Marino fa dietrofront e ritira le dimissioni

ROMA- Il sindaco di Roma Ignazio Marino ci ripensa e ritira le dimissioni presentate lo scorso 12 ottobre. Un colpo di scena paventato ma soprattuto una sfida al premier Matteo Renzi e al Pd, che, proprio oggi in una riunione fiume al Nazareno, aveva indicato la linea delle dimissioni di massa dei 19 consiglieri del Pd in caso di ripensamenti del primo cittadino.  “Se Marino dovesse ripensarci e decidere di restare alla guida del Campidoglio – aveva detto  Matteo Orfini – i consiglieri del Pd si dimetterebbero subito dal loro incarico”.

La notizia della controffensiva a cui si stava preparando il Pd, ovvero le dimissioni di massa, sembra però aver accelerato la decisione del primo cittadino di ritirare le dimissioni. Una mossa che in casa Pd non si aspettavano, almeno non oggi. 

Ma in fondo lo aveva detto Marino qualche giorno fa ai suoi sostenitori proprio su Facebook: ”Mi chiedete di ripensarci e non vi deluderò”.

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E infatti puntuale non ha deluso, almeno i sostenitori, perché dal momento in cui ha preso questa decisione sono cominciate a fioccare critiche  e sono iniziate a pioggia le dimissioni dei membri della Giunta. 

Andando per ordine: il vicesindaco Marco Causi, l’assessore ai Trasporti Stefano Esposito hanno confermato le loro dimissioni. Via anche l’assessore al Turismo Luigina di Liegro. Maurizio Pucci, titolare ai Lavori Pubblici, e Giovanna Marinelli, Cultura, hanno annunciato che si dimetteranno dopo la giunta convocata per questa sera alle 19.30. Pronto a farsi da parte anche l’assessore alla Mobilità Alfonso Sabella: “Lunedì tornerò a fare il magistrato, prima devo consegnare delle carte alla Corte di Conti”  ha detto a SkyTg24. E lo stesso è per il titolare della Scuola Marco Rossi Doria. Al momento sembrano resistere: Estella Marino. Alessandra Cattoi e Giovanni Caudo.

Marino dal canto suo ha dichiarato: ”Ritengo che ci sia un luogo sacro per la democrazia che è l’aula, e io sono pronto a confrontarmi in consiglio comunale con la mia maggioranza per illustrare quanto fatto: le cose positive, gli errori e la visione per il futuro”. “Alla presidente del Consiglio comunale Valeria Baglio esprimerò la mia intenzione di avere una discussione aperta, franca e trasparente nell’aula Giulio Cesare”, ha aggiunto il sindaco di Roma anticipando la sua richiesta di convocazione dell’aula.

Al momento il sindaco si trova in caserma Guido Reni, nel quartiere Flaminio, per partecipare a un convegno insieme all’assessore all’Urbanistica Caudo. «Stiamo facendo cose importanti per cambiare la città» ha detto Marino, ma poi, assediato da cronisti e troupe radio-tv, è stato costretto ad andare via per permettere lo svolgimento del convegno.

Intanto il deputato della minoranza Pd Alfredo D’Attorre, interpellato sulla vicenda dichiara: ”Si conferma che la gestione di Renzi e Orfini in questa vicenda è stata, a essere generosi, abbastanza lacunosa. A questo punto la cosa più limpida è che il Pd in aula chiarisca le ragioni per cui chiede le dimissioni di Marino e che il sindaco spieghi perché ritiene di poter continuare. Bisogna provare a ristabilire il quadro di trasparenza e linearità che il Pd nazionale e romano non sono stati finora assolutamente in grado di assicurare”.  “Renzi una volta tanto metta la faccia su una situazione di crisi, cosa dalla quale rifugge sistematicamente. Non si può guidare il governo e il principale partito sottraendosi ogni volta che ci si trova davanti a una situazione sgradita”, aggiunge D’Attorre.

Mentre Gianni Cuperlo scrive su facebook “La mia opinione? Penso due cose. La prima è  che la frattura tra la funzione di Roma e la sua immagine attuale nel mondo ha superato una soglia che impone di portare il confronto in una sede pubblica. Questo anche per ricomporre il legame con la parte migliore della città, che esiste e a cui bisogna ridare voce, ascolto, valore. Prima che il destino del sindaco o di un gruppo dirigente, la cura maggiore va rivolta a Roma e alle condizioni nelle quali versa dopo mesi di scandali e lacerazioni”. “La seconda è che per interrompere una sindacatura votata da 600mila cittadini debbono sussistere ragioni solide e politicamente insuperabili. Quelle ragioni un partito ha il dovere di spiegarle, dibatterle nei suoi circoli e confrontarle nella sede istituzionale (il consiglio comunale), dove ascoltare le ragioni dell’amministrazione, esporre i motivi di una sfiducia e assumersi le proprie responsabilità davanti alla città. Questa è la sola via che rende trasparente una decisione sottraendola alla logica di scelte consumate nella trattativa tra due o quattro persone”, osserva Cuperlo. “Se la democrazia ha delle regole, questo è il momento delle regole. Quanto alle ricadute di tutto ciò, servirà tempo, pazienza e coraggio per risalire la china. Ma qui comincia una storia nuova tutta da scrivere”, conclude l’esponente della minoranza Pd. 

   

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