Per Renzi una tranquilla domenica tra Roma, Firenze e Angela Merkel

Lunedì al Senato il voto di fiducia sul Governo

Matteo Renzi ha trascorso una domenica tra Lazio e Toscana, tra la provincia fiorentina ed il centro di Roma. Una giornata troppo impegnativa per rilassarsi. Ed infatti, appena arrivato  a Palazzo Chigi, dopo aver trascorso la mattinata in compagnia di moglie e figli, è dovuto entrare, ob torto collo, nel suo ruolo. Una telefonata e dall’altro capo della linea la Cancelliera tedesca Angela Merkel. Al centro del colloquio le relazioni tra Italia e Germania, alla vigilia del vertice di Berlino del prossimo 17 marzo, e il comune impegno nel processo europeo. La Cancelliera si è congratulata con il nuovo premier, è lieta della collaborazione che si prospetta e augura a Renzi successo nella sua politica di riforme. Al termine del colloquio, è stato il governo tedesco a far sapere che Renzi ha accettato l’invito della Merkel di recarsi a Berlino a marzo. Ma la domenica ha consacrato anche la figura di Graziano Delrio, che possiamo definire, dopo il giuramento come unico Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il vero braccio destro di Matteo Renzi. Del Rio ha affrontato i microfoni e le telecamere di Lucia Annunziata, giustificando il cambio della guardia a Palazzo Chigi: “Non abbiamo defenestrato nessuno – ha immediatamente puntualizzato – ci sono letture diverse di diversi contesti”. Poi uno sguardo al futuro prossimo ed all’incognita, possibile, delle elezioni anticipate: “Dipenderà molto da come il Parlamento accoglie la determinatissima volontà di riforme che noi abbiamo. Se il Parlamento ci sta, bene. Altrimenti Renzi non ha certo paura delle urne”. Delrio ha anche aperto ad una legge sul conflitto di interessi, mentre ha assicurato che il Governo Renzi “non farà patrimoniali”.

Ma questa domenica è stata anche quella di Pippo Civati e Pierluigi Bersani. Da un lato il ‘giamburrasca’ del Pd minaccia, ma per ora non morde, dall’altro l’austero ex Segretario, non boccia Renzi: lo critica, ma non vuole mettere in cantiere nessun complotto per vendicarsi di fatti storicamente registrati nel recente passato. Civati parla chiaro: “ Se potessi farlo liberamente, senza mettere in discussione in rapporti con il Pd, votrerei no, ma proprio no. Tuttavia Civati lascia intendere che voterà la fiducia al governo per non dover uscire dal partito. “Ma no, e non è per disciplina di partito, ma è chiaro che se io non dovessi votare un governo che ha una legittimazione interna al Pd dovrei uscire dal partito.

Penso che il Pd dovrebbe essere un posto in cui discutere – aggiunge – ma non esco io perché sarei la pira umana come Giordano Bruno”. Piuttosto, rimarca, “spero di ricostruire il centrosinistra con uno sguardo a quella sinistra che non c’è più e che in questo governo non è rappresentata. Prepariamo il ‘dopo Renzi’ – conclude – perché bisognerà cambiare persone e atteggiamenti e anche perché dopo tutta la grande rivoluzione, la rottamazione annunciata da Renzi, vedo che sono sempre gli stessi quelli che governano e questo è imbarazzante”. Rompe il silenzio, con una lunga intervista a l’Unità, l’ex Segretario Democraico Pierluigi Bersani, che pur non condividendo alcuni atteggiamenti ed alcuni punti programmatici della nuova Segreteria Renzi, invita il suo partito a restare compatto: “Quando sento qualcuno che ipotizza di non votare la fiducia, penso che abbia perso la bussola. La fiducia si vota, altrimenti finisce il Pd. I test dicono che la mia memoria e’ al 100%. Ma -scherza Bersani- se avessi perso quel 5% che dico io, non mi sarebbe dispiaciuto….”.

D’altronde la linea dettata dai risultati del sondaggio on line, lanciato da Civati sul suo blog, è quella del sì alla fiducia, che vince con il 50,1%. Sono in tutto 20.370 le persone che hanno partecipato alla ricognizione sul web, di cui 15.700 (pari al 77% del totale) sono persone che avevano votato alle primarie, mentre 5mila (23%) quelli che non hanno votato alle primarie. Sul totale, quindi, il 50,1% si è espresso a favore del voto di fiducia. Ma il dato è composto da un 25% di fiducia incondizionata e un 25% di fiducia condizionata a una verifica sul programma. I ‘no’ alla fiducia sono stati il 38,5% dei voti, mentre un 10,7% si è espresso per l’astensione. Tra coloro che hanno votato alle primarie il ‘sì’ alla fiducia è stato il 54%, contro il 34% dei ‘no’. Tra coloro che non hanno votato alle primarie la percentuale dei ‘no’ sale al 61%, contro il 31% dei ‘sì’ alla fiducia. Per Renzi, visto che sono stati disinnescati, almeno per ora, i mal di pancia nel suo partito e tra i centristi, la strada sembra profilarsi in  discesa. Ma il punto è su quanto tempo avrà a disposizione il Sindaco d’Italia, per non scontentare le decine di attori non protagonisti (molti di questi determinanti al Senato ndr) per avviare il suo percorso di riforme e sviluppo.

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