Quattro o cinque spine per il Governo Renzi

ROMA – Mentre sta per aprirsi una nuova settimana al cardiopalma per il Governo, anche questo fine settimana cha sta per concludersi, ha riservato sorprese, soprattutto nel centrosinistra e nel Pd, che, ancora una volta hanno fatto di tutto per accontentare gli avversari di turno. Renzi va allo scontro con il Presidente del Senato, proprio l’Istituzione che vorrebbe rottamare.

Il Presidente del Consiglio va diritto al punto e contesta la presa di posizione del titolare di Palazzo Madama, che aveva affidato le sue riflessioni al quotidiano la Repubblica, ma lo stesso Grasso non ha certamente abdicato ed ha rilanciato dal palcoscenico di Lucia Annunziata nella trasmissione ‘In mezz’ora’. Ma partiamo dalle considerazioni del Presidente del Consiglio ed attuale segretario del Pd che sul tema delle riforme, almeno quelle che vorrebbe lui, rilancia: “La musica deve cambiare, il governo non molla. Renzi si affida al Tg2 rispondendo all’intervista di Grasso in cui chiede un Senato elettivo. “Capisco le resistenze di tutti, ma la musica deve cambiare. I politici devono capire che se per anni hanno chiesto di fare sacrifici alle famiglie ora i sacrifici li devono fare loro. Ecco perché – fa sapere il Premier – diciamo via le province, ecco perché la nuova riforma elettorale, ecco perché il governo presenterà il ddl costituzionale che dice basta al Senato che conosciamo adesso. E quindi riduzione del numero dei parlamentari, il più alto d’ Europa, semplificazione del processo legislativo e dei poteri tra le Regioni e lo Stato. Il vero modo per difendere il Senato non è una battaglia conservatrice, ma difendere le riforme che stiamo portando avanti”, ha puntualizzato Renzi. “Mai più bicameralismo perfetto. Il modello che proponiamo rispetta la Costituzione”, assicura. “La nostra proposta – aggiunge – dice basta con il Senato come lo conosciamo adesso” e porta alla “semplificazione del processo legislativo”. E non si è fatta attendere la controreplica del Presidente Grasso: “Non è una campagna conservatrice, io sono il primo rottamatore del Senato”, il primo che vuole eliminare questo tipo di Senato. Il Senato proposto nella bozza di riforma del governo è “una contraddizione in termini. Nessuno parla di abolire il Senato. Al posto di Renzi farei quello che sta facendo lui, lavorando con tutte le mie forze per superare il bicameralismo perfetto, diminuire il numero dei parlamentari, semplificare l’iter legislativo’, ma il Senato dovrebbe avere anche componenti eletti dai cittadini”.  L’ipotesi, formulata da Grasso, è quella di arrivare ad “almeno un centinaio di senatori eletti a cui sono delegate funzioni legislative e di controllo di rilievo”. Fin qui il botta e risposta tra Renzi e Grasso, ma in questa settimana che sta per aprirsi, il Presidente del Consiglio dovrà fare i conti anche sui temi incandescenti del lavoro e soprattutto sul cosiddetto ‘job act’, che dovrebbe far ripartire, almeno nelle intenzioni del Segretario e Premier, la asfittica fucina delle assunzioni. Va detto, al netto delle esternazioni del ministro Madia, che qualche migliaio di nuovi occupati, sono stati prodotti grazie alle politiche disegnate dal precedente governo a guida Letta (va detto che l’ex Premier tornerà a dire la sua nel Pd e fuori dal Pd nei prossimi giorni) ed inoltre, la chiusura repentina dell’ex Sindaco di Firenze con le parti sociali, non è assolutamente di buon auspicio per il prosieguo della sua attività di legislativa e di governo. Ed altrettanto negativa è l’invasione di campo del Governatore di Bankitalia Visco, che criticando aspramente i diritti-doveri delle parti sociali, definendoli un freno allo sviluppo della Nazione, di fatto da un colpo anche al Governo, che almeno in alcune sue componenti, basti pensare alle intuizioni dell’attuale ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, potrebbero trasformarsi in argomenti seri di discussione, al netto però di ulteriori diktat di Palazzo Chigi. Alla fine della giostra Renzi si troverà in questi prossimi giorni tre, quattro, forse cinque veri problemi. Il primo è certamente legato alle riforme istituzionali, che avranno difficoltà di digestione, non solo nel suo schieramento politico. Il secondo sono le politiche del lavoro e delle nuove possibilità di occupazione. Sul punto, senza un vero accordo con le parti sociali tutto sarà più difficile. Al terzo posto le esternazioni di alte autorità come Bankitalia, che più che di politiche di lavoro e riforma, dovrebbero occuparsi di altro, senza creare ulteriori affanni ala stabilità del Paese. Al quarto posto la compattezza dello schieramento di centrosinistra. Renzi, in un sol colpo, devastante, è riuscito a frantumare il partito. Con lui, grazie al suo successo alle Primarie, l’apparato uscito da quelle elezioni popolari, contro di lui, però, una buona rappresentanza parlamentare. Continuare a tener larga la difesa, su attacchi che arrivano da più direzioni (Movimento 5 Stelle, Forza Italia e la stessa Sel ndr) è politica assolutamente suicida, almeno per le sorti del Pd. Al quinto punto, e forse è questa è una delle problematiche, meno appariscenti, ma più influenti nelle sorti dell’azione dell’attuale Esecutivo: la capacità di saper governare e l’intelligenza, di farlo anche in silenzio, senza cercare, a tutti i costi microfoni e telecamere. Se Renzi riuscirà a autocontrollarsi, ma ci sembra difficile, farà del bene al Paese, in alternativa, dalla frantumazione del Centrosinistra e del Partito Democratico, l’unica alternativa sarà quella di un ritorno a vecchie ed infauste esperienze…

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