Liberalizzazioni. Tassisti e monopolisti preparano le barricate contro il Governo

Le auto bianche occupano le piazze italiane, mentre i percettori delle rendite dell’economia protetta stanno armando i bazooka. Ce la farà super Mario a sconfiggerli?

ROMA – Tassisti inferociti anche con i giornalisti perché, dicono, “raccontano solo fregnacce”, avvocati sul piede di guerra non tanto con il governo ma con i notai, farmacisti che, se potessero, cannoneggerebbero i parafarmacisti anche se poi annunciano una tregua armata, gli ordini professionali sull’orlo di una crisi di nervi, i quasi-monopolisti proprietari delle autostrade sicuri di gabbare ancora una volta lo Stato, concessionari di spiagge che forse non potranno più stappare lo champagne, come facevano quando al ministero economico c’era l’idolo delle corporazioni, Giulio Tremonti.

Il governo di Mario Monti sembra voler fare sul serio in materia di liberalizzazioni. La bozza più o meno definitiva del decreto, ventotto articoli che potrebbero essere una mannaia sul collo delle corporazioni e far uscire finalmente l’Italia dall’evo delle gilde e delle corporazioni di arti e mestieri, potrebbe essere approvata nella riunione del Consiglio dei ministri il 19. Ma riuscirà davvero in un compito che tutti i governi, ad eccezione di quello di Prodi nel 2007, hanno evitato con cura e soprattutto i berlusconiani, nonostante la sgangherata “rivoluzione liberale” propugnata dal mutandaro Giuliano Ferrara, vedono come la peste?

Lo scetticismo è d’obbligo. Il centro-destra sta già costruendo le barricate. Sia Gasparri, sia il mefistofelico La Russa hanno chiaramente detto che non voteranno mai a favore di provvedimenti che vanno contro il loro elettorato di riferimento (non solo tassisti, ma larga parte del ceto delle professioni). E così siamo alle solite, cioè a situazioni che abbiamo già visto. Il centro-destra e quello che rimane della Lega (non si sa ancora come la base dei verdi prenderà la decisione di emarginare Bobo Maroni dal partito) scendono in piazza per difendere gli interessi di quelle categorie che rendono asfittico il sistema economico italiano e iniziano la campagna elettorale violentando la realtà, come sempre hanno fatto e inveendo contro i “vampiri” della sinistra e la tecnocrazia. Ma soprattutto dando ad intendere che il governo, con la sinistra, vogliano mettere in piede false liberalizzazioni, che in realtà vanno a tutto beneficio dei grandi monopoli e a tutto scapito dei poveri tassisti e farmacisti, ridotti sul lastrico dall’invidia sociale.

Naturalmente, come qualsiasi lettore intelligente può comprendere, si tratta di accuse del tutto strumentali, che oramai viaggiano, insieme agli insulti per chi vuole le liberalizzazioni, come la velocità della luce sulla rete.

Nel pacchetto di liberalizzazioni, il governo prevede una, in alcuni casi, timida apertura al mercato di professioni e produttori di servizi che agiscono in regime di monopolio anche se non lo riconosceranno mai. I benzinai, dal dopoguerra ad oggi, erogano carburante con prezzi imposti dalle grandi compagnie petrolifere e quelle che raffinano il petrolio. Loro sono costretti a forniture con listini già decisi nel regolamento contrattuale. Le farmacie sono in mano a generazioni familiari secolari, che si tramandano di padre in figlio la bottega e, in moltissimi casi, si associano al potere politico locale per limitare l’apertura di altri punti vendita. Le professioni sono un recinto protetto nel quale i membri decidono praticamente tutto quello che li riguarda: tariffe e reddito, prestazioni, funzioni, perfino quanto versare di imposte, modulando a dovere l’emissione di fatture. I notai, ad esempio, sono appena seimila in tutta Italia, un numero incredibilmente basso per erogatori di un servizio “essenziale”, dicono loro, tanto “essenziale” che non si capisce perché lo debbano fare in così pochi. Ora, gli avvocati, che pure li surclassano in numero (sono più di 200 mila in tutta Italia), stano di nuovo brandendo l’ascia di guerra, chiedendo al governo di poter entrare nel business delle autenticazioni delle firme e delle compravendite di modesto valore, una questione che soltanto cinque anni fa era stata bloccata dalla potentissima lobby notarile. E il governo potrebbe anche esaudire questa loro richiesta.

In palio c’è una torta ricchissima da spartire, il 16% del reddito nazionale per quanto riguarda solo le professioni, che fino ad ora è stato appannaggio di una casta minoritaria, di un ceto sociale potente e che ha sovente deciso le vittorie elettorali della destra (come nel caso delle elezioni romane in cui trionfò Gianni Alemanno). Vogliono un’Italia che assomigli ad un Paese arretrato, con una forte concentrazione della ricchezza e una inadeguata mobilità sociale. Forse Monti riuscirà a rendere meno vergognoso questo Paese.

 

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