Renzi, il candidato a tutto

ROMA – Diciamo pure, ricorrendo ad un eufemismo, che la discussione pre-congressuale nel PD stenta ad assumere un andamento ordinato e comprensibile.

Dopo mesi di rimpalli polemici e supposizioni mediatiche su chi saranno i candidati alla leadership, sulle scadenze temporali del congresso, sulle regole, l’evoluzione che il tormentone pare assumere in questi ultimi giorni è rappresentata da molti in questi termini: i vari segmenti della cultura ex-PPI (taluni dicono ex-democristiana) si stanno coagulando attorno alla candidatura di Renzi.

Nemmeno un brogliaccio,una griglia di temi offerto al dibattito

Pochi evidenziano il fatto che proprio da parte di Matteo Renzi ancora non è stato offerto al dibattito nemmeno un brogliaccio, una griglia di temi e di proposte fondamentali per qualificare la sua analisi della società contemporanea e le strategie di azione politica di cui egli intende farsi portatore. Men che meno la sua idea di partito. Anzi, che sia candidato si è capito, non è ancora del tutto chiaro a cosa; a fare il “sindaco d’ Italia”? a guidare il PD? A tutto? Di certo si è candidato a piacere, con il sostegno di quasi tutto l’establishment mediatico, trasversalmente inteso. Anche a Genova -occasione di assoluto rilievo in prospettiva congressuale- la sua intervista è stata nulla più del solito gioco di illusionismi. Qualcuno dice: meglio proporsi all’opinione pubblica con efficacia comunicativa, che dedicarsi a produrre noiosi e un poco rituali “documenti politico-strategici”, come hanno fatto in questa fase Cuperlo, Civati, Barca … Considerazione apparentemente realistica e di buon senso, in realtà segno di subalternità. Per non dire di quelli che…”io di Renzi mi fido poco, la mia provenienza culturale è quella della sinistra storica, ma oggi Renzi è l’unico in grado di farci vincere, quindi…”. Subalternità ed insipienza. Vincere cosa? La bambolina, come al tiro a segno nelle sagre di paese?

Questioni decisive e irrisolte da cui cominciare
Ci sono questioni, decisive e irrisolte, che sovrastano inevitabilmente le scadenze della quotidianità, per quanto importanti e da non trascurare. Anche le scelte imposte dalle scadenze più ravvicinate, infatti, vanno orientate da un pensiero che sappia leggere le inusitate trasformazioni della società, dell’economia, i nuovi rapporti di potere. Che sappia ridefinire la funzione della politica, dei partiti, dei sistemi istituzionali che sostanziano la democrazia rappresentativa. Che sappia ridefinire il posto dell’Italia in Europa e nel mondo globalizzato. Perfino l’epifania del post-berlusconismo sarà vera e salda solo se sapremo collocarla in una nuova coscienza collettiva. Sarà un lavoro di costruzione di non breve periodo, ma di questo, a ben vedere, non possiamo sorprenderci; a ciascuno è capitato di pensare “sarà lungo e duro il percorso per liberarci dalle macerie culturali del ventennio che si sta chiudendo e per ricostruire una coscienza civile condivisa”. Peraltro troviamo tracce  significative di questa storica contraddizione anche guardando altrove: nell’affanno della sinistra francese che pure governa, nella invisibilità della socialdemocrazia tedesca, perfino nella crisi evidente del pensiero e della azione di Obama. Figurarsi da noi, che dobbiamo fare i conti anche con il lascito del caimano.

Un percorso per scegliere le leadership delle   scadenze più prossime

Naturalmente l’azione politica non può essere sospesa in attesa che trovi compimento un nuovo pensiero; ma l’opera occorre cominciarla, e c’è alle viste un congresso. Si può chiedere, pretendere, che si cominci da qui? E lungo quel percorso si sceglieranno anche le leadership pro-tempore, i candidati più opportuni, di volta in volta, per le scadenze più prossime.
Per l’intanto siamo coinvolti (per i motivi tante volte analizzati) nel sostegno ad un governo “anomalo” per finalità e composizione; si tratta di presidiarne al meglio le scelte in ragione delle contingenze più urgenti della società e della economia, consapevoli che la sua proiezione temporale è inevitabilmente di medio periodo (non prima della primavera 2015, come solo i ciechi potevano non vedere, fin già dalla sua formazione).  A meno che Berlusconi non decida di staccare subito la spina-
Facendo ricorso alle nostre inesauribili risorse di ottimismo affermiamo con convinzione che il prossimo congresso rappresenta una grande opportunità; a patto che chi vi parteciperà non sia posto dai fatti in condizione di dover decidere se  schierarsi fra quelli che “…non mi piace, ma è l’unica possibilità per vincere” e quelli che “…se le cose stanno così, vado alla costituente per un nuovo soggetto politico, anzi -come da manuale- per un soggetto politico nuovo”.

                                                                     

 
 

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