La Fiction “renzista”?

ROMA – Una fiction di grande qualità quella prodotta e trasmessa dalla Rai ieri e l’altro ieri su Don Diana, il sacerdote anti camorra di Casal Di principe, ucciso dai boss della zona venti anni fa.Ottima l’ambientazione e assolutamente di livello la sceneggiatura e la recitazione. Uno sforzo non comune per un tema assolutamente scottante e contemporaneo.

Proprio perché stiamo parlando di un lavoro pregevole colpisce una caratteristica che  non può essere solo accidentale: la mancanza totale della politica. Nelle due puntate a farla da padrone nello scontro contro la camorra sono , giustamente, in quel caso, la comunità ecclesiastica e il suo indotto giovanile. Ma resta davvero inspiegabile la rimozione di ogni riferimento al mondo della politica, limitato solo alla comparsata dell’assessore corrotto, per altro senza alcun riferimento alla sua appartenenza politica.

Si è trattato forse della prima fiction dell’era post partiti. Per la prima volta infatti un tema fortemente immerso nel conflitto politico viene presentato   in un tono del tutto asettico dal punto di vista del gioco dei poteri istituzionali. Si è trattato della prima rappresentazione del mondo delle primarie, dove i partiti sono comparse, pretesti,  solo logistica del gioco politico. Non a caso a colmare il vuoto sono stati chiamati i boy scout, come struttura di raccolta e selezione delle energie positive di una  micro società. Mentre il lato negativo è stato rappresentato  solo dalle famiglie camorriste. Attorno nulla. I vaghi poteri che muovevano gli interessi corrotti o che mobilitavano le energie positive apparivano del tutto sbiadite, anonime, inspiegabili. Potremmo dire che con questa fiction la Rai ha dato corpo alla nuova cultura comunicativa del renzismo. O è troppo malizioso?

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