ROMA – Le grandi sfide che il Paese ha di fronte: il superamento della crisi, il risanamento del debito, la disoccupazione di giovani e donne, la tutela del lavoro, dello stato sociale e dei diritti, la sostenibilità del sistema produttivo e dei consumi, città più sicure, sostenibili e solidali, il malaffare e la criminalità organizzata…, non possono più essere affrontate dalla vecchia politica.
Nel Paese c’è una domanda di nuova politica capace di includere e responsabilizzare tutti, non solo i rappresentanti eletti nelle elezioni politiche e amministrative. I cittadini vogliono essere chiamati a contribuire direttamente alle decisioni sulle politiche pubbliche ed ai loro processi di formazione: una democrazia deliberante come espressione della volontà di partecipazione dei cittadini alla democrazia. Non bastano le primarie di cui si fa un gran parlare in questi giorni.
I segni dell’urgenza di questo cambiamento sono chiari: crescente astensionismo, deficit della funzione di rappresentanza dei partiti, crescente marginalizzazione dei cittadini nelle scelte politiche, “autoreferenzialità” delle istituzioni,….. Chiara è anche la direzione del cambiamento: una politica fondata sulla coinvolgimento partecipativo delle persone e non sulla esclusione, una politica fondata sulla responsabilità e la trasparenza, una politica basata sulla ricerca del consenso consapevole ed informato e non sulle contrapposizioni opportunistiche.
É questa la domanda che emerge, in particolare, da quello straordinario mondo rappresentato dalla miriade di organizzazioni costituenti la società civile organizzata la cui forza, nonostante la crisi, sta contribuendo grandemente a tenere il Paese in equilibrio.
L’errore politico vero del giudizio negativo (giustamente criticato) del Presidente del Consiglio Monti sulla concertazione, è quello di sottovalutare (numerosi sono gli episodi che lo attestano) il grande contributo che può venire dal mondo della società civile organizzata al risanamento del Paese. La stagione della concertazione, non casualmente rifiutata dai governi di centro-destra, è stata un grande esercizio di quella democrazia partecipativa parte integrante del modello europeo di società. Se allora fu fatto un errore è stato quello di non aver creato le basi istituzionali per rendere quella importante esperienza un modo di essere ordinario, esigibile e cogente della nostra democrazia.
E’ stato quello un grave errore di miopia politica che ha compromesso, nel tempo, lo sviluppo di importanti esperienze partecipative nazionali ed internazionali. Ma soprattutto ha ostacolato negli ultimi 20 anni lo sviluppo di modelli di governance più aperti, inclusivi, trasparenti e responsabili.
Oggi, se vogliamo impedire che la deriva populistica di destra e di sinistra sconquassi ulteriormente la nostra democrazia, quel percorso deve essere ripreso e sviluppato incardinandolo nel quadro delle riforme istituzionali che il Paese attende da troppo tempo. Il Trattato di Lisbona riconosce il rapporto di complementarità tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa, questo deve essere il punto di riferimento da cui partire per una grande riforma europea.
Come Associazione per la Democrazia Deliberativa (DELIB) ci rendiamo conto che la sfida politica è particolarmente impegnativa. Non si tratta solo di favorire un maggiore coinvolgimento sociale, ma di avviare un processo politico finalizzato a costruire gli istituti per una democrazia deliberativa nel corretto rapporto con le istituzione della democrazia rappresentativa. I temi di fondo sono la qualità dell’informazione istituzionale e mediatica, le sedi della partecipazione ed il loro rapporto con le sedi della rappresentanza politica, la composizione dei forum deliberativi e i criteri di valutazione della rappresentanza e rappresentatività, il valore delle deliberazioni in rapporto al processo decisionale istituzionale,……
Non si parte da zero, ci sono già esperienze in corso in realtà europee e italiane. Dal loro sviluppo condiviso e diffuso sul territorio, su cui intendiamo impegnare la nostra associazione può partire un fecondo processo di rinnovamento della nostra democrazia facendo leva sulle grandi energie della società civile organizzata.