Crisi finanziaria. Governo indeciso a tutto, rimanda i rimedi a dopo ferragosto

Lo scandalo dei 15 miliardi spesi per acquistare ben 138 cacciabombadieri denunciato da Antonio Di Pietro. Berlusconi & Tremonti vogliono decapitare invalidi e pensionandi invece di tagliare spese militari e costi della politica

ROMA – Il “pacchetto” sembra pronto ma il governo tergiversa, come sempre ha fatto nel corso della sua esistenza. Ieri, di fronte alle parti sociali, non ha saputo nemmeno indicare una data precisa per la riunione del Consiglio dei ministri. Forse il 18 agosto o forse prima o forse dopo. Tanto che una imbarazzata Emma Marcegaglia durante una surreale conferenza stampa senza domande dei giornalisti non ha saputo che rispondere ad una di queste che le chiedeva “Ma che avete concluso oggi, il governo si riunirà fra dieci giorni!”.

MA QUANDO C’É DI MEZZO BERLUSCONI non puoi attenderti altro. Fece trascorrere mesi prima di sostituire il dimissionario ministro degli esteri Renato Ruggiero nel 2002 o quello per lo sviluppo economico nel 2011. Le sue pratiche di governo sono il massimo esempio della irresolutezza che, in un momento di crisi drammatica come quello attuale, sono il peggiore rimedio. Attendere dieci giorni per un Consiglio dei ministri che deve approvare il decreto legge con le nuove misure economiche significa dare ai mercati tutto il tempo per affossare il Paese.

ORA IL PREMER SI DIBATTE SULLA PATRIMONIALE che è per lui come la luce del giorno per Nosferatu. I suoi sogni di grandezza esentasse – già ridicoli quando li coltivava fin dal 1994 – sono diventati ora drammatici ma lui ancora si oppone ad un prelievo straordinario, indicato oramai da tutti come uno dei rebus da risolvere. E questo contribuisce a diluire irresponsabilmente il tempo dell’intervento. Ora uno spiraglio sembra aprirsi perché qualcuno gli ha ricordato che si potrebbe fare come Prodi che nel 1997, per consentire al Paese di entrare nell’euro, dispose un prelievo straordinario sui redditi medio-alti.

NELLA MEDESIMA SITUAZIONE SI RITROVA TREMONTI perché più passano i giorni e più la sua manovra assomiglia a quelle tanto vituperate di Vincenzo Visco. Addirittura, si prospetta ora la possibilità di abbassare la soglia di tracciabilità dei pagamenti a 2500 euro (ora è a 5000) per stanare gli evasori fiscali. Il “vampiro” Visco l’aveva introdotto per tutti i pagamenti superiori ai 100 euro e il ventre molle del centro-destra aveva gridato allo “Stato di polizia”. Se si fossero mantenute le disposizioni del governo Prodi, ora non staremmo in questa situazione drammatica ed avremmo già raggiunto il pareggio di bilancio.

LA REALTÀ È CHE NULLA DI PRECISO SI SA ANCORA sulle decisioni che l’Esecutivo sta mettendo a punto. Di sicuro c’è che il decreto legge mirerà ad abbassare il rapporto deficit/Pil dal 3,8% ad un valore compreso fra l’1,5% e l’1,7%, arrivando al pareggio di bilancio nel 2013. Gli interventi sulle pensioni – per ora contrastati all’interno della maggioranza – prevedono l’abolizione di quelle di anzianità, facendo salvi coloro che hanno 40 anni di contributi, con un risparmio di circa 3,5 miliardi a regime. Dovrebbero poi maturare anche interventi sul welfare, come quelli sulle pensioni di invalidità e il contributo di accompagnamento che dovrebbe essere legato al reddito dell’invalido.

LA CONTROMANOVRA MESSA A PUNTO DALL’IDV illustrata ieri da Di Pietro va in tutt’altra direzione e rappresenta il massimo dell’equità e della giustizia distributiva possibile. Essa consentirebbe di recuperare risorse per 70 miliardi entro il 2013, ruotando attorno alla lotta agli sprechi e ai costi della politica. Prevede l’abolizione delle Comunità montane (un costoso carrozzone con presidenti e consiglieri lautamente retribuiti) e dei Consorzi di bonifica, la riunificazione sotto l’Inps di tutti i regimi pensionistici, il rientro immediato delle nostre truppe in Afghanistan e Libia e una sforbiciata alle spese della difesa. Dice su quest’ultimo punto il leader dell’Idv: “Abbiamo acquistato 138 cacciabombardieri per 15 miliardi di euro, cosa diavolo dobbiamo farcene?”.

MA SUI COSTI DELLA POLITICA IL GOVERNO GLISSA, forse si darà uno stop a quelle province di nuova istituzione che ancora non sono entrate a regime e, forse, si aboliranno quelle sotto i 300 mila abitanti. Mentre il prospettato aumento di un punto dell’Iva (che darebbe un gettito immediato di 9 miliardi) sarebbe rimandato al 2013 in funzione elettorale, per consentire una diminuzione delle imposte. Non c’è niente da fare, la fissazione di Berlusconi è sempre quella. Il sogno scriteriato di un premier che ha portato il Paese sull’orlo del baratro.

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