L’Italia delle mezze misure, la politica della convenienza

ROMA –  Prima i dissidenti finiani scendono sul campo di battaglia facendo credere di sfidare il loro premier, poi Pierferdinando Casini è deciso a voltare pagina e lo esprime con estrema convinzione più volte, sicuro di voler cambiare questa compagine governativa, ma senza Berlusconi.

Ma gli intenti dell’annunciata sfiducia, prevista per il prossimo 14 dicembre, di cui si è tanto discusso in questi giorni, sembrano aver lasciato posto al cinico calcolo dei numeri, che poi tradotto in spiccioli significa mera “convenienza” politica della casta. In pratica la crisi c’è e si vede, ma prima di tutto bisogna fare il punto della situazione e vedere cosa si riesce a portare a casa, o meglio, tentare di non perdere  quello che che è già stato conquistato alle ultime politiche.

Il leader dell’Udc si è reso addirittura disponibile a sedersi al tavolo del governo, purchè si cambi davvero, mentre Gianfranco Fini probabilmente si è accorto che anche nel suo nuovo gruppo parlamentare di Italia e Futuro non tutti sono disposti a seguirlo.
Anche il ministro Mara Carfagna, che aveva annunciato le sue dimissioni  dal Pdl e dal governo, adesso si dice pronta a tornare sui suoi passi, purchè si affrontino seriamente le questioni che ha posto. E’ incredibile, prima si scoperchia l’ennesimo vaso di pandora, dove riaffiorano i legami di una politica giocata da  una cricca di “affaristi” senza scrupoli e poi, forse pervasi da chissà quale pentimento, si apre uno spiraglio. Insomma, ancora una volta vince la convenienza, dettata dai soliti vantaggi personali.
Eppure quando un paese qualsiasi tocca il fondo i cambiamenti dovrebbero venire da sè, senza doversi spendere in fantasiose strategie che in questo caso  non porterebbero a nulla. D’altra parte quando si dice che una fase politica è chiusa bisogna poi tener fede a quanto pronunciato.

Invece in questo drammatico frangente, mentre il  paese è in una fase di agonia acuta,   ci si rende conto che alla fine nessuno è più disposto a  mettere la parola fine a questo insopportabile stato di cose. Nessuno sembra volersi prendersi troppe responsabilità per dare finalmente quell’impulso di cambiamento al paese, tanto evocato da più parti. “Il cinepanettone ai titoli di coda” l’ha definita ieri Montezemolo, come se il presidente della Ferrari avesse scoperto l’acqua calda e ignorasse che questa situazione si protrae da troppi anni.

Berlusconi dal canto suo non molla, non si vuole proprio arrendere. E’ addirittura certo di vincere le elezioni nel caso in cui si dovesse tornare alle urne. Eppure in un qualsiasi paese dove vengono osservate semplici regole democratiche sarebbe bastato solo un decimo degli scandali che hanno coinvolto il presidente del Consiglio per assistere alle sue immediate dimissioni e per far aprire gli occhi a quella fetta di italiani che continuano ad osannarlo come l’uomo della provvidenza. Qui invece non succede nulla, anzi. La smania del potere o l’ignobile difesa del proprio orticello politico, pur piccolo che sia e spesso discutibilmente guadagnato,  prende il sopravvento e così mentre il paese è alla deriva si continua a sgomitare per mantenere i posti del potere, dimenticando i reali problemi dei  cittadini esasperati da problemi di ogni sorta. L’affaire Cosentino in Campania, la sentenza a Dell’Utri, braccio destro del premier, condannato in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa sono solo gli ultimi di una lunga serie di faccende giudiziarie che riguardano direttamente o indirettamente Silvio Berlusconi, e molte delle quali troppo spesso, suscitano l’indignazione generale per una manciata di giorni per poi  cadere nell’oblio della memoria. Dall’iscrizione alla P2, reato poi cancellato da un’amnistia, al famigerato ruolo dello stalliere di Arcore, Vittorio Mangano, passando per il caso Mills, la scalata Mondadori e i sospettosi rapporti tra mafia e Fininvest, Berlusconi riesce sempre a restare al suo posto.
Malconcio, a volte all’angolo del ring sembra arranchi. Ma poi, nessuno, ma proprio nessuno sembra essere intenzionato a fare uscire dalle corde quest’uomo che ha ridicolizzato l’Italia. Evidentemente, il cavaliere ha promesso il paradiso anche ai suoi ex alleati, ora acerrimi nemici, ma solo per salvare un’apparente coerenza.

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