Il fantasma di Osama Bin Laden vaga alla ricerca della verità

ROMA – Osama Bin Laden non esiste più: è’ terminato, come si usa dire in gergo militare. Tuttavia il suo fantasma continua a vagare da nord a sud, da est a ovest  senza trovare pace.

Insomma la sua anima dannata cesserà di esistere quando ci sarà la prova inequivocabile che attesti la morte fisica del leader di Al Qaeda. Finora, e per svariati motivi, ognuno dice la sua, cercando di sollevare ogni particolare plausibile e fantasioso per accreditare questa o quell’altra tesi. “E’ morto ma non mostrano le immagini perchè rischiano di alimentare l’odio islamico nei confronti dell’occidente”. “E’ stato ucciso ma era disarmato”. “Gli americani non vogliono impressionare l’opinione pubblica con foto scabrose”. “Il corpo è in pessime condizioni, quindi è meglio disfarsene subito”. “L’operazione Geronimo potrebbe avere ripercussioni negative sull’amministrazione Obama”.
Tutte ipotesi legittime, ma c’è un ma, almeno per chi tenta in maniera imparziale di riportare una notizia che trovi riscontri da più fonti autorevoli. Perchè al posto di prove  tangibili ci sono parole, tante parole e tante versioni che alimentano ulteriormente la confusione su questa vicenda tutt’ora avvolta dal mistero.

Si è così intricata questa faccenda, tanto che la casa Bianca potrebbe aver deciso di divulgare almeno un’immagine del “principe del terrore” per mettere a tacere le illazioni che iniziano a circolare, ovvero che il governo Usa stia cercando di nascondere una verità scomoda, per chissà quale importante ragione.  E così anche il presidente Usa Barack Obama si sarà reso conto che qualcosa deve pur dare in pasto all’opinione pubblica se la sua ambizione è quella di mantenere vivo il successo ottenuto durante questa operazione militare.  Qualcosa che però trovi un riscontro su cui nessuno possa più dubitare. Insomma si attende una delle foto “impressionanti” che la Cia per motivi di sicurezza non vuole ancora pubblicare o addirittura il video del blitz – com’è stato annunciato oggi –  girato con una telecamera fissata su un elmetto di uno dei Navy Seals all’interno della fortezza di Abbottab in Pakistan. Materiale che viene definito da Jay Carney, il portavoce della Casa Bianca, “raccapricciante” e “potenzialmente incendiario”. Insomma ci sarebbero delle sensibilità in gioco e degli equilibri delicatissimi che vanno garantiti. Ma se le cose stanno così sorge spontanea una domanda: “Perchè gli Stati Uniti hanno annunciato la morte del numero uno di Al Qaeda? Avrebbero potuto farne a meno se la loro intenzione era quella di creare il caos.

A questo si aggiungono anche le dichiarazioni della figlia 12enne presente nel compound di Abbottabad, la quale sostiene che il padre sia stato preso vivo dai soldati americani e poi giustiziato in un secondo momento. “I soldati americani hanno catturato vivo mio padre, ma lo hanno ucciso solo dopo con alcuni colpi di arma da fuoco davanti ai suoi familiari”. Questo avrebbe riferito la dodicenne  alle forze speciali pachistane che l’hanno presa in consegna dopo il blitz statunitense. Sempre secondo fonti locali il corpo privo di vita sarebbe stato poi trascinato a bordo dell’elicottero per essere trasportato alla portaerei nel Golfo Persico.

Nel frattempo spuntano ancora i cablogrammi di Wikileaks, nei quali viene fatto notare un particolare importante. Le forze Usa stazionarono sia nel 2005 che nel 2008 a Abbottabad, a poche centinaia di metri dalla villa bunker di Bin Laden. Inoltre, documenti diplomatici ottenuti da Wikileaks mostrano anche che truppe Usa sarebbero state inviate nella zona tre anni dopo come addestratori delle forze speciali pakistane nella lotta al terrorismo. Una strana coincidenza, proprio in questa città dove ha sede anche l’Accademia Militare Pakistana.
Ma c’è dell’altro che i documenti diffusi da Wikileaks mettono in evidenza, ovvero i sospetti che Washington ha sempre nutrito su presunti legami tra i terroristi di Al Qaeda, ribelli afghani e l’Isi, l’Inter-Services Intelligence, il potente servizio di Intelligence del Pakistan. E proprio oggi, il ministro pachistano Yousuf Gilani ha lanciato un appello al mondo intero chiedendo agli occidentali di non giudicare negativamente il Pakistan perchè è stato il rifugio di Bin Laden.

Intento, una cosa, come avevamo preannunciato ieri si è avverata. I nativi americani sono arrabbiatissimi per il fatto che è stato scelto Geronimo come nome di codice per Osama bin Laden nell’operazione condotta dai Seal. “Nessuno – ha detto Susanz Shown Harjo, attivista per i diritti dei nativi americani – accetterebbe che venga scelto Mandela o Ben Gurion come nome in codice per un super terrorista, uno straordinario leader e un eroe americano merita lo stesso rispetto”.

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Alessandro Ambrosin

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