Tra manovra e contro manovra. Cronaca di un giorno qualunque

ROMA – Conta davvero la cronaca di un giorno qualunque? Già, forse si tratta di un giorno come ne abbiamo visti tanti, e questo rattrista veramente. Nel pomeriggio di oggi al Senato si dibatterà il destino dell’Italia, ed ai Signori del governo non fregherà un tubo di quello che giustamente, senza sbavature, Susanna Camusso e le migliaia di Cittadini italiani hanno dimostrato e gridato sotto gli occhi attenti del loro Paese.

Ieri le piazze erano piene, nessun trucco sui numeri; in molti si sono fermati per dire NO a questa manovra che non è fatta solo di numeri astratti ma bensì di contenuti che ledono il diritto a vivere secondo quello che dovrebbe essere “il rispetto dei diritti”! L’atmosfera che si percepiva era quella di un grido disperato, che era tale proprio perché sapeva che non sarebbe stato ascoltato. Quante Persone si sono chiesti che cosa sarebbe accaduto il “day after”; in quanti hanno mostrato preoccupazione per una prassi giusta, condivisibile ma incompleta se a questa non farà seguito un nuovo tipo di cambiamento. Se oggi la fiducia passerà al Senato ci sarà la corsa alla contromossa burocratica, alla mina anticarro, applicabile a quel “mezzo” che porta con sé quel micidiale articolo 8 che ha tutte le intenzioni di scardinare un già debilitato Statuto dei Lavoratori.

Ci sarà il ricorso alla “costituzionalità”, si ricorrerà ad altri escamotage, sia pur legittimi e sacrosanti. Ma allora, che cosa produce la massa che si riunisce in un corteo contestualizzato in uno sciopero di vasta e condivisa portata? Dobbiamo chiedercelo, lo dobbiamo fare non perché non ci crediamo, ma perché non restino isolate le grida disperate di chi si vede defraudato dei diritti che ogni persona dovrebbe avere. Da queste colonne abbiamo già parlato di rivoluzione non cruenta, culturale. E crediamo di aver fatto centro. Si tratta pur sempre di ripudiare un sistema che è fallito, logoro, vecchio e gestito da una classe dirigente obsoleta, nelle idee e negli intenti. Siamo nelle mani “sapienti” delle Fondazioni, degli “Istituti bancari”, delle Multinazionali, delle lobby e quant’altro.

 

Chissà se a qualcuno è passato per la testa di chiedersi che cosa accadrebbe se non mettessimo più un “centesimo” nelle casse dorate delle nostre amate banche?!  Così come se iniziassimo a trovare soluzioni alternative a tutti quei centri di potere che vanno poi a dare forza ai “nuovi padroni”. In pochi hanno parlato di redistribuzione delle risorse, di patrimoniale, (specialmente sui redditi alti) e di una vera riforma del fisco che incida su quella che è l’evasione, ampia e diffusa di larghi e ricchi strati sociali, oltre che ovviamente letale per il paese. Per non parlare “dell’opera costante” e solerte che i più famosi Istituti di Recupero Crediti (autorizzati per Legge) che non fanno distinzione tra il disperato che è stato travolto da vicissitudini finanziarie legate non alla volontà di delinquere ma da ben altro, ed i veri evasori fiscali. Non si tratta di assolvere l’uno e condannare l’altro, ma neppure di continuare a costruire tanti “dead man walking” che pagheranno per il resto della loro vita errori diversi da quelli dei tanti noti che albergano i paradisi fiscali.  La Persona non è più (..siamo sicuri che lo sia mai stata?) considerata tale, rispettata come tale.  Vediamo le carceri sovraffollate di gente che si arricchisce, che sconta con disinvoltura il suo “bravo” periodo di pena ed esce con il gruzzoletto lì, pronto ad aspettarlo. L’antitesi della cultura del lavoro. Viviamo in una società che ha distrutto questa cultura e che neppure lontanamente avanza pretese sul rispetto dell’Articolo 1 sul quale è stata costruita la base della Nostra Repubblica!

Come può un governo parlare di licenziamenti “facili” quando non fa nulla per garantire prima ancora l’occupazione?? Come possiamo pensare che a pagare una crisi sia pur strutturale, mondiale o altro che è stata determinata da percorsi precisi, che hanno un’origine precisa tanto da coincidere con tempi e luoghi ricordabili e sottolineabili, siano ancora e sempre i soliti noti?? Anche la stampa era in piazza ieri; ha scioperato come gli Altri, ma ascoltava. Adesso ha l’obbligo di riferire quello che le sue orecchie hanno udito e i suoi occhi hanno visto: un malcontento, una disperazione e una sensazione di sfiducia che emergeva palesemente nonostante una giornata “tecnicamente” valutabile come pienamente riuscita.

Ma allora, che scrive questo, si chiederanno in molti? Cosa si chiede e dove vuol andare a parare? Semplicemente sul fatto che ieri era… ieri, e oggi probabilmente gli “indignados” del governo faranno ciò che hanno in mente da tempo: far pagare la crisi al Popolo, ai lavoratori ed ai soggetti svantaggiati (quella sui disabili è una vergogna!!). E’ il presente che preoccupa; fatto dalla più che probabile reazione di indifferenza da parte di un governo che si farà un baffo di uno sciopero giusto e riuscitissimo, non modificando la sostanza di un  contenuto micidiale preannunciato da tempo.  In che cosa dovrebbe credere adesso il Cittadino?? E’ un chiaro j’accuse contro una classe dirigente che deve farsi da parte! E’ una riflessione su metodiche che dovranno essere affinate dopo un’attenta rivisitazione del momento storico. Una fase che non potrà assolvere gli errori imperdonabili del Capitalismo esasperato da una subdola forma di liberismo selvaggio che ha messo in ginocchio la Collettività.  E oggi l’ardua sentenza.

Ma il nodo principale rimane quello di pensare al domani attraverso propositi nettamente diversi se non antitetici a quella che è stata per decenni la cultura della sconfitta; se non ci poniamo queste riflessioni ci ritroveremo ciclicamente a rispondere agli “indifferenti” di turno.

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