Monicelli tra le braccia dell’ultima madre

ROMA – C’erano le stelle stanotte sul quartiere Monti. C’erano le stelle, e i rumori fastidiosi delle parole piene d’odio verso Mario Monicelli, che aveva scelto con coraggio la sua fine, erano già uno sgradevole ricordo diventato monnezza che i netturbini raccolgono di notte nelle strade  del rione.

Ieri sera donne e uomini del suo quartiere sono scesi nelle strade intorno a piazza Madonna dei Monti e si sono stretti insieme, attorno alla sua immagine/ricordo, per separarsi, ognuno a modo proprio, da quella persona che ogni tanto incontravano per strada o dal pizzicarolo.

Il popolo del suo quartiere ha accompagnato con i pensieri il maestro del cinema verso la ‘porta dell’invisibile’, come l’ultima madre o come le Eumenidi benigne che accompagnarono Edipo all’estrema  dimora, nel sacro bosco di Colono, perché sfuggisse al tiranno Creonte che voleva impossessarsi del suo corpo morto e quindi della sua immagine per scopi politici. A quanto pare le storie si ripetono: anche Alemanno lo voleva al Campidoglio mentre lui è rimasto tra i propri amici nella sua Casa del cinema.

Daniele Ciprì ricorda ai giornalisti, le parole di Monicelli, mentre giravano, in un cimitero, un documentario che scherzosamente voleva esorcizzare l’idea della morte: “Meglio sotto una duna del deserto che sotto una lastra in Campidoglio” aveva detto tra il serio e lo scherzoso. Monicelli aveva scherzato sulla morte anche nel documentario che gli aveva dedicato Giovanni Veronesi, ‘Muoiono soltanto gli…’ presentato nel 2006 al Festival di Roma: “Della morte non ho mai avuto paura, da giovane pensavo che non sarei arrivato a morire – diceva nel documentario – ora invece penso succederà. Sono convinto però che muoiono soltanto gli stronzi. Finora io me la sono cavata” E quando gli chiesero dell’allora 88enne De Oliveira, egli disse: “È un signore, fa buonissimi film, ma non vedo l’ora che muoia così resto l’unico novantenne in attività, divento il più grande regista morente”.
Anche i giornali questa mattina sono più benevoli verso di lui e riportano le frasi del Presidente Napolitano il quale ha detto chiaramente che bisognava assolutamente rispettare l’estremo scatto di volontà di Mario Monicelli.
Sul quotidiano Terra di oggi c’è un articolo e delle interviste che parlano benevolmente di Monicelli: “Non soltanto rispetto, ma ammirazione” dichiara di provare lo psichiatra Massimo Fagioli che sul tema di inizio e fine vita continua a dedicare buona parte della sua ricerca scientifica: “A novantacinque anni, con un tumore incurabile, e la prospettiva di una fine imminente tra i dolori lui ha fatto una scelta di coraggio assoluto. Non so se nella stessa situazione sarei così bravo. ( …) Bisogna fare però chiarezza, – precisa Fagioli, appellandosi innanzitutto alla sua qualità di medico – per me non esiste, come sostiene anche certa Sinistra, il “diritto di uccidersi” inteso come diritto astratto della persona a disporre del corpo. Come psichiatra, se arriva una ragazza di vent’anni, depressa ma fisicamente sana, che vuole morire devo assolutamente impedirglielo. Altrettanto ripugnante  – ha aggiunto  – è  la posizione astratta e ideologica della Chiesa, il cui pensiero antiumano vorrebbe costringere chiunque a vivere, in qualunque condizione. Per loro la vita è di Dio, non riconoscono né l’inizio né la fine della vita vera, quella umana”.

Anche Maria Antonietta Farina Coscioni, deputata radicale e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, è intervenuta sulla stampa: “Sono convinta che sia giunto il tempo di infrangere questi tabù ipocriti: Mario Monicelli, come chiunque, doveva e deve essere messo nella condizione, allorché in piena scienza e coscienza, giunge alla determinazione che la vita ha perso dignità e interesse, di potervi mettere fine senza dolore e sofferenza. Ed è sconcertante, avvilente, che vi sia chi, arrogante e prepotente, non è neppure disposto a una riflessione, a un confronto, a un dibattito. Ogni riferimento a colleghi e colleghe come Paola Binetti, abituati ai diktat, alle imposizioni, ai divieti, che mostrano come sia loro estraneo ogni sentimento di pietà e misericordia – conclude – è espressamente voluto”.

Finite le squallide polemiche alimentate dalle marionette che si muovono, scompostamente, ai fili delle veline mandate del Vaticano, si torna al quartiere Monti, tra le persone autentiche le quali, ognuno con il proprio ricordo, raccontano del loro ‘compaesano’ Mario:”Io ci facevo colazione – dice Bruno – verso le 11 mangiavamo pizza e mortadella in piazzetta”. “L’unico regista che incontravi dal medico di base – interviene Corinna – ma io non osavo comunque parlargli, al massimo lo faceva lui”. “Mi avvicino e che gli dico? – aggiunge Benedetto – Ecco che pensavo quando lo vedevo. Poi però ti rimane il rimpianto di non averlo fatto”.
Conclude Cesare: “Ha fatto venire anche le stelle il Maestro stasera, prima c’erano le nuvole”.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe