Terra dei fuochi. E’ nuova emergenza, sequestrata la cava Masseria Monti

NAPOLI – Sequestrata a Maddaloni, provincia di Caserta, la cava di tufo “Masseria Monti”, dove sono state trovate ingenti quantità di rifiuti tossici. 

In particolare, dalle analisi svolte emergono diversi agenti inquinanti tra i quali Arsenico, Pirite e Piombo. Fortunatamente non sembrano contaminate, almeno ad oggi, le colture, ma non è esclusa la possibilità che il sindaco Rosa De Lucia possa emanare un’ordinanza di divieto di coltivazione. Il sequestro comprende anche 40 pozzi artesiani siti nel raggio di 500 mt dalla cava, da cui parte un inquinamento delle falde acquifere che fa presagire un grave disastro ambientale: è stata registrata infatti anche la presenza di fumarole tossiche esalate dal suolo.

Lo sversamento illegale è iniziato già negli anni Ottanta e le indagini sono in corso da tempo, ma solo da poco si è riusciti ad individuare il sito esatto dove i rifiuti sono stati interrati, grazie alle dichiarazioni di pentiti e attraverso le intercettazioni svolte dai carabinieri della Compagnia Maddaloni.  Le indagini vedono coinvolti anche tre imprenditori locali. La notizia ci giunge ad appena una decina di giorni dalla morte di Roberto Mancini, il poliziotto simbolo della lotta alle ecomafie, forse a ricordarci che non si deve mai abbassare la guardia.

Perché dopo il caos mediatico, quando i riflettori si abbassano, sulla Campania si allunga l’ombra della tragedia: 57 comuni per un totale di 1076 kmq interessati dall’inquinamento e circa 2 milioni di abitanti a rischio . Negli ultimi 5 anni, in quella che è stata drammaticamente ribattezzata “Terra dei Fuochi”, si sono svolti più di 200 arresti per traffico e smaltimento illegale di rifiuti e quasi mille sequestri. Ma è sconcertante come il fenomeno venga minimizzato: dal documento della commissione interministeriale sui “Risultati delle indagini per la mappatura dei terreni destinati alla agricoltura in Campania” risulta essere a rischio solo il 2% della zona presunta pericolosa. C’è da chiedersi allora dove siano finiti i dossier delle inchieste passate, in che misura siano stati vagliati i dati provenienti dalle analisi svolte da Legambiente, non interpellata, quelli raccolti dai comitati cittadini, non ascoltati. Eppure gli ultimi avvenimenti stanno mostrando una realtà diversa da quella dipinta dalle istituzioni che, dopo l’allarmismo iniziale, hanno tentato, forse per non minacciare il settore agricolo campano già in crisi, di sminuire la portata della problematica.

Ma in gioco c’è la nostra salute, c’è un diritto, quello all’ambiente salubre, che deve essere tutelato. Non è possibile svolgere interventi superficiali, che costano morti. È necessario che vengano prese misure concrete di bonifica, che venga riconosciuta rilevanza al delitto ambientale, cosi che i responsabili non rimangano impuniti. Abbiamo bisogno di una risposta immediata che non sia solo figlia di un interessamento temporaneo della politica a fine di propaganda elettorale. Perché in Campania, una volta definita dai romani “Felix”, possa non crescere rigogliosa solo la malerba.

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