Articolo 1 Costituzione. I berlusconiani, il premier e l’analfabetismo di ritorno

ROMA – Valerio Onida di mestiere faceva il professore universitario e poi il Presidente della Corte Costituzionale. Una volta in pensione, si è messo ad aiutare i carcerati nello scrivere ricorsi, insomma un consulente personale volontario per chi non è in grado di ingaggiarne uno a pagamento. Questo tanto per marcare la differenza con le orde di Arcore.

Ieri sera sorrideva, quando Ilaria D’Amico, nella trasmissione “Exit” gli ha chiesto un parere sulla proposta di legge costituzionale di modifica dell’articolo 1. “Non c’entra niente con i poteri dello Stato: uno è il Parlamento, gli altri sono organi di garanzia”. Insomma, come dire: “Mi dispiace, lei non è preparato, si ripresenti la prossima sessione”, rivolto ovviamente all’oscuro onorevole-nominato che ha ideato la proposta.

Già, perché non c’era bisogno di Remigio Ceroni (“Carneade, chi era costui?”) per mostrare in pubblico, anzi sulle prime pagine di quasi tutte le principali testate italiane, la profonda, immarcescibile, indomita ignoranza in diritto costituzionale delle truppe del Popolo della libertà.

POTERI E FUNZIONI DI GARANZIA. La crassa ignoranza dei gerarchi berlusconiani naturalmente nasconde qualcosa di più mefitico di una mera inattendibilità intellettuale. Con la proposta di modifica del primo articolo della nostra legge fondamentale, in realtà, si vuole ancora una volta ribadire la necessità che la maggioranza uscita dalle elezioni possa e debba fare qualsiasi cosa gli passi per la testa e che qualsiasi norma introdotta non debba subire alcun riscontro “esterno” alla volontà popolare. Sotto accusa, dunque, sono soprattutto il Quirinale e la Consulta, cioè i due organi cui la Costituzione del 1948 assegna l’imprescindibile funzione di garanzia (nel senso di “contrappeso”). La ratio del Carneade di Arcore sta nella volontà di ribadire che una legge approvata dal Parlamento (cioè, da un’istituzione gerarchicamente superiore) non può essere abrogata da un organo di membri non eletti, quindi non espressione della “volontà popolare”.

PRINCIPI DI “DEMOKRAJIA”. Indubbiamente la proposta piacerebbe all’amico Vladimir Putin, perché lo riporterebbe a quelle ancestrali pulsioni che vedono nel “Soviet” e nell’Assemblea legislativa del periodo del “Terrore” robesperriano (espressioni entrambe della “volontà popolare”) la realizzazioni dei desideri del “popolo”, indistinta massa di “cittadini” senza potere ma in grado di fornire una delega in bianco al ceto dirigente. I Padri Costituenti (fra i quali c’erano persone come Costantino Mortati, Piero Calamandrei, Egidio Tosato, Aldo Bozzi, cioè i maggiori studiosi italiani di diritto costituzionale) avevano letto e meditato quanto scriveva il visconte Alexis Henri Charles de Clérel de Tocqueville e, non trascurando la divisione dei poteri di Montesquieu e il fatto che lo stesso Mussolini avevano vinto le elezioni del 1924, per poi abrogare di fatto la democrazia parlamentare, disegnarono un sistema in cui le “funzioni di garanzia” fungessero da “contrappeso” ai poteri della maggioranza, proprio per evitarne una “dittatura”.

L’INSENSATEZZA AL GOVERNO. Ormai non trascorre un giorno senza che la maggioranza di destra non proponga una o più “riforme costituzionali”, un chiaro segnale non soltanto delle sue difficoltà ma anche di un preciso disegno eversore, perché interessato principalmente ed esclusivamente a modificare in senso autoritario il sistema democratico. Sono segnali di debolezza (per fortuna) in quanto i Padri Costituenti furono preveggenti, fornendo al popolo italiano, in ultima istanza, la decisione se approvare o meno una modifica costituzionale, qualora non vi sia una maggioranza qualificata nelle Camere. Furono previdenti: videro futuri Mussolini “in quarto” con più soldi e più possibilità di acquisto e vollero neutralizzarli quando erano ancora piccoli.

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