Pirateria marittima Interrogazione parlamentare su sequestro ‘Savina Caylin’

ROMA – “Il Governo non può continuare a tacere, dia una risposta e qualche notizia alle famiglie, che sono angosciate”. Queste le parole con cui la parlamentare campana Luisa Bossa, Pd, è intervenuta in aula a Montecitorio. Il suo è un tentativo per tornare a segnalare il caso del sequestro della superpetroliera italiana ‘Savina Caylyn’.

Si tratta di una nave battente il tricolore che dall’8 febbraio scorso è caduta nelle mani dei pirati somali. Con la nave trattenuti in ostaggio anche l’equipaggio, 22 marittimi. Tra questi ben 5 sono italiani. Il comandante, Giuseppe Lubrano Lavadera campano di Procida, il terzo ufficiale di coperta, Crescenzo Guardascione campano di Procida, l’allievo di coperta, Gianmaria Cesaro campano di Piano di Sorrento, il direttore di macchine, Antonio Verrecchia laziale di Gaeta, il marittimo Eugenio Bon, trentino di Trieste.  Con loro ostaggi dei predoni del mare anche 17 indiani. “Ci sono famiglie spaventate da questo silenzio a cui bisogna dire qualcosa”, ha ancora affermato la l’On. Bossa. La deputata del Pd ha presentato in merito un’interrogazione al ministro degli Esteri, Franco Frattini. Nell’interrogazione la deputata napoletana chiede al ministro se, come e con quali risultati il ministero degli affari esteri abbia attivato i canali diplomatici a sua disposizione per intervenire sul caso in questione, e quali iniziative, compatibilmente con l’ovvia riservatezza, si intendano assumere per la soluzione della delicata vicenda. Sulla vicenda il governo ha fatto calare una coltre di silenzio.

 

Sul sequestro non si sa più nulla non perché non ci sono notizie, ma perché il governo ha imposto una sorta di ‘black out’ nelle informazioni forse per mascherare la sua ‘impotenza’ nel poter affrontarla in maniera rapida. Un silenzio voluto soprattutto dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa e da quello degli Esteri, Franco Frattini e giustificato con la motivazione di evitare che vengano ‘disturbare’ le trattative. Però, è certo che non è ancora in corso alcuna trattativa con la gang del mare che tiene in custodia gli italiani. Se ne ha testimonianza dal racconto fatto al telefono da uno dei sequestrati della ‘Savina Caylin’ ai familiari in Italia. Una conferma giunge anche dall’On Bossa. “Ai cinque membri italiani dell’equipaggio viene consentito sporadicamente e molto rapidamente di effettuare telefonate a casa per rassicurare i familiari. Dai colloqui, però, appaiono molto provati e spaventati da condizioni di vita durissime e, secondo quanto ricostruito da indiscrezioni, i marinai sarebbero sottoposti a strettissima sorveglianza”. Purtroppo, questa è la triste realtà dei sequestri di navi mercantili nel mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano da parte di pirati somali.

 

I marittimi, membri degli equipaggi di queste navi, una volta catturati cambiano il loro status in ostaggi e come tali vengono trattati. Uomini che diventano di punto in bianco niente. Sono solo una fonte di guadagno una ‘cosa’ da scambiare con denaro. E’ questo infatti, l’unico motivo per il quale i moderni filibustieri somali abbordano e catturano navi nel mare del Corno d’Africa e nell’Oceano Indiano. La gang del mare che compie l’atto criminale è disposta a tutto, anche tenere nave e uomini in ostaggio per diversi mesi, se in cambio del loro rilascio non viene pagato un riscatto. A nulla serve tergiversare finora nessun Paese ha mai riottenuto indietro gli ostaggi senza non aver pagato un riscatto. La somma del riscatto viene fissato dai pirati che inizialmente chiedono sempre cifre esorbitanti, anche diverse decine di milioni di dollari, ma poi, finiscono per accontentarsi di meno. Il prezzo dipende dal bottino e da chi e come conduce le trattative. Nei giorni scorsi, l’isola di Procida (NA) si è fermata per alcune ore e si è raccolta con una fiaccolata intorno alle famiglie dei marittimi nelle mani dei pirati somali. I partecipanti hanno anche firmato una petizione indirizzata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano per chiederne l’intervento.

 

Dall’isola, situata nel Golfo di Napoli,  provengono ben quattro dei marittimi italiani in mano ai pirati somali. Oltre ai due della ‘Savina Caylin’  ci sono infatti, altri due di Procida, Gennaro Odoaldo, terzo ufficiale di coperta, Vincenzo Ambrosino, allievo ufficiale di macchina. Essi sono una parte dei membri dell’equipaggio della ‘Rosalia D’Amato’, una seconda nave italiana trattenuta in ostaggio dai pirati somali insieme ad altri 4 italiani, due campani e due siciliani, dopo essere stata catturata il 21 febbraio scorso. Sono dunque 11 i marittimi italiani trattenuti in ostaggio in Somalia e sono altrettante le famiglie che in Italia attendono loro notizie e vivono giorni di paura e angoscia. Oltre a sette campani, vi sono un laziale, un trentino e due siciliani. In questi giorni il parlamento ha approvato un documento che impegna il governo ad autorizzare l’impiego di militari della marina o di guardie private armate, contractor, a bordo delle navi italiane per  far fronte alla minaccia dei pirati. Un provvedimento giustificato dalla volontà di voler fronteggiare con decisione, è implicitamente si dovrebbe aggiungere, anche con forza, il fenomeno della pirateria marittima. Un provvedimento che ha ‘unito’ governo, e alcuni parlamentari di maggioranza e opposizione, e molti armatori che però, è stato anche giudicato come il peggiore dei modi per difendere i mercantili italiani. Specie nel momento in cui i pirati hanno nelle loro mani degli ostaggi che potrebbero essere fatti oggetto di ritorsioni. E’ opinione di molti che questa scelta non produrrà altro che un inasprimento degli assalti pirati con conseguente rischio per i lavoratori  a bordo di queste imbarcazioni.

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