Chi ha vinto, il Pd e chi ha perso , M5S nell’analisi del Cattaneo

ROMA – Il Partito democratico guadagna voti rispetto alle elezioni europee del 2009 e alle politiche del 2013; crescita sostenuta in tutto il territorio nazionale anche in valori assoluti.Il Movimento 5 stelle subisce un tracollo in voti assoluti Il centro-destra (Forza Italia e Nuovo centro-destra) perde sonoramente rispetto alle precedenti europee e alle politiche 2013.

Lega Nord e Tsipras avanzano rispetto al 2013, ma non recuperano sul 2009. In sintesi quanto emerge  dalle elaborazioni effettuate dall’Istituto Carlo Cattaneo di Bologna  sui risultati del voto per le elezioni europee per determinare in che misura il Partito democratico, Il Movimento 5stelle, Forza Italia + Ncd), la lista Tsipras e la Lega Nord abbiano riscosso maggiori o minori consensi rispetto alle precedenti elezioni europee del 2009 e alle precedenti elezioni politiche del 2013 (Camera dei deputati). In particolare, questa analisi focalizza sul numero assoluto di voti ricevuti dai maggiori partiti.

Naturalmente, nel confronto con le politiche del 2013 occorre tener conto che alcuni partiti hanno perso consensi anche solo per effetto del consistente aumento dell’astensionismo (vedi comunicato ad hoc) che si manifesta in occasione delle elezioni europee (ma non tutti i partiti ne hanno sofferto in egual misura, e alcuni sembrano non averne sofferto affatto). L’analisi mostra che il Partito democratico (Pd), ha guadagnato molti consensi rispetto al 2009, ossia alle elezioni con cui è più corretto dal punto di vista metodologico fare una comparazione (+3.183.262). Tuttavia, il Partito democratico ha significativamente incrementato anche i voti del 2013 (2.513.716). I dati del 2014 vanno infatti anche considerati in virtù del tipo di elezione e del connesso livello di partecipazione. Al netto di queste variabili il dato del Pd è, dal punto di vista elettorale/statistico, molto positivo.   I Democratici in testa in tutte le regioni Il Pd, inoltre, è avanzato rispetto al 2014, in tutte le regioni (tranne in Sardegna -6,1% sul voto precedente). Il partito guidato dal Presidente del Consiglio dei ministri è primo partito in tutte le regioni nonché in testa in tutte le province italiane, tranne tre (Bolzano, Isernia e Sondrio).

In termini percentuali questo spostamento in valori assoluti si traduce in una crescita del 29% rispetto alle scorse elezioni politiche del febbraio 2013 e del 40% rispetto alle analoghe consultazioni di un quinquennio addietro. Dal punto di vista territoriale l’avanzata del partito guidato da Matteo Renzi è stata significativa in tutto il territorio nazionale, ma concentrata soprattutto nelle regioni settentrionali (Nord Ovest + 35%), poi nel Sud (+28%) e comparativamente meno sostenuta nelle Isole (+13%). Del resto 13 delle 15 province che hanno registrato il maggiore incremento di voti sono nel Nord (tranne Cosenza e Macerata). Mentre tra le 15 «peggiori» prestazioni 13 sono concentrate al Centro-Sud (tranne Bolzano e Trieste per ragioni «locali»), e in particolare in Sardegna.

Il Movimento  5 stelle perde un terzo dei propri consensi Il Movimento 5 stelle (M5s) ha perso un terzo dei propri consensi (-33,4%) rispetto all’exploit delle politiche del 2013, unica consultazione con cui è possibile procedere ad una comparazione omogenea. La contrazione di consensi è stata significativa e pari a quasi 3 milioni (-2.909.996).

Dal punto di vista geografico, a fronte di perdite diffuse, la maggiore contrazione si è registrata nella circoscrizione Isole (-44,4%; la Sicilia è la regione in cui la diminuzione è stata eclatante: -46,8%) e nel Nord-Est (-37%), mentre è stata più contenuta nelle regioni del Sud (-23,8%). Il partito di Grillo è secondo partito in 84 province, e terza forza il 14 casi. Il risultato di Forza Italia alle elezioni europee del 2014 è stato comparato con quello del Pdl per le elezioni politiche del 2013 ed europee del 2009. Per rendere la comparazione plausibile e ragionevole politicamente trattandosi di partiti non presenti in tutte le elezioni considerate, si è proceduto con il confronto tra la somma dei voti a Forza Italia e Nuovo centro-destra per il 2014 e ai voti ricevuti da Pdl e Udc nel passato.

Il centro destra berlusconiano perde quasi 7 milioni di voti

Dall’analisi emerge che le forze di centro-destra, guidate da Silvio Berlusconi fino a pochi mesi fa, hanno complessivamente perso il 27% rispetto alle politiche e oltre la metà dei consensi avuti alle europee del 2009 (-54,5%). In termini assoluti si tratta di valori eccezionali, posto che l’area di centro-destra ha perso oltre 2 milioni di voti sul 2013 (-2.137.221) e quasi 7 milioni rispetto al 2009 (-6.966.109). Forza Italia, specularmente al M5s, è secondo partito in 19 province, e terza forza il 84 casi. Il voto per la Lega Nord manifesta una duplice dinamica relativa al tipo di comparazione effettuata. Rispetto alle elezioni europee del 2009, il partito guidato da Matteo Salvini manifesta ancora potenti difficoltà posto che la contrazione è stata pari a -46% dei consensi (- 1.437.825). Si trattava evidentemente del periodo in cui la formazione di Umberto Bossi mieteva consensi e in cui raggiunse alcuni dei massimi storici. Viceversa, se compariamo il dato del 2014 con quello recente del 2013 si evince una crescita in valori assoluti di oltre un quinto (+21,1%) pari a quasi trecentomila unità (+294.158). Ovviamente, trattandosi di un partito a forte connotazione geo-territoriale le maggiori prestazioni si sono registrate nelle roccaforti dove maggiore era del resto stata l’emorragia di consensi nel 2013, in larga misura appannaggio del Movimento 5 stelle. Nel Nord Est la progressione è stata pari al 24,8% e decisamente più contenuta nel Nord Ovest (+5%). Infine la lista Tsipras, al pari della Lega Nord, ha registrato un andamento disomogeneo rispetto alle politiche del 2013 e alle europee scorse. La comparazione, per ragioni metodologiche e «politiche» è stata effettuata confrontando L’altra Europa con Tsipras con Sinistra ecologia e libertà e partito della Rifondazione comunista per le consultazioni precedenti. Rispetto al 2013 si registra una lieve inversione di tendenza (+1,3%), non sufficiente però a invertire le dinamiche di contrazione elettorali iniziate nel 2008 per l’area della «sinistra». Rispetto al 2009 la perdita di voti è pari a quasi la metà (-48,8%), ossia – 1.050.348 di voti. All’interno della dinamica elettorale tra due consultazioni, nel caso di Tsipras emerge chiaramente anche una tendenza di tipo geografico, posto che la lista registra incrementi di consensi significativi specialmente nelle regioni del nord (+26% nel Nord Ovest; +21,6% nel Nord Est), mentre perde quasi il 30% al Sud (-28,8%) e rimane sostanzialmente stabile al Centro e nelle Isole.

Per riepilogare, i risultati più importanti si possono «interpretare» come segue.

Partito Democratico È plausibile ritenere che si sia registrato un effetto «Renzi», o meglio un effetto leadership. Insieme a ipotizzabili conseguenze sul comportamento di voto connesse a singole politiche condotte/annunciate dal Governo, la presenza di una nuova classe dirigente, giovane, dinamica, ha contenuto gli effetti della sfida avanzata dal Movimento 5 stelle, vero competitor in assenza dello storico avversario «Berlusconi». Il risultato del Partito democratico è particolarmente «positivo» (in termini statistici) se consideriamo che si è registrata una contrazione della partecipazione e ciononostante il partito ha raccolto un numero maggiori di consensi (in valore assoluto e non solo in percentuale) rispetto al 2013 e al 2009.

 Movimento 5 stelle

La débâcle elettorale del «partito di Grillo» è evidente non solo in termini percentuali, ma anche assoluti (-3 milioni rispetto a un anno fa). La stanchezza elettorale del Movimento – il cui risultato è in sé comunque rilevante: è secondo partito in 84 province) appare evidente se si considerano alcuni dati relativi alle maggiori perdite, registrate specialmente nelle «Isole», dove cioè il partito aveva registrato percentuali elevate sia alle politiche, ma anche alle regionali (Sicilia). Inoltre, come spesso accade nei movimenti «estremi»/«radicali», a potenti fasi di avanzata spesso segue una fase di assestamento o contrazione dovuta a elementi congiunturali, ma anche alle «mancate promesse» che l’assenza dal Governo inevitabilmente genera. Infine, la ripresa della Lega Nord, specialmente nel Nord-Est può avere eroso il consenso del Movimento 5 stelle che aveva ampiamente beneficiato della rotta leghista nel 2013.

 Lega Nord

È prematuro stabilire se ci sia stato un «effetto Salvini» sulla Lega Nord. In ogni caso il Carrocio ha temporaneamente bloccato l’emorragia di consensi che ne ha messo in discussione la sopravvivenza dal 2011 in poi. Si tratta di un test elettorale rilevante sia per il potere di negoziazione (con i partiti di centro-destra) che il dato emerso dalle urne fornisce alla Lega Nord, sia per la vita futura dell’organizzazione. La transizione Bossi pare essersi compiuta, e una parte delle ragioni del buon risultato leghista (almeno se comparato con il 2013) è da rimandare alla capacità di ri-mobilitazione indotta dalla segreteria Salvini, dalla radicalizzazione sui temi della crisi economica, e dalla contrazione di consensi in uscita verso il M5s. Cui va aggiunta la grande «fedeltà» elettorale dell’elettorato leghista «storico».

Forza Italia

Sul risultato elettorale di Forza Italia (e del centro-destra) ha molto plausibilmente pesato l’assenza di una leadership che ne è stata storicamente la guida. Benché Berlusconi abbia condotto la campagna elettorale, il suo status di «non elettore», e non «eleggibile» ha probabilmente pesato sulla ri-mobilitazione dell’elettorato «forzista» da sempre molto attento all’influenza del «capo». È la dimostrazione di quanto il càrisma senza la perpetua produzione di risultati tangibili da parte del capo generi disillusione, frustrazione e quindi abbandono delle forze un tempo sostenute. Inoltre, la presenza di un nuovo leader del Pd, di estrazione politica e culturale non ascrivibile alla tradizione PCI_PDS_DS potrebbe altresì aver svincolato parte dell’elettorato forzista notoriamente ostile al «pericolo comunista» evocato periodicamente da Berlusconi nelle campagne elettorali dell’ultimo ventennio. Se si considera che la percentuale dei voti a Forza Italia rappresenta comunque un sesto dell’elettorato, ossia un dato rilevante in sé, non si può mascherare la grande smobilitazione che ha investito il partito nato vent’anni fa proprio attorno al fondatore-proprietario.

 Lista  Tsipras 

L’insieme di liste aggregate sotto la sigla «Tsipras» è riuscito in parte a superare la sindrome del «cartello elettorale» che dal 2008 affligge la «sinistra» dello spettro elettorale italiano.  Grazie alla principale compente della lista che prende il nome dall’esponente politico ellenico a capo si Syriza, ossia a Sel, è stato, per il momento, arrestato il declino elettorale dell’area politica a sinistra del Partito democratico. La lista Tsipras è stata in grado di invertire – almeno rispetto al 2013 – la tendenza registrata con l’esperienza della Sinistra arcobaleno e, in parte, di Rivoluzione civile. Rimangono tratti di debolezza per una formazione sbilanciata sul piano geoelettorale (prevalentemente al Nord) e con maggiore presenza nelle aree urbano-metropolitane. La mobilitazione delle ultime settimane ha plausibilmente ri-motivato parte dell’elettorato astenuto alle scorse politiche o che aveva optato per il Movimento 5 stelle.

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