Carlo Giuliani dieci anni dopo. Il vero significato di una manifestazione dai contorni drammatici

GENOVA – Sono ormai trascorsi dieci anni da quel giorno maledetto. La perdita di una giovane vita umana, in questo caso quella di Carlo Giuliani, ucciso dal proiettile di un Carabiniere durante la manifestazione di protesta in occasione del G8 del 2001, non può che essere già un dato significativo.

Si scomodano frasi dubbie, ricostruzioni altrettanto discutibili, ma è pur sempre vero che il senso di ciò che accadde quel giorno è più che mai attuale. Serve a poco ricostruire episodi e dinamiche particolari accadute in quella circostanza, ma è comunque innegabile che molte cose lasciano perplessi e sconfortati per la mancanza di chiarezza che non è mai stata fatta durante questi dieci anni.
Persino la cronaca dei fatti è stata distorta. Filmati che fanno vedere una cosa e cronache che ne descrivono un altra. Così come avviene quando il dubbio deve rimanere eternamente tale per coprire quello che è il vero senso di una riflessione che non doveva essere sviluppata, e che ad oggi è rimasta confinata nei recinti angusti di cronache di “ordinaria follia”. Che cosa rappresentava quel G8 del 2001?  Come afferma Ramon Mantovani, storico dirigente del Prc oltre che testimone e conoscitore del movimentismo internazionale, “..la mobilitazione di Genova 2001 era internazionale. Lo è stata più di tutte le altre, sia perché era stata indicata dal Social Forum di Porto Alegre come scadenza centrale sia perché in Italia si era costruito un fronte unitario amplissimo e coeso. Furono decine di migliaia i partecipanti stranieri e tra questi migliaia e migliaia di militanti di partiti presenti nei parlamenti nazionali. La decisione di reprimere è stata presa molto prima dalle elezioni italiane e dell’avvento del governo Berlusconi, in sede di coordinamento dei servizi e polizie dei paesi del G8”.
Le parole di Mantovani danno un senso preciso alla sua testimonianza, comprovata tra l’altro dai numerosi filmati che sono venuti fuori con il tempo. Alcuni tra l’altro visti solo di recente. “Mai, come invece è accaduto a Genova, una manifestazione autorizzata ufficialmente era stata caricata per ore e con una tecnica atta ad allargare gli scontri invece che a contenerli. Ed è l’estensione degli scontri ad opera di reparti dei carabinieri a creare le condizioni dell’uccisione di Carlo Giuliani. Mai gruppi violenti erano stati lasciati liberi di fare qualsiasi cosa per più di 48 ore”.  

Ripercorrere questi dieci lunghi anni significa riuscire a capire e interpretare la percezione avuta dagli Italiani, ovviamente ricevuta dal messaggio veicolato dai media, su tutte quelle “componenti” che sono state usate, o forse sarebbe meglio dire “strumentalizzate” dai governi del momento; uno su il gruppo “fantasma” dei Black Bloc, sempre all’opera in occasioni particolari come le manifestazioni di protesta, ultima delle quali la vicenda della val Susa.  Lo stesso Mantovani non ha dubbi nell’affermare che “..Ridurre il fenomeno Black Bloc alle infiltrazioni è un’altra stupidaggine tutta italiana. Chiunque abbia partecipato alle manifestazioni di Seattle, Praga, Amsterdam, Nizza ecc sa bene che è un fenomeno reale. Ma a Genova, al contrario che nelle altre città testé citate, i black bloc sono stati volutamente ignorati al doppio scopo di inquinare l’immagine del movimento e di reprimere, invece, immediatamente i manifestanti pacifici. Mai in Italia una manifestazione pacifica di 300mila persone era stata attaccata senza motivo e repressa per più di 3 ore con centinaia di fermi ed arresti. Mai la polizia, con la presenza di funzionari di altissimo livello, era entrata in una sede politica (il Genoa Social Forum l’aveva ottenuta ufficialmente dal Comune) ed aveva operato un massacro. Solo nella repressione delle rivolte carcerarie è possibile trovare un bilancio di persone con fratture come alla Diaz. Più di 90 arresti dei quali più di 60 ospedalizzati. Tutte queste cose le hanno fatte Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza con la regia degli apparati dell’ordine pubblico che avevano partecipato al famoso coordinamento”.

La ricorrenza della morte di Carlo Giuliani si lega dunque a qualcosa di molto più complesso, qualcosa che va oltre “l’episodio” di cronaca.  La stessa Haidy Giuliani, madre di Carlo, nel video in cui invita a ritrovarsi a Genova nel giorno della ricorrenza della morte del Figlio, è la prima a chiedere una partecipazione dal significato diverso da quello che potrebbe sembrare. Con lucida determinazione afferma di “non voler parlare in questa circostanza di quanto è accaduto dieci anni fa ma soprattutto di voler cogliere l’occasione per riprendere quelle tematiche che quello stesso movimento ha portato a Genova allora. Parla di ambiente, di lavoro, di fame del Mondo, e di tutti quei disastri compiuti da un liberismo selvaggio”.
E’ una donna consapevole e determinata che con coraggio tace sul suo dolore di madre, riprendendo invece i motivi e le ragioni per le quali migliaia di persone venute da tutto il mondo, dieci anni fa hanno partecipato a quella manifestazione di piazza rivendicando diritti e aspirazioni.

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