L’Aquila chiama Italia: in migliaia sfilano. Pronta la legge di iniziativa popolare. Le foto

Ieri 20 novembre, almeno ventimila persone, la metà secondo la questura, sono tornate in piazza, nonostante la costante pioggia, per partecipare alla manifestazione nazionale “S.O.S : L’Aquila chiama Italia”.

Un’iniziativa organizzata per chiedere garanzie sulla ricostruzione, per raccogliere firme per una proposta di legge di iniziativa popolare da portare al più presto in Parlamento, ma soprattutto per mantenere viva la memoria e il ricordo, per non dimenticare.
I manifestanti in corteo (partiti da piazza D’armi e arrivati in Piazza Duomo con in testa uno striscione nero e verde che recitava “Macerie di democrazia” “L’Aquila chiama Itali”,  hanno pacificamente invaso la “zona rossa”, chiusa dal giorno del sisma, deserta, disabitata e puntellata da migliaia di travi in legno, ferro e fasce reggenti. Presenti numerose persone giunta da tutta Italia per quest’occasione di incontro e di denuncia: dai comitati cittadini (“3.32”, “popolo delle cariole”) alle delegazioni solidali (Boscoreale e Terzigno in lotta contro le discariche in Campania), ma anche Viareggio, San Giuliano di Puglia, Gianpilieri e via dicendo. Tantissimi anche provenienti dai comuni limitrofi come  Paganica e  Tempera. Ci sono poi i tecnici di Abruzzo engeneering in cassa integrazione, giocatori della squadra di rugby, delegazioni universitarie, c’è Libera, l’associazione nazionale archeologi, l’associazione dei restauratori e conservatori dei beni culturali, “l’Association for conservation scientists”, Legambiente,  politici (Pd, Radicali, Sel, Federazione della Sinistra, Sinistra critica, Psi e Italia dei Valori), volontari e Vigili del fuoco. Il corteo silente e ammutolito  si è fermato davanti a quel che resta della casa dello studente, alcuni portano rose bianche per ricordare gli otto ragazzi che persero la vita quella tragica notte del 6 aprile 2009.
Comitati, cittadini, volontari e parenti delle vittime chiedono a gran voce la fine della gestione commissariale  e delle deroghe alla normativa vigente. Deroghe che permettono ai soliti pochi di arricchirsi alle spalle dei tanti, rimasti vittime di questa immane catastrofe naturale.

Le stesse deroghe  che seppelliranno la città sotto un cumulo di macerie abbandonando nel centro storico della città, che ha cancellato la centralità urbanistica e turistica propria del patrimonio artistico e culturale, epicentro dell’Aquila. I residenti, sostenuti da tutte le rappresentanze giunte qui da tutta Italia, chiedono una ricostruzione con il 100% di sicurezza ed eco sostenibilità, una programmazione pluriennale per la ricostruzione economico-sociale, provvidenze per l’economia e per la ripresa che non sprechino risorse pubbliche in inutili finanziamenti a pioggia. E soprattutto trasparenza e partecipazione, che tradotto in termini pratici significa, controlli sui soldi che si spendono. Le case devono essere ristrutturate e messe in sicurezza, non “rattoppate”. Insomma come la norma di legge prevede.

Centinaia di persone in fila hanno atteso il loro turno per firmare la  legge di iniziativa popolare e di solidarietà nazionale sul terremoto, per la ricostruzione della città e la prevenzione dei disastri ambientali e sismici. A fronte delle mancate  di soluzioni legislative, i cittadini hanno infatti provveduto da soli, a 19 mesi dal sisma, ad elaborare questa legge sulla quale si è cercata la massima partecipazione, condividendola anche su piattaforma wiki. Come guida sono state prese le normative che hanno regolato la ricostruzione di altri centri italiani colpiti dal terremoto. E’ una legge che serve all’Aquila, come serve a tutta l’Italia poiché parla di prevenzione. Primo punto della legge è la messa in sicurezza del territorio, i cui fondi si possono recuperare dalla tassazione sulle rendite finanziarie  (intorno al 12%) che in Italia è sotto alla media europea, aumentandola di un punto o un punto e mezzo, tale da restare entro le medie comunitarie. Secondo punto è la ricostruzione dell’Aquila, la cui gestione emergenziale non sta creando altro che speculazioni, confusione, inadeguatezza e superficialità. Da gennaio prossimo  gli Aquilani torneranno a pagare il totale delle imposte pur essendo ancora in pieno stato di precarietà, ma dovranno anche continuare a pagare i mutui per le case che non ci sono più o che sono state destinate alla demolizione. Insomma dopo 19 mesi qui a L’Aquila regna l’esasperazione e un profondo stato di rabbia e abbandono, soprattutto nei confronti di chi continua a dire che i problemi sono stati risolti.

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