Sostenibilità, legalità, sicurezza, qualità del lavoro e dell’impresa: queste sono state le parole chiave che hanno segnato la riflessione e l’azione della Fillea in questi ultimi quattro anni, da quando, a un anno dal terremoto che rase al suolo L’Aquila, tornammo in quella città ferita, chiedendo al governo, alle istituzioni e alle parti sociali di svolgere ciascuno il proprio compito per dare vita a una “rivoluzione sostenibile e che abbandonasse, dopo cinquanta anni di espansione e speculazione selvaggia, quell’idea dello sviluppo dallo sguardo corto, divoratore di territorio e incapace di preservare le risorse, che considera intralci da rimuovere lo Stato, le regole, i vincoli, la competizione leale, il bene comune, l’interesse generale e la stessa tutela del lavoro.
Spiegammo che la crisi globale impone all’Italia e a tutto l’Occidente di scegliere tra l’economia della locusta, cioè il neoliberismo monopolista, e la democrazia economica, cioè l’economia sostenibile.
Il settore delle costruzioni raffigura in pieno lo scontro tra quei due modelli, perché qui alla realtà rappresentata dalle imprese sane, dalla competenza, dalla ricerca e dall’innovazione, dalle buone pratiche, dal rispetto delle regole, dalla tutela del lavoro e della sicurezza, dalla legalità, si oppone un’altra realtà, quella dell’impresa illegale, del lavoro nero, del massimo ribasso e del controllo degli appalti, dell’evasione ed elusione fiscale e contributiva, del costruire senza rispettare le regole. La crisi e l’assenza di risposte da parte dei governi che in questi quattro anni si sono succeduti stanno spingendo la competizione tra queste due anime nella direzione sbagliata; le imprese sane ne pagano il prezzo più alto, quelle illegali e irregolari ne traggono i maggiori profitti. Intanto, questa strage produttiva sta lasciando per strada 600 mila lavoratori.
Occorre invertire un processo autodistruttivo
Ma proprio da questo settore può venire una proposta forte, capace di innescare un processo virtuoso che coinvolga istituzioni, comunità scientifica, rappresentanze sociali, ricerca, per definire una nuova idea di sviluppo urbano e del territorio. Ai limiti di uno sviluppo che non ha mai fatto i conti con la scarsità delle risorse, prima fra tutte la risorsa suolo, alla cementificazione indifferenziata, alle periferie senza qualità, alle nuove marginalità urbane è possibile non solo porre un freno, ma invertirne il processo autodistruttivo.
Sta qui la scommessa per il mondo delle costruzioni. Sta qui il senso del nostro impegno in questi anni, un impegno fatto di studio, di relazione con il mondo dell’associazionismo e con le istituzioni locali – a cominciare dal protocollo di intenti sottoscritto con Agenda 21 – con il mondo accademico, delle professioni e della ricerca e innovazione. Ma sopratutto un impegno fatto di proposte concrete, a partire dalle sette proposte contenute nel nostro Piano del lavoro per rilanciare il settore nel segno dell’utilità sociale e ambientale, del miglioramento della qualità del vivere, e soprattutto all’insegna della qualità dell’impresa e del lavoro, capaci di dare un impulso al settore, riavviare l’economia, recuperare centinaia di migliaia di posti di lavoro, in gran parte qualificati, e generare un processo virtuoso su tutta la filiera del materiali da costruzione e degli arredi.
Una rivoluzione sostenibile, riassetto idrogeologico, energie rinnovabili,prevenzione sismica
Una rivoluzione sostenibile dunque che passi per il riassetto idrogeologico, la riduzione del consumo di suolo, la riqualificazione urbana, l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, la prevenzione sismica, le infrastrutture. In questi anni, alla domanda “Da che parte andare?” abbiamo tentato di dare una risposta concreta, agendo di conseguenza, nel rapporto con i governi e sui tavoli negoziali. È giunto il momento in cui anche il mondo delle imprese delle costruzioni, che con noi ha sottoscritto il manifesto degli Stati generali delle costruzioni, risponda a quella domanda e sia conseguente. A cominciare dal valore che si dà al fattore lavoro come componente imprescindibile della qualità del produrre e del prodotto. Una coerenza che non stiamo vedendo al tavolo per il rinnovo del CCNL dell’edilizia, dove abbiamo a che fare ancora una volta con un comportamento schizofrenico, ossia tante buone intenzioni, ma poi al dunque le richieste concrete sono sempre le stesse, scaricare la crisi sui salari e sui diritti dei lavoratori.
Proposta per noi irricevibile.