Centro sinistra. Se scendono in campo i tre milioni delle primarie

ROMA – Che assetto avrà il panorama politico italiano da qui ad un semestre? Sta diventando il nuovo gioco di società. Berlusconi ha mosso e i corifei, pur stracciandosi le vesti, in realtà sono irretiti nel suo gioco mediatico. Ma forse l’Italia non ha più voglia di giocare a scacchi.  

Propongo la lettura comparata fra i principali quotidiani italiani delle ultime 48 ore, ed alcuni, molto autorevoli, fra quelli stranieri. Dopo l’annuncio delle dimissioni prossime da parte di Monti, ciò che tiene banco nei titoli e negli editoriali nostrani è il “duello” Monti-Berlusconi; in alcuni titoli c’è l’eco dell’OK Corral: “ora è chiaro, questa sarà la sfida”, più o meno testualmente. L’Economist -noto quotidiano finanziario della city- per parte sua, ragiona invece di come l’Italia potrà vivere senza Monti, e dice di Bersani “… la sua vittoria netta è un requisito per fare le riforme”.

Non mi risulta che l’editorialista dell’Economist sia un militante del PD, tanto meno sia espressione della conservazione burocratica dell’apparatnik ex-comunista; suppongo sia piuttosto un estimatore del professore e delle sue idee liberali, anche più di noi che pure ne apprezziamo il valore e la dedizione. Forse la diversa visione del futuro che attende gli italiani sta, semplicemente, in una diversa interpretazione del valore della democrazia.

Ciò che si è manifestato con le primarie del centrosinistra non è archiviabile così, se non a rischio di sbagliare clamorosamente analisi e proiezioni sul futuro. Non mi riferisco tanto agli aspetti quantitativi o cronachistici della vicenda (gli oltre 3 milioni, ecc.) quanto alla emersione di un sentimento di disponibilità all’impegno ed alla assunzione di responsabilità che lì si è espresso. Inoltre, come abbiamo avuto modo di scrivere in questa sede, con la vittoria di Bersani si è affacciata nella dialettica politica la questione del modello sociale a cui orientare le strategie della coalizione dei progressisti. Quella esperienza, di per sé, cambia il terreno della competizione politica rispetto agli schemi invalsi negli ultimi due decenni. Ne riscrive le regole e ne muta le discriminanti sostanziali. Non è stato un diversivo buono per ingannare il tempo, in attesa che cominciasse il gioco vero.

Naturalmente non si tratta di avventurarsi in profezie; che il centrosinistra vinca davvero le prossime elezioni politiche è cosa probabile, ma tutt’altro che scontata. Non solo, la stessa gestione che il PD e la coalizione sapranno fare delle poche settimane che ci separano dall’appuntamento elettorale è tutta da vedere; ma una cosa va ribadita con fermezza: la scelta del candidato premier del centrosinistra non è affidata al televoto (popolarità mediatica), né al gradimento della giuria di qualità (i notisti politici). E’ un atto di responsabilità collettiva. E poiché le primarie si sono fatte, e con quel riscontro di partecipazione, valgono le primarie.

Semmai altri passaggi cruciali si profilano nell’orizzonte ravvicinato: chi e come determinerà la formazione delle liste, accertato che si voterà ancora con l’ignobile “porcellum”? Le complicazioni sono molte: i tempi saranno strettissimi, le circoscrizioni sono molto vaste e ciò rende difficile la partecipazione consapevole degli elettori nella scelta dei candidati e nella determinazione dell’ordine con cui iscriverli nelle liste. Tuttavia pare assolutamente ineludibile, dopo l’esperienza delle primarie, allestire una modalità quanto più trasparente di partecipazione anche a quel fine. Anzi: la gestione di un percorso democratico finalizzato alla scelta delle candidature può costituire l’elemento portante della campagna elettorale del centrosinistra, l’occasione per vitalizzare tutte le  “terminazioni nervose” disseminate sul territorio nazionale e nel corpo della nostra società. Sarebbe un modo efficace per mettere a frutto il senso delle primarie.

Insomma: il candidato premier l’abbiamo scelto; l’impianto programmatico attorno a cui la coalizione si è costituita, è riconoscibile e condiviso; il modello sociale di riferimento è stato il tema della competizione per le primarie, e l’esito delle primarie è stato nitido. Ora c’è da auspicare una campagna elettorale che sia, per parte nostra, un dialogo ravvicinato con i cittadini su tutto ciò e sulla effettività della rappresentanza che si apprestano ad esprimere. E, magari, che lasci solo Berlusconi nei suoi annunciati vaniloqui televisivi.
Nulla è scontato, ma si può fare!

Una ultima considerazione, un poco velenosa, ma non priva di senso: ve la immaginate la prossima campagna elettorale, per come Berlusconi la sta impostando, con Renzi suo antagonista? Poiché nessuno, dotato di buon senso, può prendere per buona l’ipotesi che se nel centrosinistra avesse vinto Renzi, Berlusconi non si sarebbe candidato. Lo dico non per alimentare divisioni che spero sopite, ma perché è lecito attendersi che sondaggisti e opinionisti vari, nelle prossime settimane, ci aggiorneranno di frequente su quanti voti in più potrebbe prendere il centrosinistra se a guidarlo fosse, appunto, Renzi. E’ lecito prevederlo, ma la democrazia, se praticata, può smentire anche i salotti.

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