Senato. Tedesco o spagnolo? Per me pari sono (?)

 

ROMA – Nel feroce botta e risposta che è andato in scena sui giornali tra ieri e oggi tra il ministro per i Rapporti col Parlamento, Maria Elena Boschi, e il senatore Vannino Chiti, autore di una controproposta di riforma del Senato, è rientrata dalla finestra la questione dei modelli istituzionali di riferimento. Ha aperto il conflitto proprio la Boschi, che così ha detto a Goffredo De Marchis di Repubblica: “Avevo 15 anni quando l’Ulivo mise nelle sue tesi l’idea di un Senato non elettivo sul modello tedesco”. 

Ora, siamo andati a riprendere la tesi n. 4 della piattaforma programmatica dell’Ulivo, così, solo per controllare. Le differenze che si riscontrano con la proposta Renzi-Boschi sono notevoli. La Tesi dell’Ulivo partiva del presupposto di una rivoluzione federalista dell’architettura dello Stato. In questa trasformazione, si prevede una “Camera delle Regioni” (traduzione molto italiana di Bundesrat) “composta da esponenti delle istituzioni regionali”. Il numero dei senatori (“che devono essere e restare esponenti delle istituzioni regionali”) è proporzionale al numero di abitanti, “con correttivi idonei a garantire le Regioni più piccole”. Sul piano dei poteri, l’Ulivo prefigurava una funzione legislativa per le leggi di solo interesse regionale e costituzionale. 

Ora, la proposta dell’Ulivo era davvero vicinissima al Bundesrat tedesco, sia sul piano della composizione (rigorosamente riservata alle istituzioni regionali o lander) sia sul piano della definizione numerica per ciascuna regione (o land). Cosa diavolo c’entri, però, il modello tedesco sollevato dalla Boschi con la sua proposta di legge resta davvero un mistero. Il Senato immaginato dalla coppia Renzi-Boschi è infatti una composizione di tre istanze istituzionali: Quirinale, Regioni, Comuni. E non attribuisce i seggi in base al numero della popolazione, ma ad un astruso calcolo che qui evitiamo di riportare (basti dire che la Val d’Aosta o il Molise avranno lo stesso numero di senatori del Piemonte o della Lombardia. Il modello sembra quello del Senato americano, piuttosto, che elegge due senatori in ognuno dei 50 stati a prescindere dalla popolazione). 

Insomma, la Boschi rimprovera a Chiti una mancata coerenza con l’Ulivo, che proprio il suo testo strappa, nel merito e nel metodo. La differenza tra il sistema istituzionale e il Senato tedeschi e il modello immaginato e proposto dal governo è notevole ed evidente. Perciò, qual è la ragione di quella stramba provocazione del ministro Boschi? Se non quella di cercare un radicamento nobile nelle tesi uliviste? Radicamento del tutto inesistente, come si vede.

Vannino Chiti, che è politico di rango e informato, ha infatti risposto per le rime alla provocazione, diciamolo, un po’ saccente, della Boschi. Il testo del suo intervento è pubblicato integralmente su Dazebao. 

Ciò che qui ci interessa è la sottolineatura di Chiti dell’interesse verso il modello spagnolo (dopo aver giustamente negato che il testo della Boschi sia fondato sul modello tedesco). Il Senato spagnolo infatti è un saggio mix di senatori eletti a suffragio universale (208) e di senatori eletti dai governi territoriali (tra i 56 e i 58). Anche in Spagna, il Senato è organo istituzionale di rappresentanza territoriale e non perde alcuna delle sue funzioni se è elettivo. Anzi, le esalta, proprio nei confronti della Corona e del Congresso dei Deputati. In Spagna, hanno ritenuto che l’elettività del Senato potesse rafforzare i poteri di controllo legislativo dei territori, sulle istituzioni centrali, pur nelle vistose differenze funzionali. Ovvero, ai legislatori spagnoli non è sfuggita la questione dei checks and balances (delle autorità di controllo) dinanzi ai poteri di una sola Camera e di un esecutivo fortemente rafforzato. Per questo, il Senato è per più dei due terzi elettivo.

La proposta avanzata da Chiti e da altri senatori pare davvero più saggia e coerente rispetto al minestrone di modelli elaborato dal governo Renzi (al solo dichiarato scopo di “fare presto” e di “eliminare gli sprechi”, come se il Senato fosse uno spreco in sé). Può la fretta, motivata dalla Boschi nel corso della sua intervista a De Marchis, giustificare l’irrazionalità di un atto costituzionale? Assolutamente no. Meglio, molto meglio, se Chiti e gli altri senatori non mollassero e invocassero almeno un po’ di verità nel dibattito pubblico. Soprattutto quando a parlare sono ministri, giovani, di questo governo.

 

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