per il popolo». «Noi incoraggiamo fortemente tutte le parti in questo senso», si legge nel documento dei ministri dell’Ue, nel quale si invitano «tutte le parti a mostrare moderazione». «La libertà di espressione ed il diritto di riunirsi pacificamente – continua il testo – sono diritti umani e libertà fondamentali di ogni essere umano che devono essere rispettati e protetti».

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TRIPOLI – Man mano che passano le ore la situazione in Libia assume i contorni di una vera e propria rivoluzione. Dopo oltre 40 anni di ininterrotto potere (Gheddafi conquistò il Paese il 1° settembre del 1969 defenestrando re Idris), il sanguinario dittatore libico sembra arrivato alla fine del suo percorso. Intanto il ministro della giustizia Mustafa Abdeljalil, in una chiamata telefonica al giornale “Quryna”, ha detto di aver presentato le dimissioni per protestare contro i sanguinosi avvenimenti e l’uso eccessivo della forza contro i dimostranti disarmati da parte delle forze di sicurezza.

Tripoli assediata

Secondo varie fonti, fra le quali “Al Jazeera”, la rivolta è oramai giunta anche a Tripoli, dalla quale sarebbe fuggito con la sua corte il dittatore. Alcuni palazzi del potere, fra cui il Parlamento, sarebbero in fiamme. Sempre secondo l’emittente del mondo arabo, i vertici dell’esercito avrebbero oramai abbandonato il colonnello, non obbedendo ai suoi ordini di sedare con la violenza gli insorti e starebbero organizzando un colpo di Stato. Il punto di svolta della sommossa si è indubbiamente avuto negli ultimi giorni quando le diverse tribù libiche hanno cominciato ad appoggiare i moti di piazza. Secondo  il delegato libico alla Lega Araba, Abdel Moneim al-Honi, che si è dimesso ieri annunciando di volersi «unire alla rivoluzione» in corso nel suo Paese, “Muammar Gheddafi ha basato il suo potere in questi anni sulle divisioni esistenti tra le tribù libiche”. Il dittatore è riuscito a stabilizzare il suo potere sanguinario proprio perché “ha sempre messo le tribù libiche una contro l’altra”. Se questa è la chiave della sua persistenza per oltre 40 al potere, ora l’unità raggiunta contro di lui dalle medesime tribù può forse spiegare le ragioni del successo della rivolta. Le forze armate, infatti, per volere del leader libico, sono storicamente strutturate in clan tribali per poter essere meglio controllate. Ma negli ultimi giorni numerose tribù, tra cui i Warfalla, la più numerosa del paese con circa un milione di affiliati, e gli Zawhiya, originaria dell’omonima città situata a 30 chilometri da Tripoli, hanno annunciato il loro appoggio alla protesta.

Il figlio di Gheddafi: “Complotto di potenze straniere”

Nel caos che oramai regna in Libia, il discorso del figlio di Gheddafi Saif al-Islam sembra aver gettato benzina sul fuoco. Egli ha fatto riferimento più volte al ruolo che “forze straniere” avrebbero svolto nella rivolta: islamisti, organi di informazione, teppisti, ubriachi, drogati e stranieri, compresi egiziani e tunisini. Un vero e proprio catalogo di scellerati, secondo Saif. Ha poi concluso il suo discorso in modo bellicoso: “Sradicheremo le sacche di sedizione, perché il nostro non è l’esercito tunisino o algerino. Combatteremo fino all’ultimo uomo, all’ultimo proiettile”.

Il “mistero Ghedddafi”

Mentre il figlio compiva questo capolavoro diplomatico, il padre, il colonnello Gheddafi sembra scomparso dal Paese. Oramai non appare in pubblico da diversi giorni. Ieri sera fonti raccolte da “Al Jazeera” raccontavano che fosse fuggito in Venezuela ma la notizia è stata poi smentita. Nelle ultime ore sembra che il dittatore sia comunque fuggito da Tripoli assediata dalla rivoluzione. È probabile che Gheddafi sia scappato in uno dei suoi numerosi rifugi nel deserto per meglio organizzare la repressione, che ha il volto di un centinaio di mercenari originari dell’Africa sub-sahariana. Secondo “Al-Arabiya”, che cita testimoni locali, quattro aerei carichi di mercenari sarebbero atterrati nei giorni scorsi all’aeroporto Benina, nei pressi di Bengasi. I soldati, originari soprattutto del Ciad e della Nigeria, sarebbero agli ordini di Khamis Gheddafi, altro figlio del dittatore e comandante di una temutissima unità speciale delle forze di sicurezza. Potrebbe essere stato proprio lui ad ordinare il fuoco sui dimostranti con l’utilizzazione anche di lancia-granate.

In realtà, secondo i molti oppositori libici presenti a Roma, che si sono riuniti sotto l’ambasciata per protestare contro le violenze, i mercenari assoldati da Gheddafi sarebbero addirittura 35 mila. “A Tripoli e a Bengasi si spara continuamente, Gheddafi ha comprato 35 mila immigrati provenienti dal centro Africa che non parlano neanche l’arabo per ammazzare il popolo libico a casa sua” afferma Bilal, uno dei manifestanti che da qualche ora cerca di contattare senza successo la moglie italiana che si trova nella Capitale libica.

La “non posizione” del Governo italiano

Le violenze e le nefandezze che in queste ore Gheddafi sta compiendo contro il suo popolo stanno intanto creando un enorme imbarazzo nel governo di Berlusconi. Il ministro degli esteri Frattini è riuscito ad affermare come sia necessario appoggiare quanto proposto dal figlio del dittatore: “Io spero che in Libia si avvii una riconciliazione nazionale che porti ad una Costituzione, come proposto da Seif al-Islam” dimenticandosi o non sapendo che lo stesso ha invocato la più dura repressione. “Non dobbiamo dare l’impressione sbagliata di volere interferire, di volere esportare la nostra democrazia. Dobbiamo aiutare, dobbiamo sostenere la riconciliazione pacifica: questa è la strada” ha ancora aggiunto il ministro.

Dura la reazione delle opposizioni. “Gheddafi continua a massacrare i cittadini libici che chiedono solo più libertà e Frattini non ha ancora detto una parola di condanna. Il ‘fattorino’ per una volta si ricordi di essere ministro degli Esteri ed esprima almeno una parola di sdegno per gli orrendi crimini contro l’umanità che sta compiendo il dittatore libico e amico del suo datore di lavoro. Se continua a rimanere in silenzio, unico ministro nell’Unione europea, dimostra la sua complicità con chi ha le mani sporche di sangue” ha dichiarato il portavoce dell’Idv Leoluca Orlando.

Mentre Frattini cerca le parole più concilianti per non inimicarsi troppo il fraterno amico del suo leader, la diplomazia europea utilizza parole molto più “tranchant”. Secondo Alexander Stubb, ministro finlandese degli esteri, sarebbe necessario che l’Ue applicasse sanzioni al dittatore libico. Perfino il primo ministro inglese David Cameron ha oggi criticato aspramente le violenze perpetrate in Libia per ordine di Gheddafi.

Il funzionario ha inoltre indicato che la Casa Bianca sta esaminando il discorso fatto alla TV libica dal figlio di Gheddafi «per vedere quali sono le possibilità di riforme serie» nel paese. «Intendiamo ottenere chiarimenti da parte dei massimi responsabili libici – ha affermato il funzionario americano – continuiamo a insistere sulla necessità di evitare violenza contro i manifestanti pacifici e sul rispetto dei diritti universali». Il presidente Obama ha ricevuto un briefing sulla situazione in Libia dal suo consigliere per la sicurezza nazionale Tom Donilon. Fonti della Casa Bianca asseriscono che il Presidente Obama sta studiando le misure idonee per far cessare le violenze sulla popolazione civile. L’unico silenzio assordante è quello di Silvio Berlusconi, troppo impegnato a manomettere la giustizia italiana per scampare ai suoi processi penali.

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